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La Sinagoga delle rose dal 23 giugno

16 autori eccezionali per una mostra che sotto il segno di un fiore racconta come sono cambiati i linguaggi dell’arte italiana

 

 -Sedici autori, diciotto opere e un unico tema: un fiore simbolicamente così potente da attraversare epoche e stili. È quanto si potrà vedere in LA SINAGOGA DELLE ROSE, mostra che si inaugura Il 23 giugno alle ore 11, nel Complesso Ebraico di Casale Monferrato di vicolo Salomone Olper e che sarà visitabile fino all’8 settembre del 2024.

Tutto parte dalla festa di Shavuot, appena conclusasi che, sette settimane dopo Pesach, ricorda il dono della Torah agli uomini. All’arrivo della legge divina la stessa natura rifiorisce e così anche la sinagoga di Casale viene adornata con rose per celebrare questa ricorrenza. Un motivo florale che riprende quello ben presente anche nelle decorazioni sulla volta della sala. Così Daria Carmi, Presidente della Comunità Ebraica e Curatrice del Museo dei Lumi insieme a Marco Porta, alla guida del comitato artistico della Fondazione Casale Ebraica, hanno scelto di proporre questo fiore come protagonista di un singolare excursus tra artisti italiani. “Sarà un viaggio capace di fotografare una ricerca espressiva dagli anni 50ai giorni nostri - spiega Daria Carmi - mostrando come sono cambiati i linguaggi in oltre mezzo secolo di storia dell’arte italiana”.

Alcune strade di questo percorso sono giocate sull’Ironia o sul gioco di parole, come l’uso che fa Aldo Mondino della materia, o nella creazione di Gianatonio Abate “Macchina per la fabbricazione delle rose bucate”. Sarà anche un’occasione per il pubblico di approfondire alcuni autori che sono presenti nel Museo dei Lumi: quali lo stesso Mondino, Corrado Bonomi, Elena Caterina Doria, Camillo Francia, Marco Lodola, Mirco Marchelli, o Lele Luzzati di cui potremo vedere l’iconico Rabbino delle Rose creato per il festival Oyoyoy! Ritornerà a disposizione per il pubblico anche la stampa di artista “Porta per il futuro”, di Angelo Castucci, nata per la festa di Shavuot del 2020 e per la ripresa dell’attività della Sinagoga dopo la pandemia. Come allora le stampe saranno omaggiate a fronte di un contributo liberale alla Fondazione Casale Ebraica ETS per valore minimo di 30 euro. Un’altra opera che farà riferimento al mondo ebraico sarà quella di Elena Doria, scaturita da una poesia di Gertrude Stein.

Ci sono poi lavori che hanno una storia particolare come “Comizio” di Don Mauro Maria Santolini, sacerdote e al contempo esponente dell’Art brut. E altre che hanno acquistato un significato peculiare per questa comunità, come “Orsetto e le api” dell’illustratore genovese Attilio Cassinelli, scomparso il 7 giugno del 2024. Una tela che nell’intenzione di tutti avrebbe voluto essere il primo passo verso una collaborazione duratura e invece, diventa un modo per salutare questo artista ed esprimere la vicinanza alla famiglia per questa perdita.

Marco Porta entra nel merito della scelta degli autori: “Quando Daria Carmi mi ha chiesto di pensare con lei a una mostra sulle rose mi è venuta subito in mente la bellissima opera di Mario Dellavedova Solitudine Erosa. E’ nata così una riflessione su un’opera intensa e suggestiva di un autore che pur avendo posto in gallerie importanti del mondo forse non ha avuto la notorietà che meritava. Così abbiamo pensato di accogliere attorno a lui artisti anche famosi, ma che sarebbe doveroso avessero un ulteriore riconoscimento dal pubblico di oggi. Da ultimo un pensiero al mio carissimo amico Attilio Cassinelli che è mancato pochi giorni fa e che era doveroso ricordare”.



La Sinagoga delle Rose sarà visitabile fino all’8 settembre 2024 - Ingresso libero

Orari: domenica 23 giugno e tutte le domeniche dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 17,30, da lunedì a venerdì solo su prenotazione al 0142 71807 dalle 8,30 – 12,30, chiuso il sabato

Le opere esposte

 

Gianatonio AbateMacchina per la fabbricazione delle rose bucate 1991

Una macchina plastica, icona dell’artista, realizzata nella sua tipica tecnica esplorata dagli inizi degli anni 80 a metà degli anni 90, con il suo linguaggio ibrido, che unisce pezzi strutturali geometrici a fotografie e figure realistiche, in questo caso rose su carta adesiva. Questa macchina per fare rose bucate è statica, immobile, sembra incarnare una vocazione produttiva non utilitaristica e “antifunzionale” seppur con una vena di sarcastica ironia.

