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Ricordo di Papa Francesco

La testimonianza di Roberto Coaloa nell'udienza privata con ii membri della Lega di preghiera del Beato Imperatore Carlo

 

Di Papa Francesco ricordo le mani grandi e nodose da contadino, chiaro segno d’un atavismo piemontese. Gli occhi buoni, il suo sorriso. L’incontro avvenne il 14 ottobre 2017.

Sabato 14 ottobre 2017, alle ore 11, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco accolse in udienza i membri della Lega di preghiera del Beato Imperatore Carlo per la Pace dei Popoli. Nell’udienza consegnai al Santo Padre il mio volume sull’Imperatore Carlo, frutto di una decennale ricerca negli archivi di tutta Europa, da Vienna a Funchal (nell’isola di Madeira), da Parigi a Londra, con interviste a due figli dell’Imperatore, Otto e Rodolfo, nonché dell’ausilio prezioso del nipote dell’Imperatore, l’Arciduca Martino d’Austria-Este, che firmò la prefazione del volume.

Il libro era stato pubblicato nel 2012 dall’editore Il Canneto di Genova. Era l’unica biografia scritta da un italiano sul Beato Carlo d’Asburgo e fui invitato dall’Arciduca Martino e da suo fratello, il Principe Lorenzo del Belgio, per offrire personalmente il mio libro al Santo Padre.

Qualcosa, però, si svolse fuori dal protocollo e sorprese tutti, il sottoscritto in particolare. Il Papa dopo un breve discorso, a sorpresa, fuori programma, si intrattenne molto tempo con i discendenti dell’ultimo Imperatore Carlo. Io dovevo semplicemente donare una copia del mio libro al Pontefice.

Mi era stato raccomandato di non inginocchiarmi davanti a lui e di non stringergli la mano. Il Papa, infatti, non gradiva. Così, quando toccò a me scambiare un saluto al Papa, restai immobile davanti a lui, conquistato dal suo magnificente sorriso. Aveva letto il mio cognome dalla copertina del libro e fissandolo esclamò in piemontese: «Ti it ses un Calua!» e aggiunse: «Grandi lavoratori!». Gli dissi che mio nonno Giovanni era cugino di Madre Gaetana (al secolo: Maria Carlotta Fontana), la Prima Superiora Generale delle Povere Figlie di San Gaetano, oggi Venerabile Serva di Dio. Il Papa conosceva bene la storia del fondatore delle Suore di San Gaetano, Giovanni Maria Boccardo, parroco di Pancalieri (il paese in provincia di Torino dove nacquero mio nonno Giovanni e mio padre Michelangelo, diacono).

Nel 1998, Papa Giovanni Paolo II ha proclamato Beato Boccardo. Papa Francesco sorrise di nuovo, aggiungendo «Mi i sai» e mi chiese notizie dei “barba” e “magna” Calua. Poi della mia mamma: «La mamma - gli dissi - si chiama Anna Ardito, una famiglia di socialisti e comunisti». Papa Francesco sorrise ancora e alzò il pollice in segno di approvazione.

Iniziai a ridere, davanti ai fotografi vaticani, ai cardinali e al gruppo assai composto dei discendenti di Carlo e Zita; le donne nerovestite  con la veletta sul capo. Cosa stava succedendo? Non solo il Papa rideva con me! Mi ringraziò per il libro e mi strinse forte la mano destra con le sue possenti mani, dandomi poi una pacca sulla spalla. Quando tornai al mio posto, un amico osservò: «Sei stato quello più fotografato»!

Quella mattina il Papa si era rivolto ai membri della Gebetsliga Kaiser Karl con queste parole: «Eccellenza, Altezze, Signore e Signori, cari fratelli e sorelle, con affetto saluto voi e, per vostro tramite, tutti i membri della Lega di Preghiera del Beato Imperatore Carlo per la Pace tra i popoli nei vari Paesi del mondo. Ringrazio il Presidente, Mons. Fernand Franck, per le sue parole. La vostra assemblea annuale a Roma si colloca nel contesto del centenario dell’iniziativa di pace intrapresa dal Papa Benedetto XV e, fra i responsabili politici, appoggiata unicamente dal Beato Imperatore Carlo, nel forte desiderio di porre fine alla strage della Prima guerra mondiale. I tre obiettivi della Lega di preghiera sottolineati dal vostro Presidente – cercare e osservare la volontà di Dio, impegnarsi a favore della pace e della giustizia, espiare l’ingiustizia della storia – sono stati, per così dire, il motivo ricorrente nella vita del Beato Carlo come statista, come marito e padre di famiglia e come figlio della Chiesa. Consegnandosi alla volontà di Dio, egli accettò la sofferenza e offrì la propria vita in sacrificio per la pace, sostenuto sempre dall’amore e dalla fede di sua moglie, la Serva di Dio Zita. Le sfide del nostro tempo richiedono la collaborazione di tutti gli uomini di buona volontà e, in particolare, la preghiera e il sacrificio. Vi invito, quindi, a mantenere la vostra promessa di prendere parte, con la preghiera e l’impegno personale, ai molteplici sforzi del Papa a favore della pace. Senza il sostegno della preghiera dei fedeli, il Successore di Pietro non può compiere la sua missione nel mondo. Conto anche su di voi. Vi affido alla materna protezione di Maria Santissima e all’intercessione del Beato Imperatore Carlo, e di cuore imparto la Benedizione Apostolica a voi e ai vostri cari».

