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Venerdì in Filarmonica

Quattro autori titanici: Beethoven, Schumann, Chopin e Rachmaninov, per il pianista Gabriele Laura

Vi siete mai chiesti come spinge un concertista a scegliere di eseguire un determinato programma? Per una rock star è facile: i brani che l’hanno reso famoso, l’ultimo album che deve promuovere… Ma un pianista “classico” può scegliere tra quattro secoli di spartiti, per lui un programma di sala è una dichiarazione che vale quanto la sua abilità. Così la riflessione sulla scelta di Gabriele Laura, protagonista venerdì scorso di un nuovo bellissimo concerto della stagione dell’Accademia Filarmonica, diventa un modo per capire la sua interpretazione.

Quattro autori titanici: Beethoven, Schumann, Chopin e Rachmaninov, che il direttore artistico Sergio Marchegiani confronta con la giovane età dell’esecutore.

Ma al di là dei dati biografici Laura pesca dal loro catalogo brani in grado di farci apprezzare l’intera storia del pianoforte romantico, come se volesse raccontare questa tradizione mostrandoci di padroneggiarne ogni sfumatura.

Si comincia con la sonata Op 2 n 2 di Beethoven, in un’esecuzione in cui lo Steinway di Palazzo Treville non ha paura di diventare un po’ rococò, dialogando con gli affreschi del soffitto che Francesco Lorenzi doveva aver appena finito pochi decenni prima. Un tocco quasi clavicembalistico, con quel tema grazioso del primo tempo squarciato da sciabolate beethoveniane che presagiscono la musica composta dopo. Le sciabolate diventano lampi con un inizio dell’Allegro in Si minore op. 8 di Schumann, scritto nel 1831 come tempo di una sonata che si prefigurava molto ambiziosa nell’intento di proseguire proprio la strada delle ultime opere di Beethoven, ma che, al contempo, ha il carattere quasi di improvvisazione. E’ come se Laura ci dicesse che sa affrontare anche tutto l’impeto creativo di questo secolo. Quindi si alza, prende gli applausi, si siede e passano cento anni con le Variazioni su un tema di Corelli op. 42. Veramente interessante questo brano monumentale scritto da Rachmaninov nel 1931 e chissà quanti casalesi abituati ai concerti barocchi al Museo avranno riconosciuto il tema della “Follia di Spagna” passato attraverso le mani di questi due compositori. Rachmaninov, però, dovrebbe essere l’estrema propaggine del romanticismo musicale ottocentesco, ma l’esecuzione di Laura ce lo rende in qualche modo contemporaneo, con una destrutturazione del tema che sembra strizzare l’occhio al neoclassicismo stravinskiano: si coglie persino l’eco di un ragtime.

D’accordo: Laura sa proiettarsi anche nell’insidioso 900, irto di difficoltà ritmiche ed armoniche. Poi conclude con il celeberrimo Scherzo n. 2 di Chopin, giusto per confermarci che è veloce, preciso, virtuosistico.

Finisce qui? No perchè come bis, richiesto a gran voce, arriva Alborada del Gracioso di Ravel, non proprio una cosetta che si mette lì per soddisfare l’ultimo appetito del pubblico, anzi, qui sembra parte integrante del concerto dando a Laura la possibilità di cimentarsi con l’altro estremo temporale del romanticismo sugli 88tasti, quello più impressionistico ed espressivo. Al pubblico non basta, concede ancora uno Studio di Chopin. Alla fine di questo compendio enciclopedico ha dimostrato tutto il dimostrabile.  Ha 25 anni e tutti siamo convinti che sentiremo ancora parlare di lui.

Prossimo appuntamento alle 21 di questo venerdì con lo Smetana Trio.

Alberto Angelino

(foto Luigi Angelino)