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Quarant’anni fa, quando nasce l’idea di fondare una “Famija”

Morano sul Po – E’ il dicembre 1977, quarant’anni fa, quando nasce l’idea di fondare una “Famija”. Ci pensa da tempo Alfredo Ferrari (padre dell’attuale sindaco Luca), autore di due libri sulla storia del paese, all’epoca presidente dell’asilo. Da sempre si occupa delle vicende e tradizioni moranesi, fin dagli anni Sessanta narrate sulle pagine del “Trapulin”, giornaletto ciclostilato, dove si firma con pseudonimi, da “Venator” (è appassionato di caccia) a “Historicus”. E’ stato tra i sostenitori della Pro Loco - inventando dal nulla le maschere carnevalesche di “Trapulin”, “Muranina”, “Conte di Maramagna” – ma da qualche tempo è in rotta con i vertici dell’associazione, ed esprimerà il proprio dissenso proprio su “Il Monferrato” del 31 gennaio. Parole forti: “A Morano tutte le iniziative se non sono del gruppo di appartenenza sono inesorabilmente ignorate. Per esempio, nella Pro Loco non ci sono le persone giuste, in grado di dirigere un’associazione che dovrebbe servire il paese e non fare inutili ripicche come quella di rifiutare gli aiuti che provengono dall’esterno”.

Da tanto distacco non può che nascere l’idea di costruire una realtà nuova, una sorta di famiglia nella quale accogliere quanti hanno a cuore la storia e le tradizioni della comunità locale. Sta per nascere la “Famija muraneisa”. Nei fine-settimana dell’inverno, “Fredo” ne parla con alcuni amici. Tra questi, Paolo Migliavacca, una delle casate storiche del paese, e Aldo Timossi, altrettanto appassionato di storia e addetto stampa della Regione Piemonte. “Esponeva le sue idee, un vulcano di idee, con l’entusiasmo di un innamorato – ricorda Timossi – quando ci si trovava a casa mia, nel viale della Stazione, o quando mi capitava di incontrarlo, magari apparso tra la nebbia di una strada di campagna, con il cane e indosso l’abituale “casadura””.

Il progetto prende corpo. Arrivano all’atto notarile di costituzione – tre firme: Ferrari, Migliavacca, Timossi - e aprono le iscrizioni, per le feste pasquali del ’78, quando in paese tornano molti “emigrati”. E’ un successo, in pochi giorni un centinaio di soci. Alla presidenza viene designato Migliavacca, vice è il “Fredo”, segretario Franco Mugetti, nel direttivo: Antonio Barbano, Francesco Mantello, Ermanno Morzone, Marilisa Barbano, Gianni Vaccino. Spiegano lo spirito della Famija: “Vuole essere un atto d’amore in una cultura della quale non vogliamo sentire il requiem. Abbiamo un patrimonio immenso e pregiato da difendere, combattendo contro il tempo, contro la tradizionale pigrizia della gente, contro l’abitudine a vedere solo gli altri paesi e le altre tradizioni».

Tessere ad honorem, per “Il Monferrato” (il direttore Mario Verda e chi scrive), “La Vita Casalese” (direttore don Evasio Miglietta), lo storico Idro Grignolio.

Cento soci costituiscono un obbligo a muoversi rapidamente. Le linee d’azione sono definite su tre piani paralleli: difesa delle realtà del passato (la tradizione della fagiolata, le architetture dei portici gotici o della chiesa di S. Pietro Martire), mantenimento delle realtà presenti («chi torna a Morano deve capire quanto sia bella la vita del paese, a confronto della grande città sempre rumore, rumore, ancora rumore»), costruzione delle realtà del futuro (si pensa ad una forma di collaborazione con il Comune per la realizzazione di un centro-anziani).

l.a.

Nella foto il 25esimo della famija muraneisa (da destra:Walter Lombardi, Giovanni Brusatin, Francesco Mantello, Ezio Vercellino, Mario Martinotti, PierMario Croce, Idro Grignolio, Aldo e Matteo Timossi).