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Prelati monferrini di Aldo Timossi -45

Giacomo Antonio Colli vicario a Novara (dove approvò la costruzione della nota cupola antonelliana) - Consacrato vescovo di Alessandria nel 1867

 

Oh fortunatissima Diocesi! Oh eletta Chiesa Alessandrina! cessa dai lagni ormai, rasciuga le lagrime, deponi le gramaglie ed il lutto, ti adorna di rose le chiome, ti vesti a letizia ed a giocondità, chè le tue preghiere furono esaudite, i tuoi voti compiuti, le tue brame appagate, e pienamente soddisfatti i tuoi desiderii: non più vedova, ma sposa; non più orfana, ma figlia diletta di amorosissimo Padre…”! Con queste parole, nel giugno 1867 il vicario della diocesi di Alessandria, Vincenzo Cova, annuncia la nomina del nuovo vescovo, il casalese Giacomo Antonio Colli. Enfasi più che giustificata, essendo quella cattedra vacante dal 1854.

Nasce a Casale il 16 agosto 1811. I Colli sono una delle tante famiglie omonime, presenti in tutta l’Italia. Quella di Casale è diramata da progenitori arrivati nell’Alessandrino forse dal Milanese nel ‘200/’300, poi diffusi anche in alcuni centri del Monferrato, in particolare a Lu, che ha visto nel 1696 un bravo storico, Benedetto, autore di una preziosa e rara “Historia chronologica ecclesiae S. Evasii de Casali…”. In seminario dicono sia sempre tra i primi della classe negli studi dedicati particolarmente alle lettere e alla filosofia. Non ancora sacerdote, viene chiamato “dal pio non meno che dotto cardinale Giuseppe Morozzo, chiarissimo Vescovo di Novara” (1817-1842), che lo vuole sempre al proprio fianco. Prosegue gli studi di teologia e al tempo stesso impara dal comportamento del prelato le doti che servono per “compiere degnamente l’uffizio episcopale”. Ne scriverà il canonico Giuseppe Maineri, nel momento in cui il Colli farà ingresso ad Alessandria: “… attigneva la prudenza nel maneggio degli affari, la fortezza nel disprezzo degli oltraggi, l'amorevolezza congiunta alla severità nel correggere i peccatori, la pazienza nel tollerar le sventure, la costanza nella predicazione della divina parola, in ogni cosa la temperanza e la sobrietà; attigneva insomma tutte le virtù che deono fregiar l'animo d'un ottimo Vescovo”!

Passato poco tempo, arriva il premio. Il re Carlo Alberto ha ripristinato nel 1833 l’Accademia ecclesiastica di Superga, fondata un secolo prima da Vittorio Amedeo e chiusa in epoca napoleonica, per formare giovani destinati alla carriera accademica e agli alti gradi della gerarchia ecclesiastica; di fatto un modo per avere futuri monsignori vicini agli interessi politici sabaudi. Il cardinal Morozzo non esita a indicare il chierico Giacomo quale allievo della propria diocesi.

Quattro anni di studio e l’ordinazione sacerdotale il 19 dicembre 1835, quindi torna a Novara e dopo poco tempo lo troviamo nel capitolo della cattedrale, con il titolo di canonico teologo. Passano tanti anni di “onorate fatiche”. E’ docente di storia ecclesiastica nel seminario, dimostrando “di quanta dottrina e sapienza avesse la mente ed il petto ripieni”. Per alcuni anni è rettore generale “con gran lode” dei seminari per stanno sorgendo nella vastissima diocesi novarese. Si occupa dei robusti lavori alla cattedrale, rispetto ai quali l’architetto Alessandro Antonelli presenta un progetto di totale rimaneggiamento, approvato nel 1855, e che nei successivi 15 anni vedrà la demolizione e ricostruzione del quadriportico, nonché la demolizione con successiva riedificazione delle navate. Un intervento radicale e contestato, rispetto al quale l’ingegnere milanese Raffaele Pareto, confrontando con la buona sorte della cattedrale casalese (“Il duomo di Casale” in “L’ingegnere-architetto”, Milano 1861) non esita a usare l’aggettivo “barbari”. Oggi quello stravolgimento è quasi dimenticato, e rispetto alla basilica fa premio, per novaresi e turisti, la grande cupola - 121 metri, 126 con la statua in bronzo del Cristo, in tempi recenti sostituita da una copia in vetroresina - ardita opera d’arte dell’Antonelli, che richiese per la costruzione poco meno di quarant’anni.

