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Prelati monferrini (14), di Aldo Timossi
Bernardo o Bernardino Castellari comunemente detto “della Barba”, nato a Viarigi
Vita vivace, “procellosa”, dai tanti viaggi e altrettanti incarichi, per Bernardo o Bernardino Castellari comunemente detto “della Barba”, nato a Viarigi nella seconda metà del ‘400, da nobile famiglia giunta in Monferrato dalla Lomellina, definito come “casalensis” in un repertorio “de’ vescovati de' Stati di S. M. Sarda”, opera di metà ‘700, attribuito a monsignor Ignazio Della Chiesa, che sarà vescovo di Casale nel periodo 28 novembre 1746 - 29 luglio 1758.
Avviato alla carriera ecclesiastica sotto la protezione dei marchesi Paleologi, entra nell'intimità del cardinale Giulio de' Medici, di cui diventa servitore e confidente "in cose segretissime et importantissime", come si vanterà egli stesso. Quando il de’ Medici nel novembre 1523 sale al soglio pontificio come Clemente VII, Bernardino diventa personaggio importante e attivo mediatore negli avvenimenti politici che portano alla guerra con l’Impero. Il 13 gennaio 1525 ottiene una prima ricompensa per le sue attività diplomatiche, con la nomina a vescovo di Casale, sede che raggiunge un mese più tardi. “Dotato di singolare ingegno e sagace prudenza” lo definisce il Della Chiesa.
Perdurando il conflitto Papa-Imperatore, è Nunzio Apostolico presso il Duca di Milano, a Mantova presso Federico Gonzaga per persuaderlo a negare il passaggio per le sue terre delle truppe imperiali, infine a Piacenza. La guerra finisce (male) nel 1527 con il noto Sacco di Roma. Commissario pontificio a Parma e Piacenza, forse con un po’ di avventatezza organizza senza esito un complotto per conquistare Ferrara.
Nel novembre 1529 lascia la cattedra di Casale al cardinale Ippolito de’ Medici, nipote di Papa Leone X e di Clemente VII. Lo troviamo Governatore a Piacenza e nel 1530/31, per due mesi. Governatore (carica che da inizio ‘400 ha sostituito podestà e capitano del popolo) a Bologna. Qualche storico non esita a definire “crudele e sanguinario” il suo operato, aggettivi forse esagerati. Di certo - in accordo con le direttive pontificie - si distingue per “efficacia e soprattutto severità nei confronti delle autonomie cittadine e delle prerogative nobiliari”.
Il 6 marzo 1531 è rinominato al governo della diocesi casalese, che raggiunge a fine giugno. Su tale rientro, scrive Anna Foa nel “Dizionario Biografico degli Italiani”: “Sembra che le cure della diocesi non lo assillino eccessivamente se, immediatamente dopo averne preso possesso, scelto come vicario generale il canonico Rolando della Valle, torna ad attendere a più profane cure, ricco dei 3.000 scudi annui, a cui ammonta la rendita del vescovato casalese”.
In effetti lo troviamo vice del Legato pontificio delle Marche, e anche qui si comporta con durezza, tra l’altro, avendo funzione giudiziaria civile e penale, con la condanna capitale di alcuni patrizi di Ancona che lo hanno accusato falsamente di cospirazione. Per questo episodio sarà condannato e poi perdonato dal nuovo pontefice Paolo III. Nominato Governatore di Perugia, nel 1540 reprime la rivolta provocata dalla gabella sul sale imposta alla città dal Papa. Il suo è intervento evidentemente improntato a durezza, se lo storico Parmenio Bettoli in “Terremoto storia del secolo XVI” (1878) non esita a definirlo “più guerriero che sacerdote, e diremmo più carnefice che prete, se la Santa Inquisizione non si fosse tolta l’ufficio di far sparire il divario”. E aggiunge che “costui inferocì, mise a morte sei de’ più cospicui cittadini, pretese si consegnassero tutte le armi, si levassero le catene che avevano servito a sbarrare le vie, si radessero al suolo le case de’ Venticinque (sono i delegati a trattare ed eventualmente far guerra al Papa! – N.d.A.) e si cangiasse il nome del supremo magistrato in quello di Conservatore dell’obbedienza alla Chiesa”.
Come ricompensa, il 17 agosto 1740 è nominato anche Vescovo i Pozzuoli,diocesi che regge per soli due anni, “essendo, più che uomo di chiesa, abile politico ed ottimo militare”. Nel 1543-44 è nuovamente a Bologna in qualità prima di vice Legato poi di Governatore; anche in tale incarico esprime la propria indole severa eliminando le residue autonomie cittadine e costringendo all'esilio molte famiglie nobili.
Muore il 27 giugno del 1546 a Viterbo, dove - si legge da un documento in latino riportato solo dal De Conti - ha l’incarico di Governatore. E’ sepolto in quella città, e comunque ricordato come vescovo emerito di Casale
aldo timossi - 14
FOTO: nella Sala Urbana o Sala degli stemmi nel seicentesco Palazzo d'Accursio di Bologna, sede del Comune