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Prelati monferrinii di Aldo Timossi

Emiliano Manacorda, da Penango, amico e consigliere di don Bosco, vescovo a fine ‘800

 

Amico e consigliere di don Bosco, vescovo a fine ‘800, a soli 38 anni, in un momento critico per la Chiesa, che per la prima volta assume posizioni ufficiali su questioni sociali e politiche, Emiliano Manacorda nasce a Penango, diocesi di Casale, il 16 (per qualche fonte, il 6) agosto 1833, da Filippo e Giovanna Gatti (“famiglia cospicua” scrive il sito web di quel Comune). Studi nel seminario casalese, il 9 ottobre 1859 è ordinato presbitero dal vescovo Nazari di Calabiana.

Prima destinazione a Cuccaro, come economo e collaboratore del parroco Francesco Toso, un “ottimo prevosto che ama del più caldo affetto e in egual misura è riamato”, tra i due “stima e fiducia reciproca sono portare al massimo grado”.

Nel 1861 è a Padova per intraprendere gli studi di diritto civile e canonico, quindi passa all'Università "La Sapienza" di Roma, dove consegue la laurea in teologia, e “utroque iure”, cioè diritto civile e canonico. Dopo aver frequentato per quattro anni lo studio dell'avvocato del Sacro Concilio, arriva la nomina quale referendario del Supremo tribunale di segnatura di giustizia, seguita da quella di “abbreviatore” della Cancelleria Apostolica il cui incarico consiste nel redigere le bozze e poi preparare in forma compiuta le bolle papali, le note pontificie e i decreti concistoriali, prima della stesura definitiva. Tali funzioni gli meritano, come prassi, l’inserimento nella Famiglia pontificia, con la dignità di cameriere d’onore e di prelato domestico di Papa Pio IX. Il Pontefice apprezza l’impegno e la saggezza di Manacorda, affidandogli tra l’altro il compito di studiare il problema della “prolungata vacanza delle innumerevoli sedi, che nella misera Italia sono prive già da gran tempo del presidio dei loro Vescovi”.

Per la Chiesa sono tempi molto critici. Con l’Unità d’Italia del 1861 si è aggravato il rapporto tra Stato e Santa Sede, già critico dal ’55 quando la scomunica aveva raggiunto tutti coloro che, Re compreso, avevano approvato una legge per la soppressione degli istituti religiosi, nonostante la dura opposizione dei cattolici, in testa il vescovo di Casale, Nazari di Calabiana. In questo clima, proprio a Roma viene a saldarsi una positiva amicizia tra Manacorda e il futuro santo Giovanni Bosco, che negli anni immediatamente precedenti e seguenti l’Unità d’Italia (1858-1873) è in costante relazione epistolare con il Pontefice, “sia per interessi direttamente legati alla Società salesiana avviata nel 1854, ma anche per riferire sulla preoccupante situazione in cui vive la Chiesa in Piemonte, per incoraggiarlo nella difesa della fede contro i nemici della religione, per trasmettergli eventualmente riservate informazioni in suo possesso” (interessante sul tema: Istituto Storico Salesiano, Fonti salesiane 1: Don Bosco e la sua opera, Roma, LAS, 2014).

Tra le sedi vacanti, c’è anche Fossano, priva di vescovo dalla scomparsa di monsignor Luigi Fantini nel 1852. E’ proprio don Bosco a “implorare” il Papa di voler dare una guida a quella diocesi, e a suggerire il nome di monsignor Manacorda, che nel frattempo si è molto impegnato su temi politico-sociali di attualità - dal materialismo al socialismo e comunismo, al nichilismo - considerati come mali della società contemporanea e che confluiranno nell’enciclica di Leone XIII “Quod apostolici muneris” del 1878. Il 24 novembre 1871 arriva la nomina, e il successivo 31 dicembre, nella basilica romana di Sant’Apollinare, la consacrazione dalle mani del cardinale Costantino Patrizi Naro.

Il 19 marzo 1872 fa il solenne ingresso in diocesi. Inizia immediatamente la visita pastorale, convinto di dover eliminare i disordini in campo religioso provocati dalla ventennale assenza di un vescovo. In tale ottica pone mano anche ad una “drastica riforma del seminario, caduto in preda all'indisciplina e alla corruzione”; per tre anni i locali seminariali saranno sua abitazione, essendogli impedito dalla legge del 1855 di occupare il palazzo vescovile. “Quando il clero ha compreso lo zelo e il carattere del pastore, è pronto il Sinodo, celebrato nel 1882, tutto steso ed elaborato dal vescovo”. La gente gli vuole bene, ascolta con attenzione le sue prediche e considera con interesse il contenuto delle lettere pastorali. S’interessa degli operai, dei poveri e dei bisognosi, li difende con la sua autorità e li soccorre.

Particolare attenzione è rivolta al santuario di Cussanio, la cui origine risale a un episodio accaduto l’8 maggio 1521, quando il pastore Bartolomeo Coppa, sordomuto dalla nascita, ha la visione della Madonna, che - secondo la tradizione - “gli dona l’udito e la parola, quindi gli affida la missione di richiamare, come Suo messaggero, gli abitanti di Fossano alla penitenza ed al pentimento delle colpe, per evitare di venire colpiti dalla giusta ira divina”. Sul sito dell’apparizione viene eretta una piccola chiesetta, restaurata e ingrandita a fine ‘500, affiancata in epoca successiva da un convento degli Agostiniani. Dopo la bufera napoleonica, tempio e monastero passano al demanio statale e sono abbandonati. Il vescovo Manacorda, colpito da tanto sfacelo, si affida alla Vergine Maria, pregandola di un aiuto per rientrare in possesso di quei beni e poterli ristrutturare. Ancora una volta è quasi un miracolo, il tribunale riassegna il compendio alla diocesi. Partono lavori di robusto rifacimento: la chiesa a navata unica viene prolungata, il vecchio coro trasformato in presbiterio, edificate due navate laterali e gli altari di marmo diventano sette. Al centro della navata si eleva una maestosa cupola e sul fronte principale viene ricostruita interamente la facciata. Nasce quello che oggi è il grande santuario mariano Madonna della Provvidenza.

Accanto all’azione pastorale in diocesi, di tutto rilievo il suo intervento sui grandi temi politico-sociali del tempo, affrontati a mente delle encicliche pontificie di Leone XIII (“Quod apostolici muneris”, “Humanum genus”, “Rerum novarum”). Attività ancora oggi considerata, indagata e commentata dagli studiosi di politica, e che di fatto gli è valsa la nomea di presule retrogrado, esponente di una vecchia guardia di vescovi. Attività - specie quella contro la nascente idea di democrazia cristiana - che si può capire alla luce dello zelo religioso di Manacorda, preoccupato di difendere il Vangelo e il Papa, e che - si legge nell’ottima biografia presente nel “Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 68 (2007) - “un certo modernismo sociale, predicato con tanto zelo dai democratici cristiani, potesse anche tradursi in un modernismo teologico con gravissime conseguenze sul piano dottrinale”.

Il vescovo che “per trentotto anni ha retto con sapienza ammirabile le sorti della diocesi fossanese”, muore il 29 luglio 1909 a Fossano. Sepolto dapprima nel cimitero cittadino, è solennemente traslato il 9 maggio 1921 nella tomba marmorea presso il Santuario di Cussanio. E’ ricordato anche come fondatore di due periodici locali, la Gazzetta di Fossano (1889) e La Fedeltà (1898).

aldo timossi