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Conzano e Conzanesi... un po

Il libro di Scarrone nella recensione di Pietro Gallo

 

La struttura del nuovo libro di Franco Scarrone (Conzano e Conzanesi... un po') è fatta di brevi saggi che lumeggiano aspetti normativi di un vivere comunitario con cui Conzano ha saputo/dovuto confrontarsi nella quotidianità /eccezionalità in cui s’è venuto a trovare, costruendo , nei suoi abitanti, un senso d’appartenenza mai rinnegato e sempre rimpianto in terre lontane.

Recupero del passato e sguardo penetrante sulle nuove generazioni, fanno si che Conzano, pagina su pagina, diventi esemplarità monferrina di come l’accoppiata futuro/passato sia non solo rispetto di tradizioni ma apertura al nuovo.

Il bulino di Scarrone sa così disegnare nuovi percorsi, quasi in sintonia a quanto succede a livello internazionale, ove la globalizzazione rifluisce, per lasciar posto alla riscoperta di nostre radici che ci rendono più attrezzati alle nuove sfide.

Nelle ottanta e più pagine Scarrone ‘non se la tira’, lascando invece all’orchestra di voci radunate nel libro ,coniugare armonicamente il ‘come eravamo’ col ‘come siamo e dovremmo essere’.

Gioco di sguardi incrociati tra i vari protagonisti ove antropologia e storia si fondano in una lettura che non risparmia quotidianità/avventura, entrambi facce necessarie in una Comunità soggetta a mutazioni epocali.

Esemplare il contrappunto tra conzanesi illustri del passato anche recente con le nuove generazioni , in prima fila poeti e musicisti ,sotto la guida del direttore d’orchestra il conte Carlo Vidua. Questi, intellettuale dilacerato tra conservazione del passato e incognite future, ci riporta allo spirito d’avventura che, nella ricerca di libertà, Vidua trasferisce a quei conzanesi, tanti, che hanno traversato oceani per trovarvi , sia in Australia, sia nelle Americhe , nuove patrie più generose .

Stessa ricerca di libertà regge pure le scelte della lotta partigiana dell’avv. Francesco Cappa fra le fila della formazione Lenti. Dignità della libertà che nutrisce anche l’orgoglio degli emigrati nel mettere a frutto in terre, lontane quanto hanno saputo assorbite tra le mura di Conzano natia.

E’ storia che si modella sulla geopolitica di Conzano, borgo di transizione tra collina e pianura, tra la piccola proprietà e la grande, tra avvenimenti storici, lontani, coinvolgenti potenze locali che si contendevano il dominio del borgo.

Esemplare la suddivisione di Conzano in due parti con un muro che designava i confini tra l’allora marchesato aleramico ed il potente comune di Alessandria(anno 1230 da E. Lusso in Atlante storico alessandrino).

Importanza di Conzano ribadita dalla presenza di un Castello con torre (forse la stessa che Scarrone data fine 1200) che sempre lo storico E. Lusso localizza nello stesso tempo, quando Casale ne era ancora priva una simile a quello di Conzano era posizionata a Torcello.

Sempre dall’Atlante Storico riporto la segnalazione che a Conzano si eran rinvenuti reperti paleolitici e mesolitici che attestavano prime forme di antropizzazione del territorio, poi Monferrato. Storia passata e recenti si danno insomma la mano servendo pure da fondale di alcune scene descritte nel romanzo di Rosetta Loi, ‘Le strade di polvere', premio Campiello, ambientato a Mirabello, (forse) nel Convento di San Martino di Conzano, sconsacrato e deserto per la cacciata napoleonica dei Frati Minori Francescani, ove si consumano fantasie erotiche e successivo pentimento di riccona di Mirabello, con giovane mal sopportante questo suo impiego.

Sul sorgere e sviluppo di questa veneranda istituzione, riportata poi alla religiosità, grazie all’intervento del conte Vidua, padre di Carlo, Scarrone s’era già soffermato con un’apposita documentatissima pubblicazione. Abbazia poi parrocchia che diverrà fondamentale per quella cintura del sacro, che a partire dalla pieve medievale, si svilupperà coi parroci della parrocchiale di Santa Lucia, di cui l’autore ricorda don Porta e don G.Bosso. Pagina dopo pagina l’arazzo , fatto di fatica, polvere, invettiva, curiosità, di Scarrone prende corpo, ridandoci così la consapevolezza che anche indagando su un solo paese ,la trama del Monferrato la si riconosce poiché nel particolare è nascosto l’universale

Dice benissimo (p.65) Iris Devasini:

’siamo terre-tra le vie -polverose di esistenze

Che solcano spazi- e spargono-

semi di speranza da coltivare

Questi i cartelli indicatori di passato, presente, futuro. Anche, in controluce, autobiografia di Scarrone che , come dirigente Olivetti, ha girato mezzo mondo, e pur abitando in Milano, mai s’è trasformato in ‘commendator bauscia’, ma abbisogna , con le sue molte pubblicazione, d’abbeverarsi costantemente a Conzano, poiché pure costì c’è storia, grande/piccola da raccontare, sapienza contadina ed apertura al mondo, ingegno, delusioni, riposo. Non a caso Scarrone ricorda che Conzano è uno dei pochi paesi monferrini, ad avere attrezzato il suo cimitero con un’istallazione per dispersione ceneri dei defunti affinché agnostici e fedeli dormano assieme, per l’eternità.

Pietro Gallo