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Il duecento quarantesimo genetliaco di Carlo Vidua
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Si celebra venerdì 28 febbraio a Conzano
A Conzano, a Villa Vidua, venerdì 28 febbraio, il sindaco Emanuele Demaria e lo storico Roberto Coaloa, cittadino onorario di Conzano, dedicano un brindisi al genetliaco del Conte viaggiatore, Carlo Vidua (1785-1830), nato il 28 febbraio di duecentoquarant’anni fa.
Sono invitati amici, artisti e studiosi del Conte viaggiatore, promotore del Museo Egizio di Torino, esploratore intrepido nell’Estremo Oriente, collezionista e letterato.
Nella serata il biografo del Conte, Roberto Coaloa, racconterà la nascita travagliata di Carlo, la sua famiglia, il nonno viaggiatore, Fabrizio Gambera, l’infanzia di “Carlino” (così il Conte era chiamato affettuosamente dalla sorella e dalla nonna materna), a Conzano, luogo del cuore, amato dagli amici di Vidua, come Cesare Balbo, Luigi Ornato, Luigi Provana del Sabbione e Santorre di Santa Rosa.
L’inizio è alle 19.00, dove al piano terra di Villa Vidua è allestito il museo multimediale dedicato al viaggiatore. Dress code consigliato: abito ottocentesco e non solo.
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Venerdì 28 febbraio 2025 si celebra il duecento quarantesimo genetliaco di Carlo Vidua, un anniversario tondo, da ricordare anche in preparazione del grande anniversario del 2030: i duecento anni dalla morte del Conte di Conzano.
A Villa Vidua di Conzano, dalle 19, di questo venerdì, è previsto un omaggio al Conte viaggiatore. Chi scrive, da più di trent’anni, con il Sindaco Emanuele Demaria, è impegnato nella riscoperta di questo personaggio, unico della grande Storia del secolo romantico. Nato a Casale Monferrato il 28 febbraio 1785, Carlo Vidua morì da esploratore in Estremo Oriente il 25 dicembre 1830. Come ricorda il suo amico Cesare Balbo «entrando nella baia d’Amboina e già a vista di questa, nel mattino seguente del Natale alle ore 5 egli spirò». La sua morte fu cagionata da un’ustione causatagli dal fango bollente di un vulcano, precisamente da una delle tante sorgenti che zampillano, tutt’ora, nella stretta penisola settentrionale di Menado, nell’isola di Celebes (oggi Sulawesi) in Indonesia. Il Conte di Conzano morì giovane e non poté compiere l’opera che da sempre meditava, Il Trattato politico (ne esiste una bozza, ma lo studioso sa che non è completa l’opera). La scomparsa di “Carlino” (come era chiamato dai familiari) fu il rammarico di molti intellettuali europei, prima fra tutti Alexander von Humboldt, che lo ricordò come «un viaggiatore dalle molte peregrinazioni e libero ricercatore».
Vidua è un eroe omerico e tale va ricordato. In questi anni, attraverso lunghe e faticose ricerche, accompagnato a tratti dagli studiosi Andrea Testa e Luis Alberto de la Garza, ho cercato, tramite la scoperta di fonti inedite, di mettere in luce non solo il viaggiatore, considerando Vidua anche come gran letterato, esploratore e archeologo.
A lui è congeniale la locuzione latina Non omnis moriar (Orazio, Odi, III, 30, 6). Tradotta letteralmente, significa Non morirò tutto. Orazio probabilmente intendeva rendere immortale la sua opera poetica, che, infatti, sarebbe sopravvissuta anche dopo la sua morte. Altro adagio di Orazio (amato da Vidua come tutti i classici latini) è il verso: Exegi monumentum aere perennius che significa: Ho eretto un monumento più duraturo del bronzo (Odi, III, 30, 1), in cui racconta di aver creato con i suoi poemi un’opera che lo renderà immortale. Lo stesso desiderio tormentava Vidua, in maniera atroce, con l’avvicinarsi della morte.
A Roma, alla Biblioteca Apostolica Vaticana, ho rintracciato, la testimonianza inedita della sua matrigna, Enrichetta Galleani d’Agliano, la seconda moglie di Pio Vidua.
