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Il circondario - di Aldo Timossi

Sezione decentrata del Coreco a palazzo Vitta,primo presidente F. Boverio

Comprensorio, ULS, Circondario. Una trilogia istituzionale, che ha visto coinvolto anche il Casalese, negli anni Settanta/Ottanta del secolo scorso. Detto dei primi due, ecco la vicenda – più lunga e forse meno colorata e coinvolgente – del “Circondario di Casale Monferrato”.

I circondari han fatto parte fin dall’800, in forme diverse, della storia d’Italia. Era toccato proprio ad un politico alessandrino, Urbano Rattazzi (Ministro e Presidente della Camera) dare il nome alla legge 3702 del 1859, che ridisegnava la geografia amministrativa dell’allora Stato sabaudo, suddividendolo in province, circondari, mandamenti e comuni. Erano tempi, detto per inciso, durante i quali il Casalese aveva un significativo peso in Italia, con Giovanni Lanza, Ministro, Presidente della Camera, Capo del Governo. Senza dimenticare Pier Dionigi Pinelli, Presidente della Camera fino alla morte nell’aprile 1852, torinese ma legato al Monferrato poiché diresse “Il Carroccio”, foglio di informazioni dell'Associazione agraria di Casale e precursore di questo giornale.

Con la legge Rattazzi, quello che era stato il “contado” di Casale ebbe, diviso in 16 Mandamenti, il suo Circondario, parte dell’Alessandrino, confini corrispondenti all’ex Provincia di Casale Monferrato del Regno di Sardegna. Ne percorse strade e piazze  Niccolini, scrivendo la sua corposa opera intitolata per l’appunto “A zonzo per il circondario di Casale Monferrato», edita nel 1877, tra l’altro oggi acquistabile per circa 50 euro anche su Amazon!

Soppresso nel 1926, il circondario casalese viene riesumato dalla Regione Piemonte con legge del luglio ’73. A livello locale, la discussione era iniziata un anno prima, e nell’ottobre ‘72 i sindaci dei 45 Comuni interessati avevano espresso di massima, tramite un comitato ristretto, il loro placet, con molte riserve delle componenti comuniste: “astensione, non diniego”. L’allora sindaco del capoluogo, Enrico Motta, aveva assicurato ampia collaborazione da pari a pari: “Casale non vuole essere il leader ma tutt’al più al servizio degli altri comuni, senza barriere ideologiche o politiche”.

La posizione del PCI era stata illustrata da Pietro Gallo, sostenendo che "se partiamo dal circondario, quindi dal comitato di controllo, partiamo col piede sbagliato, bisogna discutere di comprensorio”. Immediata risposta del dc Riccardo Triglia – futuro Senatore – così descritta dalla cronaca dell’epoca: è scuro in volto, il tono è aggressivo, “non vorrei - afferma - che si aprisse tra noi una frattura per motivi politici, se non riusciamo a darci il circondario, quando si parlerà di comprensorio saremo preceduti da quelli che il circondario ce l’hanno già”

In realtà, era già in corso il dibattito sull’istituzione dei comitati comprensoriali, con funzioni e poteri ben più ampi rispetto al circondario (V. Il Monferrato del 21-06-2019).

Alfine i Comuni votano, e le maggioranze comuniste, ad iniziare da quelle di paesi “rossi” come Balzola e Morano sul Po, attivissimi rispettivamente con il sindaco Ferruccio Torriano e l’assessore Giovanni Feltre, restano sul “ni”, sul “soprassedere”. E’ addirittura crisi a Camino, dove, per una sorta di originale ripicca, la maggioranza non comunista boccia il proprio bilancio presentato però dal sindaco pci Domenico Boido, contrario all’istituto circondariale.

Favorevole la Provincia di Alessandria, che a livello locale vede impegnato nell’opera di convincimento pro-circondario, l’assessore Alfonso Borello.

A fine marzo ’73, in Regione si votano le prime leggi per istituire i Circondari di Pinerolo, Ivrea, Alba, Bra-Mondovì.

A Casale ci si preoccupa che non sia ancora in Aula anche il proprio disegno di legge. Rassicurazioni arrivano dal consigliere regionale liberale Armando Gerini (boss nel senso buono della Valcerrina) e dall’assessore dc Angelo Armella (il Piemonte ha una maggioranza DC–PSI–PSDI–PRI, con presidente Edoardo Calleri di Sala).