 

Maurizio Bertinetti Solo rose 1986

Cifra distintiva dell’artista, dal sapore tipicamente italiano di quegli anni, è l’ironia meta testuale espressa dalla relazione fra soggetto, titolo, materiale e supporto. “Solo rose” è un titolo pienamente descrittivo per questo quadro che raffigura un campo pieno pieno di rose, disegnate con un segno materico e un uso del colore che richiama l’impressionismo. Il riferimento concettuale è alle famose ninfee di Monet, sia per similitudine che per contrasto, infatti davanti a noi vediamo “solo” rose.

 

Corrado Bonomi Mazzo di rose

Un mazzo di rose rosse. Le rose iconiche dell’autore, create a partire da elementi plastici in uso nel giardinaggio. La materia che solitamente è funzionale alla vita domestica delle piante diventa materiale compositivo, generando una riflessione metatestuale ed ecologica. L’opera qui esposta dialoga idealmente con la Chanukkia disegnata dall’artista per il Museo dei Lumi, composta da 9 rose e ispirata proprio alla festa di Shavuot.

 

Attilio Cassinelli Orsetto e le api 2022

Un orsetto rosso cammina portando in braccio un mazzo di fiori ben più grande di lui. Fiori azzurri, gialli e rossi fra tante foglie verdi. Un mazzo così profumato che sei api gli volano vicino seguendone il profumo. Un disegno pieno di vita e movimento nonostante la bidimensionalità, nell’inconfondibile stile dell’artista che nonostante i suoi 101 anni ha sempre saputo dare voce al suo, e di ciascuno di noi, bambino interiore.

 

Angelo Castucci Shaar Leatid 2020

L’opera nasce come stampa d’artista per celebrare la riapertura del complesso ebraico dopo la chiusura per la pandemia di covid, che ha coinciso con la festa di Shavuot del 2020. Il soggetto è la fotografia del soffitto della sinagoga su cui è posta una grande rosa rosa disegnata nello stile tipico dell’erbario. Non dietro la rosa ma davanti, l’artista riporta la scritta realmente sulla volta celeste “Questa è la porta del cielo”, a indicare il cielo sopra la sinagoga e la vita oltre la vita. Da qui il titolo dell’opera “Porta per il futuro”, augurio di un futuro di rinascita

 

Mario Dellavedova Solitudine erosa 1997

Quindici vasi in fila, con base e altezza identiche ma bocche una diversa dall’altra. A guardarle bene ogni bocca ha la forma di una lettera, le lettere appunto che in sequenza “scrivono” il titolo dell’opera: Solitudine erosa. Nel quintultimo vaso, che corrisponde alla lettera “e” è posta una rosa vera. Questa rosa agisce come un “segnapunto”, restituendo il carattere giocoso caratteristico dell’artista: la “e” è congiunzione cui segue il sostantivo “rosa” ed al contempo l’inizio dell’aggettivo “erosa”.

 

Elena Caterina Doria A rose is a rose, is a rose, is a rose 2024

Otto pannelli di legno, disegnati con bic colorate, scandiscono la frase che dà il titolo all’opera. Parte di una complessa poesia di Gertrude Stein viene interpretata sensorialmente dall’artista che ne disegna il suono della voce e le immagini che le associa creativamente. Nasce così un nuovo racconto che ha a che fare con la vita, quella del fiore ma anche quella umana.

 

Flavio Favelli Senza titolo 2000

Cinque piatti “trovati” che l’artista “estrae” dall’uso abituale per dare loro nuova vita. Su ognuno troviamo una serigrafia che solo apparentemente e ad uno sguardo distratto è la stessa: un uomo incappucciato seduto al centro del piatto con accanto una pianta. L’uomo e la seduta sono grigi, identici in tutti e cinque i soggetti. A cambiare è il fiore, elemento marginale che diventa qui poetico protagonista, non grigio ma a colori, vitale e mutevole. Forse un invito a prestare attenzione a ciò che abbiamo attorno, solo apparentemente secondario.

 

Camillo Francia Senza titolo 2009

Un mazzo di rose, ben leggibile nonostante lo stile astratto dell’artista. Rose rosse, carnose, ricche di petali e nel massimo della fioritura poggiano in un vaso dalle facce scomposte nei toni del blu. La composizione su fondo verde è eseguita nello stile compositivo di Francia, fortemente materico e gestuale dai piccoli segni, forme, incisioni, che qui sembrano veicolare ed espandere il profumo delle rose.

 

Maurizio Galimberti Senza titolo 1997

Una polaroid con dedica, raffigurante una donna che sceglie un mazzo di rose viola, stagliandosi sulla composizione floreale che funziona come una parete dai colori accesi. Il soggetto è reso armonico dalla relazione fra soggetto e sfondo ma anche dai colori brillanti dei fiori, dal bianco sovraesposto e dal nero intenso, cromie ulteriormente uniformate dalla specifica texture della polaroid. La polaroid è stata maneggiata dall’artista durante l’azione impressionante dell’emulsione per ottenere una cornice sui toni del rosso e del giallo, con sfumature arancio e viola, che richiama cromaticamente i fiori.

