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Bernard Glénat, un francese monferrrino d'adozione

Intervista a Cave di Moleto

Riccioli brizzolati e spettinati, occhiale nero dal taglio artistico-intellettuale, volto disegnato da solchi ricchi di vissuto, carnagione colorata di spazi aperti e sguardo privo di confini temporali e dell’anima. Si presenta così, con un’aura un po’ bohémien e disordinatamente curata, Bernard Glénat, 65 anni all’anagrafe francese, da 20 anni nel Monferrato e volto noto alle Cave di Moleto.

Lo incontriamo nella sua casa, Villa Celoria, suggestiva e storica cornice architettonica opulenta di vissuto della civiltà contadina locale, arricchita da indirette sfumature di sapori dell’Oltralpe. E’ seduto al suo computer, sistemato in un ufficio en plein air, che si apre nel cortiletto chiuso colorato da rose, torchi e piante verdi, con un calice di rosso accanto al cellulare, mentre scrive o risponde a qualche email.  Approfittiamo della sua cortesia e varchiamo il portone per conoscere il suo grande amore per il Monferrato, che gli corre visibilmente nel sangue, oltre l’epidermide. Originario di Tolosa, cresciuto in una famiglia di architetti (3 generazioni), Bernard interrompe la tradizione, preferendo l’informatica/elettronica. Per 15 anni lavora nell’ambito della finanza poi, per successivi 6 anni, con la sua prima moglie, apre una Fabbrica di Cioccolato. Più tardi, grazie ad un amico biologo conosciuto a Varese, ritorna all’informatica entrando nel Centro di Ricerca dell’Unione Europea, dove collabora al progetto di Cartografia delle Foreste Equatoriali e Tropicali. “Dal 1994 al 2000”, ci racconta, “mi sono dedicato all’evoluzione del progetto climatico e ambientale. Già in quegli anni era chiaro lo scenario, che è oggi emergenza”.

Come arrivasti, poi, nel Monferrato? “Conobbi un commerciante di vino che, un giorno di fine agosto del 2000 mi portò alle Cave di Moleto. Rimasi da subito impressionato. Un borgo affascinante e misterioso alla stesso tempo: tutto era chiuso e non incontrai anima viva”.

Cosa successe? “Il mio amico volle acquistare immobili e circa 100 ettari di terreno, per produrre vino e mi disse: Bernard, pensa a qualcosa per renderlo vivo. Presentami un progetto”. E tu? “Respirai a pieni polmoni. Mi sentii carico di una prospettiva importante. Qualche giorno più tardi ci tornai con mia figlia Marina. Lei mi disse: “papà, tu es fou!” (papà, tu sei pazzo). Passarono dieci giorni e presentai al commerciante il mio progetto per le Cave di Moleto”.

Di cosa si trattò?Di una casa con camere b&b, di un ristorante e di un bar. Mi diedi da fare per costruire il tutto. Gli abitanti del posto, vedendomi fare anche il muratore, mi chiamarono:  mezzo casola (mezzo cazzuola)”.Come si dimostrarono i monferrini nei tuoi confronti? “Inizialmente ci fu molta diffidenza. Erano soliti ripetere:  il francese (cioè io), non arriverà a mangiare il panettone; insomma, erano convinti che non sarei arrivato a Natale e che mi sarei arreso prima”. Invece?Invece, a Pasqua del 2001 aprimmo il ristorante e le camere, nel 2003 prese il via il Bar Chiuso. Dalla gestione passai poi alla comproprietà ed ora sono qui da 20 anni”.

Cosa ti piace del Monferrato? “Tutto, tranne le zanzare. Mi piacciono i paesaggi, i luoghi e la gente con la loro cultura”.Come sono i monferrini ai tuoi occhi?Sono persone magnifiche, ma non ti regalano nulla. La loro generosità è nascosta. Devi scavare a lungo per conquistarti fiducia e amicizia ma, alla fine, si conquistano cose solide”. Cos’altro?Nel Monferrato si sente il sapore dell’anima della terra e della sua gente”. In Francia no? “E’ diventata talmente cosmopolita, che non ha più una sua anima”.

A distanza di 20 anni, ti senti più italiano o francese? “Mi sento prima di tutto monferrino, poi piemontese e, infine, italiano. Qui mi sono radicato e mi sento a casa”. Cosa ti fa sentire veramente monferrino? “I monferrini”. Cosa ti manca della Francia? Il cafè au lait?”. Quali i piatti tuoi preferiti della tavola monferrina? “I piatti che fanno convivialità di gruppo, come la bagna cauda e il bollito”. E i vini? “La Freisa e l’Albarossa, perché sono piccole produzioni dai grandissimi potenziali”. Com’è oggi Bernard?Talvolta collerico e insicuro per l’ossessionata ricerca della perfezione, ma anche socievole, appassionato, giocoso e curioso”. Cosa ti dà maggiore gioia? “La gente e la natura, gli artisti e le persone che hanno sofferto, per la loro grande sensibilità e autenticità”. Con il senno del poi, rifaresti lo stesso percorso? “Sì”. Cosa sogni oggi? “Scoperta continua”. Altri progetti?“Albergo Diffuso alle Cave di Moleto”.

Quante volte ti siedi sull’erba ai piedi della chiesetta romanica e panoramica del Bar Chiuso?Spesso, la mattina, per apprezzare in piena solitudine l’immenso panorama senza confini”.

Cosa manca al Monferrato per decollare? “Il senso di squadra, un ente come lo era Mondo e un leader”. Decollerà mai il Monferrato?“Io ci credo”.  

Chiara Cane