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La Bela Rusin

La casa di Moncalvo della futura Contessa di Mirafiori e Fontanafredda

Per il ciclo 'Monferrato tra storia e leggenda', Mauro Demichelis, partendo da Moncalvo, scrive di Rosa Vercellanam la Bela Rusin, amante, poi moglie morganatica del Re Galantuomo. Ecco l'inizio e la fine dell'articolo:

Una delle grandi soddisfazioni che vive chi ha la fortuna di svolgere l’ attività di chi scrive è la continua scoperta di straordinarie persone che mai uno si sarebbe immaginato di conoscere. Capita così che volendo raccontare la storia della “Bela Rusin” in seguito ad una cena nella “casina” della tenuta di  Fontanafredda capiti di incontrare, a Moncalvo, Raffaela (“mi raccomando, una ‘l’ sola!”)  Guarino. Vive ormai da 20 anni col marito Renato Gilardoni, ex maresciallo dei Carabinieri, nella bella casa che per 14 anni ha ospitato tra il 1833 ed il 1847  Rosa Vercellana, quella che, appunto, per tutti i piemontesi è diventata la “Bela Rusin” (o Rosin, per dirla in modo meno dialettale) moglie “morganatica” del primo Re d’Italia, Vittorio Emanuele II.
La signora Raffaela è un vero e proprio vulcano. Simpatica, disponibile, ricca di aneddoti sulla casa diventata meta saltuaria di giornalisti che di tanto in tanto cercano di ripercorrere un importante spezzone della storia d’Italia. Apprendiamo così che lo storico stemma dei Vercellana, situato sotto l’androne d’ingresso, ormai da anni è stato staccato dal muro (“quando abbiamo acquistato – dice – era già scomparso”),  che la scala interna, il giardino ed i porticati sono ancora autentici così come l’ insegna sul balcone e la “mitica” panchina, gelosamente conservata, sulla quale Re Vittorio Emanuele poggiava le sue terga quando veniva a trovare l’amata Rosa.
Sul luogo di nascita di Rosa Vercellana, l’11 giugno del 1833,  c’è controversia tra chi sostiene che sia avvenuta in terra francese a Nizza, dove lavorava il padre, “capo tamburo” presso l’esercito di Napoleone e chi propende per Moncalvo, terra di residenza della famiglia. Cresciuta bella, dicono le cronache, di una bellezza e gentilezza difficili da riscontrare, nel 1847, in una ragazza di 14 anni. Doti che la leggenda dice abbiano fatto colpo su un signore giunto in carrozza per quelle strade di campagna, che attraversavano zone ricche di boschi e di selvaggina. Era un cacciatore. E quel casuale incontro, mentre la ragazza stava raccogliendo fiori a bordo strada, fu il classico colpo di fulmine (per lui). La Rosa stava aspettando il padre, Giovanni Battista, postiglione sulla diligenza che collegava regolarmente Asti con Casale, passando da Moncalvo. 
Quell’incontro casuale la preoccupò. Vittorio Emanuele, cappello a larghe tese, lunghi baffi e barba incolta, corpulento e in abiti di campagna non le fece una buona impressione. Lei, che aveva ereditato dal padre , dicono le cronache, le forme armoniose, un aspetto bellissimo ed una grande bontà d’animo, catalogò l’incontro come insignificante. Non fù così.
Il Re, informatosi, tornò più volte a Moncalvo e pian piano, cominciò a frequentare la casa di lei, diventando amico della famiglia e mangiando spesso al loro tavolo. Evidentemente, in quel giovane 27enne, erede al trono, già sposato con l'austriaca Maria Adelaide d'Asburgo e con  cinque figli, era sbocciato l’amore. In quei mesi,  a Moncalvo non si parlava d’altro....
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A dimostrazione di tanto amore, nel 1958, il Re acquistò 132 “giornate piemontesi”  (52 ettari) di terreno nella contea di Pollenzo e l’11 aprile del 1859 con un reale decreto nominò Rosa Vercellana Contessa di Mirafiori e Fontanafredda. Alla sua morte il titolo nobiliare passò al secondogenito della Rusin, il conte Emanuele di Mirafiori che fondò la rinomata tenuta Fontanafredda, giunta con la giusta fama ai giorni nostri, ospitante la famosa “casa di caccia”  che più volte ebbe ad ospitare il Re e la sua amata. Da quel momento la Bela Rusin non abbandonò più il suo amato re. Lo seguì nelle campagne di guerra del ’59 e del ’60 nelle Marche ed entrò con lui a cavallo nella conquistata Napoli.
Vittorio Emanuele seppe resistere fino ad allora a tutte le pressioni della contessa che insisteva per farsi sposare. Ma, nel 1869, venne colpito, nella tenuta toscana di San Rossore, da una grave malattia. Temendo di morire, nella notte del 18 dicembre le nozze religiose furono finalmente celebrate. Altri otto anni dovettero passare prima che venisse officiato anche il rito civile. Un anno dopo, il 9 gennaio del 1878, morì Vittorio Emanuele II mentre la contessa di Mirafiori si spense a Pisa il 26 dicembre del 1885.
A lei, moglie “morganatica” vale a dire sposa di un diverso censo sociale cui è preclusa alcuna pretesa su titoli nobiliari e proprietà del marito, venne dedicato nel quartiere di Mirafiori Sud a Torino, un curioso edificio, copia esatta, in scala ridotta, del più imponente Pantheon di Roma.
ARTICOLO COMPLETO SUL NUMERO DI VENERDI' 
Foto: Raffaela Guarino a Moncalvo