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Alessandria: giovedì 24 aprile alle 19

Al "Vivaldi" terzo appuntamento con la musica contemporanea

 

Prosegue immediatamente dopo Pasqua la rassegna S.CA.M.O (acronimo di Suonare, Capire la Musica d'Oggi), un ciclo di sei concerti (uno al mese) dedicati alla musica contemporanea, che saranno spiegati e presentati da Sergio Lanza, docente di composizione presso il Conservatorio "Vivaldi", il quale asserisce:  Queste date sono solo un pretesto per aprire uno spiraglio sulla produzione di questi grandi compositori del'900 e offrirli all’ascolto –e alla comprensione– del nostro pubblico.

 

Il programma del terzo concerto, che si svolgerà giovedì 24 aprile alle 19 presso l'Auditorium Pittaluga (via Parma, 1 - Alessandria), sarà come d'abitudine suonato dagli allievi del "Vivaldi" e prevede i seguenti brani: di Bruno Maderna Honeyrêves  eseguito da Giulia Nigra al flauto ed  Elia Fumagalli al pianoforte e Divertimento in due tempi con Jacopo Cavalotti al flauto ed Elia Fumagalli sempre al piano. Quindi di Luciano Berio, Sequenza IXc con Rocco Parisi al clarinetto basso e  O King, in cui l'allievo Emanuele Lupano dirigerà un ensemble formato da Simone Sgariboldi, flauto; Carlo Saccente, clarinetto; Yifan Tang, voce; Kaiwen Xu, violino; Gaia Abaclat, violoncello e Gabriele Ciaccia, piano, Infine il brano di Pierre Boulez Notations sarà eseguito da Elia Fumagalli, Maksym Solonar, Thomas Bonadies e Carlotta Spanu al pianoforte.

 

Il professor Lanza presenta con queste parole i brani del concerto:

Divertimento in due tempi per flauto e pianoforte (1953)

Il brano è articolato in 10 piccole sezioni con una cesura dopo la Cadenza del flauto.
In molte parti, soprattutto all’inizio, la definizione dello spazio sonoro rarefatto e l’articolazione fraseologica asciutta rendono assai presente l’influenza della musica di Anton Webern, in quegli anni molto studiata dai giovani compositori europei. In altre parti, spesso in forte contrasto tra di loro, il discorso cambia fino a raggiungere momenti di pulsazioni regolari che alludono a una scrittura di più facile comprensione.

B. Maderna, Honeyrêves per flauto e pianoforte (1961)

Il titolo, spiritoso, allude al nome del flautista Severino (Gazzelloni) letto al contrario. Caratterizzato da un dialogo serrato, spesso con figure rapidissime, a inseguirsi con un raffinato intreccio di unisoni. Se il flauto richiama facilmente i canti degli uccelli (come già in Messiaen) qui è anche il pianoforte ad essere trascinato in un vortice di suoni che comprende ora anche “rumori”. Queste nuove sonorità straordinarie, consentite dall’intervento diretto sulla cordiera, cominciavano in quegli anni ad essere esplorate dai compositori: non si tratta di “effetti” per stupire il borghese ma piuttosto della ricerca di un ampliamento delle risorse espressive potenzialmente contenute negli strumenti tradizionali.  

L. Berio, Sequenza IXc per clarinetto basso (1980)

Si tratta di un brano che nasce in origine per clarinetto e viene poi da Berio stesso adattato prima al sassofono contralto poi al clarinetto basso, complice la conoscenza e la collaborazione con il nostro Rocco Parisi!. Un brano molto ben costruito secondo una “retorica” tipicamente linguistica che, sfruttando in modo sapiente il gioco delle ripetizioni (di note, di incisi, di figure), rende l’interprete un narratore, un affabulatore.

P. Boulez, Notations, per pianoforte (1945)

Queste miniature per pianoforte scritte da un Boulez appena ventenne, non soltanto ci mostrano una grande musicalità e inventiva, ma testimoniano altresì la sua capacità di digestione di alcune pagine pianistiche dei grandi sperimentatori del Novecento, Schönberg, Bartòk, Messiaen e, soprattutto, Debussy. Su questo brano tornerà il Boulez maturo, elaborandone per grande orchestra alcune parti, nel 1980 e 1999.

L. Berio, O King per flauto, clarinetto, violino, violoncello, pianoforte e mezzosoprano (1968)

Scritto subito dopo l’assassinio di Martin Luther King, questo pezzo, sospeso e ieratico come una stele funeraria, celebra il martire afro-americano semplicemente enunciandone il nome. Le parti strumentali sostanzialmente riverberano le note della voce, costituendo un flusso timbricamente cangiante ma omogeneo, punteggiato da note sforzate. La voce, come scrive l’Autore: «enuncia i diversi elementi fonetici del nome che, infine, viene gradualmente ricomposto: O Martin Luther King».