La madre di Carlo, la contessa Anna Maria Gambera, era morta nel 1789, quando Carlino aveva solo 4 anni.
Enrichetta Vidua osserva nelle Memorie per la vita del figliastro Carlo Vidua: «L’impazienza del non far nulla e l’ardore di far acquisto di nuove cognizioni lo spinsero a dedicarsi, per dir così, alla carriera del viaggiatore. Di fatti avanti alla sua ultima partenza nel 1824 più volte si spiegò con me ch’egli non voleva tornare in Patria sinché si fosse acquistato un nome Europeo lo dimostrano pur anche tale suo veemente desiderio le espressioni che scrisse nel suo diario circa alla metà di novembre che voleva acquistarsi il non omnis moriar di Orazio spiegandovi che tal suo desiderio «covava un segreto fuoco sin dall’età di otto anni e solo l’affliggeva il pensiero di non aver forse l’ingegno da farlo».
Merita una particolare attenzione la citazione della matrigna di Carlo, Enrichetta, che scrive del “diario”. Un mistero: come il testo del Trattato politico, il diario non è mai stato trovato, neppure in forma di copia.
Maggiore fortuna ha avuto la riscoperta di Vidua egittologo e il ruolo che ebbe nella creazione del Museo Egizio di Torino. Durante il Carnevale del 1823, Carlo Vidua si trova a Milano. Il 10 febbraio 1823 scrive a Bernardino Drovetti a proposito del Museo, un sogno del viaggiatore, che il 9 gennaio 1820, al Cairo, aveva incontrato per la prima volta il celebre collezionista e diplomatico napoleonico di Barbania. Fu, infatti, il Conte di Conzano a volere, in maniera risoluta, per la città di Torino, la collezione di antichità egizie radunata da Drovetti. Proprio nel 1823, il museo diventerà una realtà. L’atto di acquisto in favore della Regia Università di Torino reca la data del 24 marzo 1823.
Da Milano, il 10 febbraio 1823, Vidua scrive a Drovetti:
«Ho scritto al conte Prospero Balbo (che è andato a passar l’inverno in Provenza, clima confacente alla sua salute, e dove sono i parenti della sua seconda moglie) l’esito felice del negozio del museo. – Mi risponde rallegrandosene assai, e mi dice che è più miracoloso, o sorprendente l’aver riuscito a rialzarlo per la seconda volta di quel che fosse il riuscirvi la prima.
Altro aspetto da ricordare della sfaccettata personalità dell’intellettuale Vidua è quella del musicista (non un semplice amateur, o dilettante, di musica come lui si definiva con garbo e signorilità) e collezionista di spartiti rari. Alla Biblioteca Reale di Torino sono conservate alcune lettere inedite del viaggiatore a Clara Leardi e a Luigi Provana del Sabbione che “fanno” da sole la storia della musica nel Piemonte d’inizio Ottocento.
Per concludere, voglio ricordare un grande amico: Franco Scarrone. Oggi è a Torino, ma è come se fosse sempre con “Noi” sul «colle conzanico». Il suo bisnonno è stato l’ultimo fattore a Conzano della Casa Arcasio-Vidua. Altra personalità che amo ricordare accanto a Vidua è quella di Mario Cappa (fratello dell’aviatore Francesco, il “tenente di vascello”, morto il 5 novembre 1917), interventista all’inizio del 1915 e poi soldato nella Prima guerra mondiale, avvocato dalla lunghissima e proficua vita e amico di mio nonno Giovanni, che acquistò dalla famiglia Oddone la Cascina Miglietta. Mario Cappa, nato il 26 luglio 1884, scomparso l’11 luglio 1978, all’età di ottantasei anni pubblicò un ottimo saggio, privo degli inediti che solo oggi conosciamo del Conte Vidua; il primo, comunque, sulla figura del Viaggiatore. Il fantasma di Mario Cappa, che amava il suo buen retiro di Conzano, si aggirerà, ne sono sicuro, tra le sale di Villa Vidua, insieme a quello di “Carlino”, che, bambino, fu trovato nel giardino della dimora monferrina mentre scavava con la zappa per raggiungere gli antipodi!
Roberto Coaloa
FOTO. Villa Vidua, Coaloa