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Due casalesi a Torino per Sergej Djagilev
Roberto Coaloa e Giulio Castagnoli
Torino, giovedì 10 novembre: giornata elettrizzante davvero, in Accademia Albertina in occasione del bel convegno promosso da Russkij Mir e dedicato al mitico impresario dei Ballets Russes, Sergej Djagilev (1872-1929) in occasione del 150° della nascita.
Molte e di grande profondità le relazioni offerte da studiosi di differente estrazione, complementari le une alle altre e davvero variegate, volte ad attraversare le competenze e differenti culture. Lode a Silvia Leva, Direttrice di Russkij Mir, per aver lungamente progettato il convegno nei minimi dettagli, un grazie a Paola Gribaudo, Presidente dell’Accademia Albertina, che ha fatto con charme ed eleganza gli onori di casa. Contributi di esperti di danza, come Cristiano Merlo e Sergio Trombetta, poi di Federica Tornese ed Edoardo di Mauro, quindi interventi più mirati sul piano squisitamente musicale da parte del compositore e musicologo Giulio Castagnoli (casalese d'adozione, ndr) e di Attilio Piovano, e per finire chi scrive per il coté storico e il danzatore Toni Candeloro, che due sere fa si è prodotto in una apprezzata performance al Teatro Astra davanti ad un folto pubblico.
Giulio Castagnoli su: «Igor Stravinskij e i Balletti Russi» ha fatto subito una precisazione: «la traduzione italiana del titolo è sbagliata». Il titolo originale infatti è in francese “Le sacre du printemps”. «Il modo corretto di tradurre “sacre” in italiano non è “sagra”, che come termine rimanda a bucoliche visioni di bancarelle ripiene di peperoni o tartufi in qualche paese tra le colline piemontesi». Castagnoli afferma che la trasposizione corretta in questo caso è “rituale”, perché ciò che aveva in mente Stravinskij quando ha composto il suo più celebre balletto era in effetti un rituale: «la celebrazione della primavera in una crudele religione pagana di un tempo non meglio definito, scita, direbbe Cocteau, ma perduto». Il balletto originale si divideva in due parti: nella prima, le giovani danzavano in onore della primavera, per propiziare l’avvento della bella stagione, mentre nella seconda l’eletta, invasata da rituali, incensi e musiche, iniziava a danzare da sola in mezzo al circolo dei saggi fino a morire, in un macabro, terribile sacrificio umano. L’opera è talmente violenta, tanto nel soggetto, quanto nella forma in cui esso è rappresentato, che alla prima del balletto, a Parigi nel 1913, lo scandalo tra il pubblico degenerò addirittura in rissa.
Castagnoli ricorda poi la sua collaborazione con Luciano Berio, ammiratore di Stravinskij, le cui note, infine, risuonano nel Salone d’onore dell’Accademia Albertina.
Il mio intervento «L’onda russa di Sergej Djagilev e Lev Tolstoj nella Francia di Marcel Proust» prende spunto dalla riedizione del volume Les Plaisirs et les Jours, I piaceri e i giorni, a cura di Giuseppe Girimonti Greco, nella traduzione di Mariolina Bertini.
Il volume, pubblicato nel 1896, in edizione di lusso, è stata la prima opera letteraria di Proust. Riletta alla luce della Recherche, la raccolta del 1896 rivela una ricchezza e una profondità insospettate in un autore venticinquenne. I testi raccontano l’ossessione della morte, vista da Proust nella lettura recente di Tolstoj, nella commozione che gli destò La morte di Ivan Il’ič. Proust sebbene giovanissimo è nel pieno della maturità artistica. Ha letto con profitto lo scrittore russo. Infanzia di Tolstoj è una anticipazione, a mio modesto avviso, del romanzo Alla ricerca del tempo perduto. Proust aveva letto, inoltre, Sonata a Kreutzer, che lo segnò profondamente nell’animo. Nel 1896 scrisse al suo amico Reynaldo: «Sarebbe nobile, forse, ma innaturale alla nostra età, vivere come chiede Tolstoj». Soprattutto, Proust fu il primo a cogliere il carattere speciale della “prolissità” e “eccentricità” di Guerra e pace. Anche per questo motivo elaborò tra il 1909 e il 1922 il romanzo più lungo del mondo, Alla ricerca del tempo perduto.
La morte di Baldassare Silvande, racconto in 5 capitoli, datato ottobre 1894, risente molto del tolstojsmo imperante in Francia in quegli anni. Proust, inoltre, lesse i Récits militaires di Tolstoj, tradotti in francese da Halpérine-Kaminsky e Jaubert. A Parigi tutti gli intellettuali à la pageadoravano Tolstoj. Oltre a Proust, Romain Rolland e Octave Mirbeau (per lui Tolstoj era un demi-dieu), ammirato, cosa assai rara, da Tolstoj.
È poi seguita una carrellata di personaggi che hanno fatto rivivere l’epoca francese di Djagilev (ammiratore della prima ora del “rivoluzionario” Tolstoj). Oltre a Proust che lo incontrò in una memorabile cena, il 18 maggio del 1922, insieme a Joyce, Picasso e Stravinskij, Djagilev è stato raccontato da Satie.
È nota la passione leggendaria di Erik Satie per gli ombrelli. Nel 1890 Satie traslocò al numero 6 di via Cortot. La casa aveva appena due stanze: una per il pianoforte e l’altra, si scoprì solo dopo la morte di Satie, per la collezione di ombrelli. Satie, infatti, non appena riscuoteva la più piccola somma, si affrettava a farne provvista. La Principessa di Polignac gli commissiona Socrate? - «La sua munificenza ci gratifica di un ombrello con manico e cinturino di pelle» racconta Cocteau a Misia Edwards, il 7 ottobre 1916, Djagilev accorda poco dopo un cospicuo acconto per Parade? «Satie compra un ombrello al giorno» scrive ancora Cocteau a Valentine Gross il 17 ottobre. Auric comincia a perdere il favore di Satie il giorno in cui inavvertitamente infila il proprio ombrello nel suo, strappandoglielo. L’ombrello di Satie faceva parte di lui stesso afferma Hélène Jourdan-Morhange. Ne parlava continuamente, lo perdeva, lo ritrovava. In un giorno di temporale, fu visto imprecare contro il cielo, proteggendo l’ombrello sotto la giacca. «Alla sua morte» riporta Poulenc «furono trovati nella sua stanza un centinaio di ombrelli, gran parte dei quali erano ancora avvolti nella carta del negozio che li aveva venduti».
Roberto Coaloa
FOTO. Lo storico Coaloa, la presidente Paola Gribaudo e il compositore Castagnoli