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Non c'è due senza tre…
Tutto esaurito anche per Roberto Plano alla Filarmonica - Ddopo ben tre bis viene circondato dagli spettatori in piedi ad acclamarlo
Si sa: non c’è due senza tre…
E così eccoci a raccontare il successo anche del terzo appuntamento della stagione concertistica della Accademia Filarmonica di Casale. Tutto esaurito anche per Roberto Plano, protagonista davanti allo Steinway di Palazzo Treville, replica delle scene già viste: con l’artista che dopo ben tre bis viene circondato dagli spettatori in piedi ad acclamarlo e stringergli la mano.
Non sorprenderebbe se il prossimo esecutore fosse sollevato in trionfo. È merito dell’atmosfera trasmessa dalla sala, con un pubblico in cui è facile riconoscere i musicisti e gli appassionati di musica del territorio, ma anche dall’affabilità famigliare del direttore artistico Sergio Marcheggiani e dalla Presidente Serena Monina.
Fino ad oggi nessuno si è ingessato in frac, Plano si presenta in dolcevita nera e, visto che questa sera si parlerà tanto di Arturo Benedetti Michelangeli, potrebbe non essere casuale la scelta dell’outfit preferito dal pianista bresciano. Nell’ambiente internazionale però è accostato a Rubinstein o definito “il Pavarotti del pianoforte”, per la grande contabilità che sa imprimere allo strumento. E in effetti presenta un programma che esalta tutta la sua abilità sul legato e la straordinaria capacità di fraseggio. Si capisce perché Marchegiani lo definisce un artista di grande maturità: Plano è in grado di fare scelte stilistiche precise che imprimono personalità alla sua esecuzione, ascoltarlo significa partecipare a una melodia universale e infinita. Letteralmente, perché decide di eseguire i pezzi in programma senza soluzione di continuità e se nella prima parte, tutta dedicata a Schubert, questo rientra ancora nella prassi esecutiva di non applaudire brani dello stesso autore, dopo l’intervallo la collazione di Mompou, Ponce Cuellar e Ginastera proietta l’ascoltatore in un mondo ispano latino, dove conta più l’atmosfera che gli stili.
A gusto personale lascia un po’ disorientati, ma non è che sia un’esperienza negativa, considerando la straordinaria bravura dell’autore nel portarci in un mondo di sogni che non è bello interrompere. Del resto, neanche il programma è convenzionale, l’unico brano “popolare” sono i Klavierstucke D 946 di Schubert, poi del compositore viennese ascoltiamo l’Allegretto in DO minore D 915: un vero omaggio a Beethoven (si veda l’Allegretto dell’op 10 n 2) e il delizioso, Kupelwieser Walz, tramandato oralmente dalla famiglia Kupelwieser e trascritto da Richard Strauss. Il secondo tempo è tutta una rivelazione: bastano poche battute delle Impresiones Intimas e Federico Mompou, così ieratico e decadente, diventa il compositore preferito di tutti. L’intermezzo del Messicano Ponce Cuellar è una canzone uscita da un vecchio grammofono che va dritta al cuore. Ginastera mette energia ed esalta il lato virtuosistico di Plano nel finale.
Ma è il primo bis la vera epifania del concerto: Black Earth del compositore e pianista turco Fazil Say, con la mano sinistra di Plano che entra nella cassa del piano a fare da sordina sulle corde per imitare il suono del Saz.
Dopo gli applausi propone un altro pezzo di Mompou che anche Michelangeli utilizzava in questo ruolo. Ed è un modo per collegarsi al prossimo appuntamento della rassegna dedicato proprio al “concerto fantasma” che Michelangeli avrebbe tenuto alla Filarmonica nel 1949. Infine, conclude con un vorticoso tango del compositore messicano Carrasco: “Adios”, ma tutti vorrebbero fosse un arrivederci
Alberto Angelino
(foto ellea)