Preceduta dalla rituale e formale “consultazione” dei sindaci con la competente Commissione consiliare, presieduta da Aldo Viglione, la proposta è infine approvata dal Consiglio regionale il 28 giugno, con il voto contrario del PCI, durante una seduta che vede presenti tra il pubblico, quali osservatori/controllori, gli assessori casalesi Triglia e Luigi Tartara.

Preambolo aulico, con richiami alla Costituzione, alla legge sul funzionamento degli Organi regionali, all’art. 69 dello Statuto del Piemonte. La “ciccia” all’articolo 4: “E’ istituita per il Circondario di Casale Monferrato una speciale sezione decentrata del Comitato di controllo sugli atti dei Comuni e degli  altri Enti locali”. Sul giornale, tocca a chi scrive, una battuta ironica: la sigla sarà “Co.Re.Co.”, oppure "Co.(c)Co-De." - Comitato  Controllo  Decentrato? L’elenco comprende 45 Comuni, per norma di legge tutti della provincia di Alessandria, quindi non vi rientrano comunità come Moncalvo e Trino, pur legate a Casale da forti interessi socioeconomici.

Al Comitato occorre una sede nel Capoluogo. Si buttano gli occhi su alcuni locali del settecentesco Palazzo Vitta, proprietà dell’Ente Trevisio, per il quale la Regione ha già stipulato l’atto di affitto con decorrenza dal novembre successivo. C’è parecchio di lavorare in restauri e adattamento a uffici, budget iniziale disponibile, circa 40 milioni di lire.

Passa qualche mese di incertezza, il Comitato avrebbe dovuto insediarsi entro fine anno, ma gli uffici non sono ancora pronti, e restano da fare le nomine dei componenti. Aleggia forse il sospetto che la legge resti, non si sa per quanto tempo, sulla carta, tanto che nel marzo ’74, inaugurando  l’edizione 28 della San Giuseppe, a Gianni Oberto, da tre mesi Presidente della Regione, il sindaco Motta si sente in dovere di raccomandare la “rapida attuazione del Circondario”. 

Finalmente, a metà aprile, da Torino arriva la delibera di nomina dei membri di spettanza regionale: effettivi Francesco Boverio (DC, presidente), Gianfranco Miglietta (PSDI, vicepresidente, ha dovuto lasciare la carica di Sindaco a Ticineto, sostituito da Franco Palmisano), Salvatore Di Carlo (PCI); supplenti Mario Federico (DC) e Paolo Merlo (PSI). A loro, nella seduta di insediamento di fine maggio, si aggiungono Alberto Angelieri del  Commissariato  del Governo, con supplente Maria Teresa Mongini, e Vito Drago per la Provincia di Alessandria, con supplente Giuseppe Vaccarella. Il  segretario generale è  Pietro Jacoviello, funzionario preciso e disponibile, aperto al dialogo con gli amministratori, e se ne renderanno conto i sindaci e i responsabili delle IPAB, spesso a Palazzo Vitta per avere chiarimenti o fornire spiegazioni sulle delibere oggetto di esame da parte del Comitato.

Mentre nasce e morirà (dicembre ’85), il parallelo Comprensorio, la vicenda della sezione decentrata Co.Re.Co. s’incammina su strada che offre pochi spunti di cronaca, salvo i momenti di rinnovo dei componenti, o qualche rara polemica su presunti atteggiamenti politici dei componenti stessi, che per avere in tasca tessere di partito, si prestano a sospetti delle parti avverse. Si alterneranno tra gli altri al vertice del Comitato, Armando Gerini, Secondo Core (PCI), Bruno Raselli (DC), Enrico Dagna (PCI).

Qualche allarme nel dicembre 1990, allorchè la prevista riforma dei Co.Re.Co. sembra destinata a cancellare Casale. Rischio reale, perché si parla di ridurli a livello di provincia (quindi 8, considerando le prossime nuove realtà di Biella e Verbania), o di eliminare comunque le sezioni più piccole, addirittura di concentrare tutto a Torino e mantenere in vita solo qualche sezione per materie specifiche. Si fa carico del problema il consigliere regionale , futuro assessore, Paolo Ferraris, e “Il Monferrato” pubblica un suo intervento che rassicura: “L’assessore Enrico Nerviani aveva condiviso la preoccupazione e se n’è fatto carico, l’approvazione da parte della Giunta del disegno di legge che mantiene Casale, è la prova di questa sensibilità”.

Purtroppo la salvezza dura poco...

aldo timossi

ARTCOLO COMPLETO NEL NUMERO DI MARTEDI'