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Personaggi: il vescovo Pietro Secondo Radicati

di Aldo Timossi - Il contenzioso con la corte sabauda

Paggio e poi segretario alla corte dei Gonzaga, uomo d’armi, un breve periodo di studi religiosi, ed eccolo Vescovo di Casale nel 1701. E’ Pietro Secondo Radicati dei conti di Cocconato e Cella (1671 – 1729).

Pratica la disciplina militare e tale circostanza può avere influenzato l’energia del suo atteggiamento da ordinario diocesano”, scrive il casalese professor Alberto Lupano in una preziosa pubblicazione del 2021, “Dai Gonzaga ai Savoia: il vescovo Pietro Secondo Radicati, pastore, giurista, politico”.

In effetti, il carattere deciso ed il fare rigoroso - ha studiato dai Gesuiti - lo porteranno a scontrarsi più volte, oltre che con i Savoia, padroni del Monferrato dal 1708 (dopo un ingresso pacifico a Casale nel 1706, grazie alla mediazione vescovile) con il clero di una diocesi dove, scrive ancora Lupano, “sono cresciuti gli abusi da correggere, circolano tante consuetudini, anche contra legem, tollerate in passato, ora anacronistiche, superate; il novello presule vuole portare ordine giuridico”.

Fin dall’inizio, aldilà del motto ufficiale, il vescovo da ad intendere di voler governare la vigna del Signore all’insegna del “vi faccio vedere chi sono io”! Ovviamente sempre sulla corretta strada delle norme canoniche e giuridiche. Il gregge mal sopporta un pastore imposto dall’alto e creato quasi dal nulla, tanto che va di moda il detto satirico “da risponder bene o male, vada vescovo di Casale”!

Di tanti episodi ci danno conto le notizie storiche (volume 9) di Vincenzo De Conti, scritte oltre un secolo più tardi.

Già l’ingresso in città è curioso. Arrivando da Roma nel Luglio 1701, consacrato vescovo da Papa Clemente XI, “portossi al Torrione di Morano, ove stette sino ad un’ora di notte, quindi entrò in incognito in Casale ad alloggiare nella casa paterna, a porta chiusa per evitare visite”. Solenne ingresso in diocesi il 24 Settembre, con “giubilo universale e spari di mortaretti”, ma il giorno successivo ecco già la messa in riga: ordine di ricognizione per tutti i beni dipendenti dalla mensa vescovile, alla quale dovrà ricondursi ogni entrata.

Nel 1703 inizia una visita pastorale destinata a durare fino al 1726, ed i cui preziosi verbali sono custoditi in otto volumi manoscritti conservati nell’Archivio diocesano di Casale. Non intendendo fare opera storica, distilliamo alcuni momenti del De Conti. Resoconti quasi giornalistici, seppur - precisa lo stesso autore – sulla base di “antichi documenti”, forse anche gli otto volumi con la cronaca minuziosa di quella lunga visita.

In duomo la prima tappa, con il dettagliato repertorio delle reliquie, in primis “la testa di s. Evasio, intiera, fuori della mandibola di sotto, con quattro denti” (nel 1729 risultava “con sette denti, tre di sopra e quattro di sotto”), e la cassetta “molto indecente” con le ossa del Santo, dalla quale sono spariti gli abiti.

Nei confronti della cattedrale e dei suoi canonici, i rapporti non sono idilliaci, anzi, e sfociano nel 1707 addirittura in una loro sospensione a divinis, per non aver voluto addobbare l’altar maggiore in occasione di un pontificale: provvedesse il vescovo direttamente! Sospensione annullata dalla Santa Sede, mentre monsignor Coconato (così sovente lo definisce il De Conti) si trova a Cella Monte per curarsi la gotta; il messo di Rosignano incaricato della notifica è preso a bastonate dai servi dei Radicati.

Si scontra un po’ con tutti, dalle confraternite alle chiese locali, dai catechisti alle “gentildonne” che fanno questua, fino all’aristocrazia, arrivando a scomunicare il conte Giacomo Sacchi di Nemours. A Roma è immaginabile giungano non poche lamentele, tanto che arriva la proposta di trasferimento a Senigallia, cui Radicati si oppone “per il bene della chiesa di Casale”.