Era la seconda volta che vedevo il Papa. La prima fu nel 2014 al cimitero austroungarico di Fogliano e nel Sacrario italiano di Redipuglia per rendere omaggio ai caduti della Prima guerra mondiale. Ricordo quel momento: Papa Francesco posò un fascio di fiori a un caduto qualsiasi, fece allontanare i suoi collaboratori e iniziò a pregare. Fu un momento indimenticabile, tra i luoghi simboli della guerra dei nostri avi: Gorizia e l’Isonzo.

Giovane soldato fu anche il nonno paterno del Papa, Giovanni Angelo Bergoglio, bersagliere radiotelegrafista classe 1884, che combatté in trincea nei pressi dell’Isonzo. Papa Francesco rievocò il nonno in quell’occasione: «Ho sentito molte storie dolorose dalle labbra di mio nonno». Lo stesso nonno, una volta terminata la guerra, con l’economia italiana in difficoltà, decise di emigrare in Argentina dove il Pontefice nacque, da Mario Bergoglio, figlio di Giovanni Angelo, e da Regina Maria Sivori, il 17 dicembre 1936 a Buenos Aires.

Coaloa - lo devo ammettere - è uno strano cognome. Pare che l’origine sia dovuta a San Nicola, che si festeggia a Vigone, comune piemontese in provincia di Torino. I miei antenati Coaloa alcuni secoli fa si divisero in due rami. Uno andò in America e, attualmente, vive in California. L’altro rimase in Piemonte. Coaloa, durante il fascismo, fu “italianizzato” in diverse varianti. Più diffuso di Coaloa, ma simile, è il cognome Coalòva, che viene pronunciato anche con o chiusa, e rinvia a un appellativo che riprende una forma composta della voce dialettale coa “coda” e lova che dovrebbe corrispondere a luva “lupa” (in piemontese lova vale anche “pannocchia di granoturco”, coda di lupo può essere un fitonimo; non si può escludere, tuttavia, un’interpretazione scherzosa o ironica “cova le uova”). Si distribuisce tra le province di Torino e di Cuneo, con punte a Pinerolo-Torino e a Barge-Cuneo.

La nonna di Papa Francesco era cuneese, suo nonno, il soldato della Prima guerra mondiale Giovanni Angelo, astigiano. Avevano i biglietti per salpare sul Mafalda, nel 1927, ma partirono l’anno dopo. E il Mafalda affondò al largo del Brasile. Il 25 ottobre del 1927 il piroscafo diretto nella Pampa Gringa in Argentina colava a picco al largo delle coste brasiliane, sulla rotta Genova - Buenos Aires. Nel naufragio, perirono oltre 350 persone, in gran parte astigiani, cuneesi e monferrini.

Il Papa, lo ricordiamo, era figlio e nipote di migranti, di quelli morti in mare, come accade oggi. Molti fanno finta di non ricordarselo. Lui no.

Ricordiamo anche quando Papa Francesco andò a Lampedusa, dove incontrò diversi rifugiati, abbracciandoli uno per uno. Era il luglio 2013. Il Santo Padre pronunciò parole capaci di dare alla questione delle migrazioni un ruolo via via più centrale nella dottrina sociale della Chiesa. Per Francesco ospitare l’esule è diventata non solo una espressione di carità ma una occasione di incontro con l’amore divino.

Questo il mio modesto souvenir di Papa Francesco, che desidero riproporre al lettore di queste pagine per il suo atavismo piemontese, che lo legò all’esperienza della guerra e della migrazione. Se i movimenti degli esseri umani che attraversano i confini e solcano i mari sono infatti una componente essenziale della costituzione psicologica del Santo Padre e della struttura del suo carattere, che comparirà potentemente nella sua pastorale, prima a Buenos Aires e poi lungo l’intero pontificato, l’esperienza della Prima guerra mondiale è rivelatrice, invece, dell’essenza pacifica dell’uomo politico cristiano, che deve volere la pace con coraggio, come l’ultimo Imperatore d’Austria durante l’«inutile strage».

Così, in occasione della morte di Papa Francesco, avvenuta lunedì 21 aprile, riporto le parole della Gebetsliga (che mi ha permesso di conoscerlo personalmente nel 2017): «Con profondo dolore e sentita gratitudine, la Lega di Preghiera Imperatore Carlo piange la scomparsa di Papa Francesco, un Santo Padre il cui pontificato è stato caratterizzato da profonda umiltà, instancabile impegno per la pace e coraggiosa testimonianza del Vangelo. Siamo particolarmente grati per il sincero e duraturo sostegno di Papa Francesco alla Causa di Canonizzazione del Beato Carlo d’Austria. Nelle sue parole, Papa Francesco ha descritto il Beato Carlo come “un uomo di pace che ha lottato per la pace con tutte le sue forze”, riconoscendo in lui un leader cristiano che “ha posto l’Eucaristia e l’Amore per il prossimo al centro della sua vita e del suo governo”. Papa Francesco ha spesso indicato il Beato Carlo come modello per i leader di oggi: una persona che ha cercato la pace non per interesse politico, ma come imperativo morale e spirituale. Onorandolo, il Santo Padre ha aiutato il mondo a riscoprire uno statista di profonda fede che ha dato tutto per la causa della riconciliazione. Il suo sostegno alla Causa del Beato Carlo rifletteva la sua profonda convinzione che la pace, radicata nella preghiera e nel coraggio, rimanga la missione urgente della Chiesa. Nella loro testimonianza condivisa, troviamo ispirazione per continuare a percorrere la via della pace».

Roberto Coaloa

FOTO. Coaloa dona il suo libro a Papa Francescoa