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"Le Tre Rose"
Solidarietà a Casale Monferrato, grazie a una squadra di richiedenti asilo
Al Tartara un’intera serata a una realtà di accoglienza e di integrazione
Giovedì 12 dicembre, al Salone Tartara di Casale Monferrato, è stata dedicata un’intera serata a una realtà di accoglienza e di integrazione, conosciuta in tutto il mondo, sbocciata dalla caparbietà di Paolo Pensa: «Le Tre Rose Rugby», una squadra multietnica, nata in Monferrato, composta da splendidi atleti uniti dalla passione e dall’essere rugbisti ospiti di alcune comunità piemontesi. Uniti dalla palla ovale e dalla voglia di integrazione. Il sogno è divenuto realtà nel momento in cui la Federazione nazionale ha consentito di battersi per fare meta ovale anche a loro, una squadra di richiedenti asilo.
A Casale, Paolo Pensa, ideatore e presidente delle Tre Rose Rugby, ha scelto per raccontare questa storia avventurosa, figlia di una vera comunità afro-piemontese, unica nel suo genere, di proiettare al Tartara il film documentario prodotto e diretto da Walter Zollino nel 2017, Le Tre Rose Nere. Un lavoro pubblicato da Repubblica TV che ha fatto conoscere la squadra Le Tre Rose Rugby.
Paolo Pensa, con Walter Zollino su palco del Tartara, ha ringraziato il Prefetto di Alessandria, Alessandra Vinciguerra, il Viceprefetto, Francesco Farina, il Sindaco di Casale Monferrato, Emanuele Capra e il vicesindaco, Luca Novelli. Per il comune di Casale ha preso la parola e ha ringraziato Le Tre Rose Rugby l’Assessore Fiorenzo Pivetta. Pensa ha poi rivolto un saluto al Preside Riccardo Calvo e a Mirella Ruo, che si sono da sempre prodigati per supportare l’iniziativa della Tre Rose Rugby, resa possibile ancora oggi dalla collaborazione con le cooperative della provincia di Alessandria: “Alpi del mare” di Ticineto, “Oltremare” di San Salvatore Monferrato, “Liberitutti” di Borgo San Martino, “Nuova vita” di Pomaro Monferrato e “Quadrifoglio” di Frassineto Po. L’elenco dei collaboratori di Pensa occuperebbe un’intera pagina: tutti svolgono gratuitamente un lavoro enorme con i ragazzi dell’equipe multietnica, in particolare il Dottore Roberto Stura e Giuseppe Saglimbeni, vicepresidente della squadra.
Alla fine della serata, foto di gruppo - sul palco del Salone Tartara - con alcuni giovani componenti delle Tre Rose Rugby e Paolo Pensa. Da rituale il caloroso saluto al pubblico: si alza improvvisamente il grido di battaglia della squadra: «1-2-3 rose!». È una bella scena, da film. L’esclamazione dei giocatori è pura magia. Occorre fare un po’ di storia. Questi ragazzi e Paolo se lo meritano: le Tre Rose di Casale Monferrato, infatti, non hanno simili. Il team è composto all’ 80% da migranti in attesa di essere riconosciuti, tutti con regolare permesso di soggiorno. Disputa un campionato federale e non semplicemente amatoriale, grazie alla lungimiranza della Fir, la Federazione Italiana Rugby, che ha emanato tre regole apposite con Comunicato Federale n. 6 2015/2016, del 22 dicembre 2015. La delibera ha scavalcato il paletto normativo che, sino ad allora, limitava il numero di giocatori stranieri ammessi in una squadra.
Da quel momento la società di Pensa è stata ribattezzata metaforicamente le Rose Nere, dal colore prevalente dei giocatori, come Ibrahim, che per arrivare in Italia, dalla Nigeria, è passato attraverso le violenze della Libia. In una prigione nei sobborghi di Tripoli lo hanno picchiato sui piedi e sulla schiena con un tubo d’acciaio. È sopravvissuto, pagando i carnefici libici. Ora racconta: «Non conosco tutte le storie dei miei compagni di squadra, troppo dolore. Noi migranti stiamo a galla come possiamo, tentiamo di fare gruppo per sentirci meno soli e un po’ più a casa. Più che da guerre vere e proprie, io, Mussa, Youssof e tanti altri scappiamo da odi tribali, scontri famigliari, proprietà di terra andate a male, persecuzioni. Mio padre è stato massacrato, mio zio mi picchiava e come se non bastasse abbiamo perso il raccolto. Non potevo rimanere. Sono scappato lasciando mia madre in un villaggio di capanne senza corrente elettrica a due ore da Soubré. Mentiamo sulla nostra identità, a volte, ma siamo solo ragazzi in cerca di una nuova vita, stretti tra burocrazia e confini tirati con il righello. Nient’altro».
