Notizia »

Prelati monferrini di Aldo Timossi (37)

Tommaso Ignazio Maria Natta nato a Casale il 2 agosto 1710, vescovo a Cagliari

 

Fratello minore di Enrichetto Virginio (vescovo di Alba 1750-1768, cardinale dal 1761), Tommaso Ignazio Maria Natta nasce a Casale il 2 agosto 1710, da Girolamo III marchese di Cerro e conte di Baldesco e Fubine, e da Luciana Matilde Ignazia Pelletta Mesturelli marchesa di Soglio, Burio e Cortazzone.

Inizia molto giovane gli studi nell’ambiente dei Domenicani, già cari al fratello e al padre, che aveva preso i voti dopo la morte della moglie. Il 26 luglio 1733 è ordinato presbitero nel convento romano di Monte Mario - origini che risalgono ai tempi della predicazione di san Domenico, infatti fu lui stesso a fondarlo nel 1221, pochi mesi prima della morte – dalle mani stesse del pontefice Benedetto XIII. Finiti brillantemente gli studi e divenuto lui stesso docente, è nominato assistente del Generale dell’Ordine, Provinciale di Scozia, Consultore della Sacra Congregazione dei Riti. In qualità di teologo della biblioteca Casanatense di Roma, ha il compito di “scrivere opere in difesa della fede, difendere la varietà, sostenere la Chiesa universale e le ecclesiastiche congregazioni romane”.

La sua carriera futura inizia a delinearsi nella primavera 1758, quando a Cagliari muore l’arcivescovo Giulio Cesare Gandolfi. La Reale Udienza dell’isola - creata a metà ‘500 come tribunale durante la dominazione spagnola, e attiva anche dopo il passaggio ai Savoia, con l’aggiunta ai propri compiti della consulenza negli affari di governo - sottopone al re Carlo Emanuele III, titolare della nomina dopo gli accordi con la Santa Sede del 1726, una lista di nomi di possibili successori, canonici sardi e piemontesi.

La proposta è giudicata a Torino quasi un insulto, poiché vige la prassi che la diocesi cagliaritana sia retta da un prelato “forestiero”. Per tutta risposta, il Re “saggio e forte, discernitore dei meriti delle persone rispettabili per pietà e per dottrina, da superno lume illustrato, mercè di quel Dio nelle cui mani è il cuor de’ Regi, volge i pensieri della reale e sovrana sua mente a Tommaso Ignazio Natta, e gli offre la vacante sede”. Pare che al prescelto la notizia arrivi del tutto inattesa, “si turba, si reputa indegno di si luminosa dignità, inabile a reggerne il peso”, quindi rinuncia. Ma più dice di no, più Carlo Emanuele insiste, e alla fine prevale la sua volontà, a mente della celebre frase di san Bernardo: guardati dall’eleggere quelli che corrono a chiedere, e insisti con quelli che devi spingere. Natta non può che dire: obbedisco!

Il 7 marzo la nomina, il 4 aprile la conferma vaticana, quattro giorni dopo l’ordinazione, consacrante il cardinale Carlo Alberto Guidobono Cavalchini, co-consacranti l’arcivescovo Innocenzo Gorgoni e il vescovo Nicolas-Xavier Santamarie.

Appena arrivato a Cagliari, la prima grana. In Sardegna c’è un problema di concessione incontrollata di ordinazioni e di abusi da parte dei chierici, cui si collega il diritto a privilegi ecclesiastici.

Per la Corte sabauda se ne sta occupando il ministro Giovanni Battista Lorenzo Bogino, che da subito ricerca la collaborazione del nuovo arcivescovo per definire uno schema orientativo sulla cui base avviare il negoziato con la Santa Sede, al fine di ottenere un provvedimento papale coercitivo che stabilisca con la necessaria chiarezza i requisiti delle ordinazioni e limiti le tipologie degli aventi diritto ai privilegi. Tra le proposte, accolte e fatte rispettare dall’energico vescovo, ad ogni chierico è assegnata una chiesa nella quale prestare continuamente servizio, uniformità dell’abito che ogni sacerdote deve portare in pubblico, obbligo di mostrare apertamente il capo tonsurato; inoltre ogni ecclesiastico deve presentare annualmente una dichiarazione pubblica di osservanza dei requisiti richiesti, pena il decadimento da ogni privilegio.

Uno dei primi impegni riguarda gli studi seminariali, intanto ampliando il Seminario del capoluogo e incentivandone la frequenza con borse di studio. Nei pochi anni sulla cattedra cagliaritana, compie con fatica ben due visite pastorali, in una provincia ecclesiastica assai vasta, in cui il capoluogo dista molti giorni di viaggio dai villaggi più periferici. A tal fine, in un primo tempo chiede la nomina di un vicario, che il governo sabaudo individua nel presbitero Francesco Cao, al quale sono concessi amplissimi poteri per metterlo in condizione di reprimere gli abusi di cui si erano resi colpevoli sia alcuni fedeli sia molti curati, non di rado indicati come complici di gravi crimini quali furti di bestiame e omicidi legati a faide familiari. Mentre per Cao si prospetta la nomina a vescovo ausiliare, viene assassinato con un colpo di archibugio da due chierici dorgalesi che avevano ricevuto dal vicario qualche non grave castigo.

Nell’estate 1762 Natta, malfermo di salute, comincia ad immaginare le proprie dimissioni. E’ stanco, e d’altro canto la sua rinuncia potrebbe favorire la ricostituzione della diocesi di Iglesias, cosa che in effetti avviene un anno dopo; ha in mente anche la proposta di autonomia per la diocesi di Galtellì, che lo sarà dal 1779. Una richiesta di lasciare la cattedra è in un primo tempo respinta dal re Carlo Emanuele, che gli propone una diocesi meno impegnativa sul continente o la richiesta alla Santa Sede di dargli un ausiliare. Niente da fare, il 27 giugno 1763 lascia Cagliari. E lascia il ricordo di un ottimo presule, che “amministrava spesso il Viatico personalmente agli ammalati e con frequenza visitava i carcerati cui porgeva opportuni sussidi; proteggeva le cause delle vedove e dei pupilli, componeva liti e differenze tra individui e si offriva comune paciere tra le famiglie in discordia. Umilissimo e dimesso, pur nella sua alta dignità, si compiaceva di stare e confondersi col popolo”.

Ritiratosi nel Convento di San Marco a Firenze, ritorna l’umile fra Tomaso e per tre anni di vita austera si prepara alla morte che lo coglie il 3 Luglio 1766, pochi giorni dopo essere stato colpito da un ictus. “Gli furon fatte sontuose esequie, esposto il cadavere vestito degli abiti pontificali, grande fu il concorso di popolo; chiuso in una cassa di noce, con entro scritte le principali cose della sua vita, fu riposto in un sepolcro a parte nella Cappella del Santissimo Sagramento della suddetta Chiesa”. Sulla lapide, che ricorda l’origine casalese (definita come Bodincomago, secondo l’errore di qualche antico scrittore), le parole che distinguono il profilo del defunto: “uomo probo, saggio, virtuoso, esimio nella pietà di Dio, prodigo verso il prossimo specie i poveri”.

aldo timossi - 37- continua

FOTO. La cappella del Santissimo Sagramento