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Personaggi di Armano Luigi Gozzano
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Il baritono Giuseppe Scalco
Il baritono Giuseppe Scalco (1933-1983) dalle eccellenti dote canore nato a Cittadella di Padova si stabilí giovanissimo a Casale con la famiglia, si dedicò allo studio del canto con Bruno Riboni scopritore di giovani talenti che lo indirizzò al conservatorio Verdi di Milano sotto la guida del maestro Ettore Campogalliani, si paga gli studi interpretando fumetti nei rotocalchi
Diplomatosi con lode, nel 1960 vince i concorsi internazionali Voci Nuove di Milano, Voci Verdiane di Busseto, Achille Peri di Reggio Emilia, Lirico Sperimentale Beniamino Gigli di Macerata e Giovan Battista Viotti di Vercelli.
Debutta nel 1961 con I Pagliacci al Teatro Nuovo di Milano e nel 1965 partecipa all'inaugurazione della stagione lirica di Busseto con Lucia di Lammermoor. L'anno seguente a Reggio Emilia e Bologna ecco il suo battesimo nella Bohème con un gruppo di giovani artisti guidati dalla sensibilità del maestro Gianandrea Gavazzeni, opera riproposta a Carpi, Modena e Bolzano. Nei giorni 8 e 10 settembre 1966 la Bohème fu rappresentata a Sarajevo da interpreti d'eccezione, Luciano Pavarotti nel ruolo di Rodolfo, Giuseppe Scalco in Marcello e Mirella Freni in Mimì diretti dal maestro Leone Madjera, segnando il lancio definitivo del baritono casalese.
Nel 1968 si esibisce nella Traviata ad Ancona e nel Signor Bruschino a Pesaro e Reggio Emilia. Poi il Don Pasquale ad Avignone e Reggio Emilia nel 1969 e le recite multiple del Ballo in Maschera ad Istanbul e soprattutto quattro recite del Nabucco al Gaiety Theatre di Dublino s un evento sensazionale e determinante nella classifica dei baritoni all'altezza del biblico personaggio.... Poi eccolo a La Scala di Milano nell'Ulisse di Luigi Dallapiccola. Nel cast stellare della Scala nella stagione lirica 1969-70 figuravano, oltre al nostro baritono monferrino, Placido Domingo, Mirella Freni, Luciano Pavarotti, i direttori d'orchestra Claudio Abbado e Riccardo Muti.
Il 1971 è l'anno della definitiva affermazione con una ventina di rappresentazioni di Haensel e Gretel, il mondo delle fate di Himperdinck, Manon Lescaut e Capitan Spavento di Gian Francesco Malipiero. Nel 1973 ad Ankara appare in Otello e Andrea Chenier, a Rouen nella Traviata e nel Teatro Roudaki di Teheran interpreta magistralmente l'Elisir d'Amore, i pucciniani Tabarro e Gianni Schicchi davanti allo Sciá di Persia, confermato per l'anno successivo con tre opere liriche.
A Trieste lo vediamo interprete in Maria Golovin di Gian Carlo Menotti e a Brema nel Nabucco.
Nel piazzale del Santuario di Crea è protagonista di un concerto lirico, purtroppo disturbato dal pubblico di passaggio, organizzato il 4 settembre 1982 dal Teatro Nuovo di Torino e Regione Piemonte con il soprano Edda Piccinini e il tenore Franco Previdi dell'Associazione Lirica Alto Milanese.
La Bohème fu l'opera pucciniana preferita da Scalco che da piccolo aveva provato la miseria e disse di Verdi "Il maestro di Busseto fu un grande imprenditore, ancora oggi ci permette di lavorare".
Ricordiamo che partecipò a foto e cineromanzi, incise per la Rai di Torino e per la Radio Svizzera Italiana.
Giornali internazionali, tra cui Le Figaro, The Irish Times, Il Resto del Carlino, Gazzetta di Modena, Journal de Teheran, Gazzetta di Parma, Cronaca di Siena, Paris-Normandie, Rassegna Melodrammatica di Milano, gli attribuirono ottimi consensi. La piena maturità baritonale in un eclettico repertorio operistico dell'ottocento e novecento, la capacità di rilevare i contorni umani dei personaggi diabolici per i quali l'interpretazione è indispensabile, il volume e il colore di cantante moderno fecero di lui un interprete richiesto ad alto livello.
Dalla moglie Lidia Radessich, conosciuta durante una tournée in Jugoslavia ebbe due figli, Raffaella e Andrea. Solo un male incurabile poteva segnare il tramonto delle illusioni e fermare l'incredibile vertiginosa ascesa artistica di Giuseppe Scalco, antidivo e grande lavoratore dello spettacolo nel senso nobile dell'espressione, scomparso martedì 6 settembre 1983 e sepolto nella tomba di famiglia di Casale Popolo.
Armano Luigi Gozzano
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