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Gad Lerner in Filarmonica
Gran pubblico per il libro “Gaza - Odio e amore per Israele” presentato con Davide Assael
Accademia Filarmonica di Casale strapiena domenica 27 ottobre per Gad Lerner impegnato nel presentare il suo saggio “Gaza - Odio e amore per Israele”, insieme al filosofo e collaboratore di Limes Davide Assael.
Un successo di pubblico prevedibile, considerato l’affetto che lega il giornalista al Monferrato, dal suo buon retiro nella valle Cerrin, al suo essere stato più volte protagonista della vita culturale del Complesso Ebraico di vicolo Salomone Olper.
Anche per questo le primi parole di tutti, a cominciare dalla presidente dell’Accademia Serena Monina, sono per Elio Carmi, che un anno fa, poco prima della sua scomparsa, era con Lerner in questa stessa sala per presentare la sua biografia “Fai che farlo”. Al suo ricordo si aggiunge quello di Giorgio Ottolenghi, due grandi casalesi alla guida di una Comunità ebraica che ha fatto del dialogo, anche scomodo, il fondamento della convivenza.
E’ Roberto Gabei, Presidente della Fondazione Casale Ebraica, organizzatrice di questo incontro insieme alla Filarmonica, a ribadire la necessità di questa incessante spinta a comprendere: “Il libro trasuda di un desiderio di pace nell’esplorare le motivazioni delle parti in causa”. “Il clima è difficile e il momento doloroso – gli fa eco Daria Carmi – La polarizzazione del dialogo è più mediatica che reale perché, quando ci si incontra, si sente l’esigenza di capire. Questa serata è un laboratorio: quando questa guerra finirà, dovremo ricostruire e la storia ci chiamerà ad usare le parole giuste per dare un futuro per tutti”. La folla Palazzo Treville è qui anche per questo: là fuori c’è un’angosciante attualità, su cui ognuno sente la necessità di orientarsi e, a dispetto del titolo, il saggio non è una cronaca del terribile pogrom scatenato da Hamas contro Israele il 7 ottobre 2023, né della guerra che ne è seguita, piuttosto la sintesi di una lunga, sofferta riflessione sull’evoluzione della società e della politica di Israele e del Medioriente. Un pensiero che, come spiega Assael, coinvolge direttamente la storia personale di Lerner la cui famiglia vive in gran parte in Israele, il suo essere studioso di mistica ebraica e di messianesimo, inteso come sguardo utopico verso forme di convivenza e, infine, la sua profonda conoscenza geopolitica mediorientale. Lerner però è molto più incisivo: “Ho scritto questo libro perché non volevo pensare di aver buttato via una vita impegnata nel dialogo". Un libro che, premettendo la ferma condanna del terrorismo e di Hamas, concentra l’attenzione sulla necessità di un confronto politico israelo - palestinese capace di rimettere in gioco le forze moderate. Un’utopia secondo le sue stesse premesse, ma sempre meglio della “distopia con cui oggi i gruppi dirigenti dei due contendenti hanno due visioni speculari nel rivendicare la stessa terra”. Cita Golda Mayer: “Diceva che Israele avrebbe vinto perché gli ebrei non avevano un altro posto dove andare. Ma anche i Palestinesi possono dire le stesse identiche parole”.
C’è l’amore per Israele: “Sono sionista, devo al sionismo la mia vita”, dice ricordando la storia di famiglia, ma al contempo la critica alla visione totalitaria in cui potrebbe cadere: “O siamo amorevolmente capaci di sviluppare un dissenso all’interno di un mondo ebraico, oppure la nostra denuncia della barbarie di Hamas e Hezbollah è vana”.
E’ sull’antisemitismo crescente che il dibattito si spacca: Lerner vede un nesso tra la ripresa di antichi pregiudizi e il comportamento dello stato di Israele e trova necessario “Parlare anche con chi usa le parole sbagliate, con chi oggi identifica il comportamento di Israele con i pregiudizi e banalità. Se no siamo finiti, questa guerra l’abbiamo già perduta”.
Ma Assael non è d’accordo: cita l’aumento del 400% di attacchi antisemiti e ricorda come il suo storico impegno contro l’islamofobia non abbia, oggi, nessun corrispettivo nell’abbattere il più becero antisemitismo.
E se l’intento della presentazione era stimolare le domande del pubblico non serve altro per scatenare una selva di mani alzate. Sfilano dubbi e incertezze, ma anche testimonianze dirette come quella di Angela Luparia, volontaria in Cisgiordania per un’organizzazione umanitaria.
Due ore che finiscono nello spirito di ricerca con cui sono iniziate. Come sintetizza la stessa conclusione di Lerner: “Bisogna rifuggire dalle semplificazioni e agire nel rispetto di una tragedia che coinvolge due popoli, entrambi vittime. Che, o acquisiscono consapevolezza del dramma dell’altro, o continuano una carneficina. E’ una tragedia di fronte alla quale dobbiamo saperci muovere con il dovuto rispetto”.
Alberto Angelino.
(foto ellea)