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Due concerti della Monferrato Classic Academy

Martedì 6 agosto, presso l'Auditorium di Santa Chiara, e mercoledì 7 agosto nella chiesa di Sant'Ilario, sempre alle ore 21

A Casale Monferrato proseguono le lezioni magistrali della Monferrato Classic Academy (MCA) promosse da Sabrina Lanzi, pianista e creatrice della Monferrato Classic Orchestra (MCO) e della rassegna Monferrato Classic Festival (MCF), con "Prassi strumentale barocca", la Masterclass del Maestro Gianluca Petagna.

La Masterclass di Petagna, che si sta svolgendo dalla scorsa settimana presso l’Auditorium Santa Chiara, in via Faccino Cane, termina con due concerti finali: martedì 6 agosto, presso l'Auditorium di Santa Chiara, e mercoledì 7 agosto nella chiesa di Sant'Ilario, sempre alle ore 21. I concerti, con formazione d'archi, clavicembalo, pianoforte e organo, sono diretti da Samuele Mannarino. I partecipanti della Masterclass sono: Stefano Cattaneo (viola), Enrico Maria Guidi (violino), Marcello Maria Pozzi (violino), Matilde Mezzadri (violoncello), Thomas Edwin Flury (piano, clavicembalo, organo), Aurora Giolito (violino), Gianni Golinelli (organo e clavicembalo), Jampa Furini (pianoforte e clavicembalo) e Annamaria Mazzotta (clavicembalo). Il programma è molto emozionante, a mio modesto avviso.

La Masterclass tenuta dal Maestro Gianluca Petagna è stata dedicata al repertorio seicentesco, settecentesco organistico, alla pratica del Basso continuo in Italia Francia e Germania, con approfondimenti inerenti alle trattatistiche dei periodi studiati ed esercitazioni con ensemble d’archi e introduzione all’improvvisazione.

I due concerti proposti martedì e mercoledì offrono tanti spunti di interesse e alcuni momenti musicali meritano un approfondimento per l’ascolto. Chi scrive collabora a queste preziose lezioni magistrali della MCA perché considera queste Masterclass come dei riti, che sono nel tempo quello che la casa è nello spazio. Perché è bene che il tempo che passa non dia apparentemente l’impressione di logorarci e disperderci, come una manciata di sabbia nell’orologio a polvere, ma di perfezionarci. È bene che il tempo sia una costruzione, dove ogni passo ha un suo significato per renderci migliori.

Il primo brano proposto è di Bach, la Sarabanda dalla Suite inglese in la minore.

Il secondo pezzo è di Vivaldi: il primo movimento, Allegro, del Concerto in sol minore per archi e basso continuo, Rv 157. Merita un approfondimento questo celebre concerto vivaldiano, con quel “magico” primo movimento, in tempo comune, notevole per il suo ostinato, un basso cromatico discendente (passus duriusculus) della durata di 10 battute. L'ultima battuta della cadenza che torna alla tonica è anche la prima battuta della successiva iterazione del fondo: è così che Vivaldi arriva a 10 battute e non a 12 (con pause). Una progressione simile è impiegata in RV 156, sempre in sol minore, ma lì il fondo è lungo 14 battute (sempre in tempo comune). Il «concerto ripieno» è un concerto per orchestra a quattro parti (due violini, viola e basso: cioè, il cosiddetto «ripieno»), senza solisti. Coltivato tra la fine del Seicento e i primi decenni del secolo successivo da autori come Torelli, Albinoni, Dall'Abaco, il concerto per orchestra godeva di particolare fortuna a Venezia. Vivaldi scrisse, per la massima parte dopo il 1720, una quarantina di «concerti ripieni», con una sola eccezione rimasti manoscritti vivente l'autore e che nel complesso rappresentano uno dei settori più affascinanti della sua vastissima produzione strumentale. Lo spartito originale, con altri tesori del “Prete Rosso”, è conservato alla Biblioteca Nazionale di Torino ed è notevole per la qualità della scrittura, spesso ritoccata dallo stesso compositore. Vivaldi concepisce il concerto per orchestra come un genere particolarmente congeniale alla sperimentazione: in effetti l'assenza dell'elemento solistico, che presuppone un virtuosismo in sé dispersivo e centrifugo cui dare adito in appositi episodi, consente all'autore di concentrale l'attenzione sull'aspetto propriamente compositivo. Sia pure in modo indicativo, i concerti per orchestra di Vivaldi possono essere suddivisi in tre gruppi: concerti di stile e impegno compositivo elevato connotati da scrittura contrappuntistica ed elaborazione tematica, concerti di piccole dimensioni e di tono leggero prossimi al modello della sinfonia operistica e infine concerti improntati a una medietà di formato e registro. I concerti per orchestra non erano scritti soltanto per l'orchestra della Pietà, l’Ospedale veneziano in cui Vivaldi lavorava con dedizione, ma “accontentavano”, per così dire, anche i fini palati nordici, francesi, tedeschi, inglesi, ovvero le richieste di una clientela internazionale. La raccolta dei dodici concerti di Parigi fu probabilmente assemblata nel corso degli anni Venti per un committente transalpino e rappresenta una specie di catalogo delle varie accezioni e sfumature del «concerto ripieno» vivaldiano.