La fama internazionale della squadra piemontese è arrivata quando il film di Zollino viene riproposto sulla CNN nel 2020. La CNN aveva dedicato un articolo a Le Tre Rose Nere, partendo da un brutto fatto di cronaca, increscioso, accaduto a Milano al giocatore Maxime Mbandà, star del Rugby: un «Terza linea centro», che ha giocato per la nazionale italiana. Il giocatore, ora del Colorno, era stato insultato verbalmente e minacciato con un piede di porco mentre scendeva dalla sua auto, insultato per via del colore della sua pelle. Maxime non vuole credere a un’Italia razzista e, con la squadra delle Tre Rose che lo considera un fratello, ha portato l’esempio di un’Italia generosa che aiuta i migranti. Per le Tre Rose, Maxime ha creato uno sponsor e donato attrezzature alla squadra.
Le Tre Rose è così diventata l’esempio di come costruire una realtà di fratellanza e inclusione con persone richiedenti asilo. Dal film di Zollino alla CNN sono poi arrivati fiumi di articoli sulla squadra di Rugby, preceduti, però, nel 2017, da un importante reportage in francese - per la rivista franco-belga Attituderugby - di Mathieu Ropitault. Grazie a questa straordinaria realtà di integrazione, il Bel Paese è riuscito a schierarsi con orgoglio in prima linea nella crisi dei migranti. Proprio l’antico Piemonte, nella gloriosa terra d’Aleramo, cantata da Carducci, ha accolto il club del Rugby a braccia aperte.
A dimostrarlo ci sono le vicende di giovani come Alpha, Sanneh Lamin, che è stato raggiunto a Casale dalla famiglia, la moglie e la figlia, Moussa Sidibe, Kone Oumar…
Tutto si deve a un sogno e alla straordinaria intuizione di Paolo Pensa, che con allegria, guardando la squadra, spiega: «Erano migranti, ora sono rugbisti».
Alle Tre Rose Rugby non è mancato nemmeno il sostegno del clero locale. In prima fila il Vescovo, Monsignor Gianni Sacchi, e il sacerdote Don Franco Zuccarelli. Mentre la Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria, dopo l’interessamento della Prefettura di Alessandria, ha donato lo scorso giugno un pulmino a Le Tre Rose, per un più agevole proseguimento del progetto di integrazione attraverso lo sport del Rugby. L’effetto è stato contagioso e oggi le Tre Rose possono contare su più di trenta atleti desiderosi di essere protagonisti in Serie C.
La storia delle Tre Rose è speciale: inizia dall’intuizione di Paolo Pensa, 62 anni, nato a Torino, ex carabiniere e operatore presso le comunità salesiane, presidente delle Tre Rose di Rosignano Monferrato, la polisportiva che nel 2010 si è affacciata a questa disciplina – il Rugby – aspra e generosa, dove tutti sono uguali e nessuno si lamenta, mai. Nel 2014, il Presidente Paolo Pensa ha fatto un passo decisivo per l’integrazione nella squadra dei giocatori africani richiedenti asilo, quando si è rivolto a una cooperativa sociale, Se.Na.Pe, chiedendo se qualcuno dei rifugiati ospiti avesse voglia di fare un po’ di sport con il suo club. Si fecero avanti quattro ragazzi del Ghana. «Un modo per permettere loro di passare un po’ di tempo in maniera sana, e integrarsi meglio». L’esperimento ha funzionato, eccome: «Non solo si sono divertiti, ma hanno dimostrato di essere degli atleti formidabili. Alzando di brutto il livello del gruppo». Nel 2015, quindi, «parto con il progetto di una squadra di migranti», progetto che ha ottenuto il patrocinio del Consiglio Regionale del Piemonte.
«La svolta – continua Pensa – è alla fine del 2015, quando l’allora Presidente della Federazione Italiana Rugby, Alfredo Gavazzi, concede in deroga la possibilità di schierare ventidue atleti stranieri che saranno considerati di formazione italiana». Tutto questo, in realtà, è frutto della insistenza di Pensa, che grazie al suo costante lavoro è riuscito a far approvare nuove regole dal consiglio federale. Negli anni, inoltre, il progetto (o sogno, oserei ribadire) di Pensa si è esteso alle categorie giovanili: dalla “Propaganda”, dai tre ai dodici anni, e poi Under 16 e Under 18.
Il regista Zollino aggiunge: «Per la prima volta in Italia e nel mondo, dei richiedenti asilo riescono a partecipare a un campionato federale». Sovviene alla memoria il film con Denzel Washington, Il sapore della vittoria (Remember the Titanus). «Perché no? Le storie ci sono. Io sono pronto. Occorre un grande regista, sensibile. Creare una bella produzione. Mancano i soldi, però…». Paolo Pensa il sognatore direbbe in questo momento: «la Provvidenza!».