Proseguendo il cammino, nel 1712 è a Occimiano. Vorrebbe visitare chiesa e ospizio dei “padri Crociferi” (i Camilliani, fondatori nel 1628/29) ma trova le porte chiuse: senza indugio, interdetto sul tempio e scomunica per i religiosi. Non va meglio all’abbazia di Grazzano. Porte sbarrate, deve pernottare a Calliano: l’abate, di nomina dei Savoia, si è rifiutato di accoglierlo! Stesso trattamento il giorno dopo, deve officiare nella chiesetta di Sant’Anna (demolita nel 1938 per far posto alla Casa del Fascio: N.d.A.). Tenta di entrare nell’abbazia con la forza, il portone viene parzialmente demolito a colpi di scure, finalmente si apre, vescovo e seguito occupano alcune camere, non prima di aver fatto procurare con la forza alcuni sacchi di grano, come rimborso delle spese non sostenute dall’abate!

Già, il seguito. Oggi i vescovi arrivano in visita con autista e segretario, ma in quel tempo il corteo è ben più nutrito. Una ventina di persone, con cocchio, portantina, paramenti, pentolame, vettovaglie e bagagli vari! Tavole rigorosamente separate: 10 posti in quella “nobile”, 8/10 “per l’altra”.

Passano gli anni, la musica non cambia. Al vescovo che chiede si rispettino le proprie prerogative, spesso viene opposta resistenza motivandola con regie indicazioni. Radicati evita talvolta di finire bistrattato. E’ il caso della visita al convento di Monte Sion, a Mombello, dove manda suoi vicari, ai quali si consente l’ingresso in chiesa ma non nel monastero, e arrivano scomuniche e interdetto.

Nel 1726 intende fare personalmente il giro delle grange. A Lucedio l’abate cistercense si rifiuta di ospitarlo, per fortuna viene “lautamente trattato dai fittavoli, del che furono ripresi dei regi ministri, ed anche castigati”! Fa un secondo tentativo qualche giorno dopo, arrivando da Pobietto e diretto a Leri. Stavolta è atteso dal curato e da poche persone, “croce innalzata disordinatamente”, niente baldacchino. Chiuso il portone della chiesa di Sant’Oglerio, raggiunge la porticina laterale, “vile passaggio” commenta il De Conti. Un canonico celebra messa con “suppellettili assai vili”, mentre il vescovo sta “sopra una sedia assai ordinaria”. Ancora interdetto per la chiesa “indecentissima”, che viene sostituita come parrocchiale da quella della vicina Darola.

Monsignor Radicati lascia Casale nel 1727, trasferito a Osimo. Pesano nell’allontanamento le pressioni della corte sabauda: Vittorio Amedeo II ha da tempo un duro contenzioso con il Pontefice in merito alle nomine di vescovi ed abati, nel 1726 Roma riconosce il titolo regio e l’anno dopo il Savoia stipula un concordato con il Papato. Muore il 1º dicembre 1729 e in quella cattedrale viene sepolto. Vien spontaneo chiedersi oggi se potrà mai essere traslato a Casale!

Aldilà delle difficoltà di rapporto con la monarchia, il “degnissimo vescovo” (così lo definisce papa Benedetto XIII) lascia robusti ricordi nella diocesi evasiana, dove ha imposto disciplina a clero e fedeli, magari talvolta eccedendo in zelo. A lui si devono, tra l’altro, conclusione dei lavori e consacrazione della chiese casalesi di San Filippo (1721) e Santa Caterina (1726), e grossi lavori di restauro del palazzo vescovile (al cui interno un soffitto è affrescato con il suo stemma) e del seminario.

Fondamentale il laborioso lavoro diplomatico durante l’assedio di Casale dell’autunno 1706, allorché evita che lo scontro degeneri e le truppe sabaude entrano nella città, lasciata dai francesi, senza saaccheggiarla.

aldo timossi