Per monsignor Colli, il momento clou arriva all’inizio del 1867. Dopo tempi di duro contrasto, che han visto bloccare la nomina dei titolari in decine di diocesi, nel 1865 Pio IX e Vittorio Emanuele II han ripresero i contatti per cercare una soluzione. Tra le sedi vacanti c’è Alessandria e negli ambienti della Curia novarese circola voce che il candidato sia proprio l’arcidiacono presidente del capitolo. Il candidato tenta di rifiutare. Si rivolge alla Segreteria di Stato vaticana per avere notizie e far presenti le proprie riserve, addirittura pregando di ottenere dal Papa l’esenzione dall’incarico, ma il cardinale Antonio Antonelli gli conferma che quella è la volontà di Pio IX, su indicazione, come d’uso all’epoca, del re Vittorio Emanuele II. Il 27 marzo 1867 arriva la nomina, nel corso di un concistoro durante il quale vengono coperte molte altre sedi, in Piemonte quelle di Cuneo, Asti, Saluzzo, Alba.

Il 9 giugno 1867, Pentecoste, la consacrazione in cattedrale da parte del vescovo Giacomo Filippo Gentile, assistito dai titolari di Casale, Pietro Maria Ferrè (appena traslato dalla diocesi di Crema, per sostituire Luigi Nazari di Calabiana), e di Aosta, Giacomo Giuseppe Jans. L’ingresso solenne nella nuova cattedra il 20 ottobre. Dalle parole del vicario Cova, il positivo sentimento all’accoglienza: “Sia nobile gara fra noi di ricambiare con santo affetto l'affetto tenerissimo di chi già ci guarda con occhio di Padre amoroso, di secondare le brame e le sollecitudini di chi viene fra noi a sostenere le veci di Aronne; di cooperare allo zelo di chi fu destinato dalla Provvidenza Divina a salvare le anime nostre”.

Avrà solo cinque anni a disposizione prima di salire al Padre, ma li vive intensamente, visitando le parrocchie della città e del territorio diocesano per amministrare le cresime, sempre ben accolto, con “uomini e donne d’ogni età, d’ogni classe riempiono le vie per recarsi incontro al venerando pastore preceduto dalla fama ben meritata del suo zelo”. Dirà di lui Giuseppe Maineri che predica assiduamente, “ora eccitando i colpevoli a penitenza, ed ora confermando i giusti nel bene intrapreso”. Con le risorse della mensa episcopale e “colle cospicue rendite avute in retaggio dai suoi maggiori” soccorre i poveri, senza dimenticare “i ricchi e gli agiati, cui pure abbonda la città, oggetto gradito delle sue cure”. E’ particolarmente attento al clero. “Sapendo che il benessere di tutta una diocesi dipende soprattutto dalla buona eduzione dei giovani chierici”, è impegnato a migliorare “l’andamento morale del seminario”, introducendo “frequenti esercitazioni scolastiche, affinché gli alunni si avvezzino di buon’ora alle polemiche di religione che dovranno sostenere coi miscredenti in mezzo ad un secolo corrottissimo”. E’ uno dei 224 padri con conciliari durante il Concilio Vaticano I, iniziato nel dicembre 1869 e concluso un anno dopo, sancendo tra l’altro il dogma dell'infallibilità del magistero del Papa in materia di fede e di morale.

Nel 1872, in procinto di avviare la visita pastorale che dovrà affrontare importanti problemi, parte per Roma “per prendere lumi da personaggi e per santità e per dottrina eminenti, nonché dalla limpida fonte d’ogni buono indirizzo e governo”, il Papa. All’arrivo, stanco per le fatiche precedenti e per il lungo viaggio, è colto dalla febbre terzana e viene ospitato nella casa dei Rosminiani. In diocesi si fanno solenni preghiere per chiederne la guarigione, ma è “ormai maturo per il Cielo”. Muore il 1° novembre, festa di Ognissanti. I funerali sono celebrati nella cattedrale di Alessandria,il 18 novembre, dal vescovo di Acqui, Giuseppe Maria Sciandra.

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FOTO. Novara