Il Concerto in sol minore RV 157 è un superbo esempio di elevatezza stilistica e unitarietà espressiva; il tono è scuro e di intensa introspezione. Forse Vivaldi l'ha collocato in apertura di raccolta per gli elementi che, pur molto vivaldiani di per sé, potevano essere intesi come omaggio alla tradizione francese. Ad esempio, la serie di variazioni su basso ostinato che costituisce la forma dell'Allegro iniziale e il ruolo pervasivo del ritmo puntato nel tempo centrale.

L'Allegro di testa configura un autentico tour de force compositivo, di cui è fondamento un basso cromatico discendente all'epoca di uso corrente spesso utilizzato da Vivaldi. Le singole apparizioni del basso sono accoppiate in modo da allineare dieci unità o variazioni, all'interno di ciascuna delle quali i violini I e II si scambiano le parti. Ma l'intera tessitura orchestrale è concepita in termini contrappuntistici poiché anche la viola vi contribuisce attivamente con una parte indipendente.

Il terzo brano proposto dalla Masterclass è il Largo dalla Sonata Rv 46 in si bemolle maggiore di Vivaldi per violoncello e continuo. Si prosegue poi con il Concerto Rv 127 di Vivaldi e ancora dall’Estro Armonico di Vivaldi, op.3 n.8. Seguono, quasi in una specie eccentrica di viaggio nel tempo, l’opera di Antonin Dvoràk op.22, Serenata n.1 e di Bach, il Largo dal Concerto n. 5 in fa minore per cembalo BWV 1056.

Questo “Largo” di Bach è una pagina sublime del concerto composto nel 1738. Il Concerto in fa minore per clavicembalo e archi BWV 1056 è la trascrizione di un concerto per violino in sol minore perduto. La sua struttura formale è molto semplice e lineare e ricalca lo stile tipico della musica italiana coeva; qui Bach preferisce la concisione (è il concerto più breve dell'intera raccolta) a scapito della consueta densità polifonica. Il secondo tempo era già stato utilizzato come sinfonia con oboe solista nella Cantata BWV 156. Il Largo è uno straordinario canto nostalgico, condotto in assoluta libertà musicale dal clavicembalo sopra il pizzicato degli archi: una pagina davvero indimenticabile nella storia della musica.

Gli ultimi brani proposti sono la Sinfonia n. 10 per archi in si minore di Mendelssohn, il Preludio e fuga n. 21 in si bemolle maggiore dal primo volume del clavicembalo ben temperato​ di Bach e la celebre “Estate” dalle Quattro stagioni di Vivaldi.

Qualcuno si chiederà: perché un brano di Mendelssohn tra due pezzi celebri di Bach?

Felix Mendelssohn fu il propugnatore dell’opera di Bach nell’Ottocento. Ricordiamo anche che Mendelssohn era dotato per qualunque cosa volesse fare, come una bellissima pittura ad acquerello. Nel libro di John Eliot Gardiner, La musica nel castello del cielo. Un ritratto di Johann Sebastian Bach, il direttore d’orchestra di fama mondiale, ha riprodotto l’acquerello di Mendelssohn che rappresenta una veduta della Thomasschule con la Thomaskirche sotto la neve durante lo stesso inverno in cui, come direttore principale dell’orchestra del Gewandhaus di Lipsia, introdusse una serie di quattro “Concerti Storici”: una specie di breve storia della musica per suoni. Il suo patrocinio della musica di Bach può essere fatto risalire al 1823, quando sua nonna materna gli diede una copia del manoscritto della Passione secondo Matteo, una partitura che s’impadronì della sua immaginazione e che lo condusse a concepire l’idea di ripresentare in concerto quest’opera completamente dimenticata, nel 1829 a Berlino e nel 1841 a Lipsia.

Roberto Coaloa

FOTO. Sabrina Lanzi al centro della foto tra gli allievi della Masterclass e i Maestri Samuele Mannarino e Gianluca Petagna

Roberto Coaloa