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Pobietto: a rischio il vecchio mulino ad acqua
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Novità, non positive, per la salvaguardia dei beni architettonici a Morano sul Po. Riguardano l’antica Grangia di Pobietto e la trecentesca chiesa campestre della Madonna del Ceppo.
Di Pobietto abbiamo di recente tracciato una breve storia riscoprendo all’Archivio di Stato di Torino una vecchia mappa del ‘600, dove la tenuta è disegnata come una vero e proprio piccolo fortilizio quadrato, con mura di difesa e torri angolari. Come fulmine a ciel sereno è arrivata dalla famiglia Canepa, affittuaria della parte più antica, la notizia che l’associazione Ovest Sesia ha presentato domanda per demolire l’edificio del vecchio mulino ad acqua.
Il manufatto, che si trova a due passi dal muro medievale e dalla pregevole chiesa, opera di inizio Settecento degli Scapitta, è obiettivamente ammalorato, specie nelle coperture. Si tratta però di un monumento della storia agraria locale, già rintracciabile nelle mappe del Seicento. “Eliminando l’edificio sparirebbero anche la vecchia meridiana e le date sui muri che ricordano i restauri del 1800” dice Dino Canepa. E rivolge un appello che può essere condiviso: “Luoghi che raccontano la nostra storia saranno cancellati”. E, aggiungiamo, forse si poteva fare qualcosa prima, l’incuria su beni storici è brutta cosa.
C’è da sperare che i soggetti cui spettano le autorizzazioni (Soprintendenze, Regione, Comune di Morano, ASL di Vercelli come proprietaria dell’intera tenuta), valutino con la massima attenzione il problema.
Ben diversa la questione della chiesetta che affettuosamente i Moranesi conoscono come “la Madunin’a”.
Qui sono in corso i lavori di restauro dei tetti, finanziati con 40mila euro dalla Diocesi, grazie soprattutto all’impegno dell’assistente pastorale Paolo Migliavacca (e, ci si consenta, alla sensibilità del moranese Mario Olivero, Economo diocesano). Altri fondi derivano da donazioni della popolazione, compresa una raccolta in occasione dell’ultima Festa del Ringraziamento.
Purtroppo il restauro non potrà comprendere il campanile, scapitozzato anni orsono durante un nubifragio. Il motivo sta nel contrasto fra la proprietà ecclesiastica e quella privata. Una decina di anni fa, un privato di Casale acquistò – ed abita - la vecchia residenza del Romita, attigua al tempio. Forse per un qualche malinteso o errore nel frazionamento, nell’acquisto risulta compresa anche la sacrestia sottostante il campanile. Senza esito una trattativa, quasi una “lite”, in corso da tempo. Peccato, perché un campanile senza guglia e senza croce è un non senso, o meglio, da un senso di pena e abbandono, per la Chiesa e per il privato. I Moranesi si aspettano un segnale di accordo e distensione.
tim