 

Marco Lodola Rosa 1997

Una grande rosa, profilata nel plexiglas tanto esplorato dall’artista, tipicamente trattato da grandi campiture di colore pieno a coprirne la trasparenza. Senza contorni: è il colore a disegnare gli elementi che compongono il fiore, così il rosso si fa forma per i petali e il verde per il gambo, e crea il volume di una grande rosa bidimensionale dal profumo pop. Nel patrimonio del Museo dei lumi è contenuta una Chanukkia donata dall’artista.

 

Emanuele Luzzati Il Rabbino delle Rose altezza base 2006

Questa piccola scultura nasce come “premio” del Festival della Cultura Ebraica OyOyOy, che ha animato Casale e il Monferrato dal 2006 per alcuni anni. Si tratta di un rabbino in terra rossa con una grande rosa smaltata di bianco in mano. Anche il suo volto è smaltato e disegnato da poche precise pennellate. Un’opera nello stile classico dell’artista tanto partecipe alle attività del complesso ebraico casalese. Fu proprio lui, Emanuele Luzzati, a ricevere per primo questo premio nel primo anno della kermesse.

 

Mirco Marchelli Giardino religioso 2008

Le opere di Marchelli sono assemblaggi di frammenti di mondo. Trovati, raccolti, trattati con colori e colle, figure geometriche semplici vengono collocate ritmicamente sul supporto dell’opera. Qui singoli petali nei vari toni dell’azzurro e del verde scandiscono una sequenza colorata come se il fiore si rivelasse in maniera mutevole, progressiva, con il passare del tempo, il cambiamento della luce e della prospettiva.

 

Gino Marotta Rosa riso 2008

Marotta è un artista noto per la creazione di figure semplici, spesso piante o animali, piatte ma tridimensionali, generalmente autoportanti, in plastica. Nel suo lavoro scultoreo questo materiale evocava il “nuovo” e la sperimentazione artistica. In mostra il disegno da cui ricavare l’opera creata per “Risalto” rassegna di mosaici d’arte creati con chicchi di riso.

 

Aldo Mondino Mazel Tov 1995

L’opera di piccolo formato ha una intensità straordinaria, ottenuta dalla tecnica compositiva e dallo sguardo del soggetto, che ci punta gli occhi addosso. La base, a righe non del tutto simmetriche, è ottenuta dalla sovrapposizione ritmica di nastro adesivo da pacchi marrone. Al centro è ritratto un ebreo ortodosso ashkenazita, dal volto ceruleo verde incorniciato in una lunga e folta barba bianca. Cammina portando sotto braccio un grande e ricco mazzo di fiori, gialli, rossi e bianchi con molte foglie e lunghi gambi verdi.

 

Aldo Mondino Senza titolo 1990

Il disegno dai colori pastello è realizzato su una carta riciclata verde dai bordi lievemente frastagliati. Siamo davanti ad una scena bucolica privata, intima, tenera. Un uomo e una donna ebrei ortodossi, schizzati in inchiostro nero, camminano tenendosi la mano, forse lei si sta appoggiando a lui per aiutarsi nel movimento. Si muovono in un coloratissimo prato fiorito dove azzurro giallo, rosa e rosso si confondono astrattamente fondendo piante, erba e fiori. Segni verdi delineano un altro prato sullo sfondo.

 

Aldo Mondino Studio Preparatorio anni 90

Studio preparatorio per una grande opera dal titolo “Samedi matin”. Nella versione in olio su linoleum l’uomo con il suo tallit su una spalla non ha suolo sotto i piedi. Nel disegno, firmato, si muove in un’architettura caratterizzata da una prospettiva abbozzata, una stella di David davanti a lui e ai fiori che lo avvolgono alla sua destra e alla sua sinistra. Fiori rossi e azzurri su lunghi steli verdi e gialli. Il titolo colloca l’uomo in cammino verso il tempio, dove celebrerà lo Shabbat mentrenoi gli siamo dietro e ne vediamo la schiena.

 

Don Mauro Maria Santolini Comizio 1957

L’artista era un sacerdote che viveva a Roma e sistematicamente si dedicava a produzioni artistiche. L’opera, con i suoi segni naif, simbolici, ripetitivi e dall’aria tetra, appartiene esteticamente all’Art brut. Il titolo ci offre una chiave di lettura dove quattro grandi piante sembrano tenere un comizio davanti a piante della stessa specie ma più piccole. Considerando il contesto romano e il momento storico possiamo interpretare il dipinto come un metaforico ritratto dal sapore di una critica sociopolitica.

FOTO. Mondino, Mazel Tov