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Camagna Classic Festival

Una giornata incentrata sul connubio fra arte, spettacolo e disabilità

La quinta edizione del Camagna Classic Festival – Sut la Cupola ha chiuso i battenti domenica con “Incontri e inclusione”: un’intera giornata incentrata sul connubio fra arte, spettacolo e disabilità che ha avvicinato il pubblico alle carriere, entrambe notevoli, di Carmen Diodato, unica ballerina professionista sorda in Italia, solista all’Arena di Verona e al Teatro Massimo di Palermo, e Daniel Bongiovanni, artista di visual sign e presidente provinciale dell’ENS – Ente Nazionale Sordi di Cuneo. Proprio con quest’ultima realtà il borgo camagnese ha rinsaldato il “gemellaggio”, già intrapreso l’anno scorso, tra la sua Big Bench “San Roc” e la panchina gigante “collega” della frazione Scaparoni di Alba, entrambe in “Turquoise”, il tradizionale colore-simbolo dei non udenti del Bel Paese.

Diodato e Bongiovanni, applauditi nella Chiesa di S. Eusebio per la performance (a tema del “silenzio che diventa suono, melodia”) “Corpi, Note e Silenzi”, accompagnati dal chitarrista Francesco Rista, dal pianista Pietro Salvaggio, dal tastierista Matteo Mastini, dal tenore Mirko Lo Coco nonché dal giovane violinista, allievo al Conservatorio di Lugano, Giovanni Vannicelli hanno prima partecipato ad un talk condotto in Piazza Lenti da Claudio Galletto.

Originaria di Belvedere Marittimo, in Provincia di Cosenza, Carmen Diodato ha sfoderato una notevole forza di volontà e una sensibile capacità di resilienza che le hanno permesso di conquistare i palcoscenici di Veneto e Sicilia. Una strada lastricata di difficoltà, mancati ingaggi, provini non andati a segno, ma sempre percorsa con un’inestinguibile e inarrestabile positività: “I limiti esistono solo nella nostra mente – ha sottolineato la performer calabrese – L’obiettivo trasferire la mia ricchezza agli altri, affinché tutti possano trovare le proprie passioni. Volere è potere! Forte del pieno supporto della famiglia, che mai ha percepito la sordità della figlia come un ostacolo o ne ha rimarcato la netta “diversità”, Carmen ha affrontato numerosi provini prima di agguantare le attuali vette. Obiettivo, “danzare senza l’udito” in un prestigioso corpo di ballo. A 19 anni risale il suo perfezionamento a Roma, a 20 intraprende il difficile carosello delle audizioni fra la Capitale e le ribalte estere. Fra queste, spicca il “rocambolesco” viaggio in auto a Praga, metropoli dove confidava di superare le locali selezioni. Impossibilitata a raggiungere in volo la capitale ceca, la famiglia sceglie di accompagnarla “via terra” partendo da Ivrea. L’esperienza non trova i risultati sperati e il veicolo va pure in temporanea avaria a causa delle rigide temperature: un mancato “lieto fine” che, tuttavia, non la scoraggia, la sprona a ritentare e, nel frattempo, a migliorarsi con costanza e tenacia. La danza è una forma di comunicazione, che sa allontanare i problemi. Senza, non potrei vivere: è una terapia del benessere, capace di far provare allegria, empatia e rispetto per il prossimo. Nel frattempo, non si estingue il sogno di esibirsi in un pas a deux con l’Étoile Roberto Bolle in una pièce a tema sordità.

Altrettanto prestigioso si presenta il curriculum di Daniel Bongioanni. Laureato all’Accademia Albertina di Torino, artista a tutto tondo, specializzato in pittura, scultura, disegno, fumetto e fotografia, il Presidente dell’ENS cuneese insegna la lingua dei segni italiana ed è stato selezionato per il progetto di visual sign “Beyond Sign” con il quale propone spettacoli in tutta l’Unione Europea. Il mio modo di comunicare è nel visivo e mi sono subito introdotto in quest’arte: non mi serviva usare l’udito. In tenera età ha iniziato a disegnare ma presto si è accorto di voler superare la “piattezza” della carta, a bramare qualcosa di multidimensionale. Ha quindi rivolto le proprie attenzioni alla scultura, iscrivendosi all’Accademia sabauda: La lingua dei segni è incredibile, è visiva, e con la scultura condivide l’utilizzo delle mani. Rimaneva, comunque, ben saldo in lui l’obiettivo di unire, formalmente ed efficacemente, arte e lingua dei segni: l’occasione è giunta in tempi del lockdown, in piena pandemia, quando ha scoperto il visual vernacular e successivamente con la riuscita partecipazione a un bando europeo al quale ha sottoposto il suo personale, creativo progetto-studio di trait d’union fra lingua dei segni e corpo. Pur a volte insofferente nei confronti della propria sordità, Bongioanni ne ha sempre rifiutato qualsiasi accezione negativa, allontanandone la sensazione di “sentirsi di meno” e anzi forgiandone una “virtù”, creandone un vantaggio. Quello che mi mancava ne ho fatto diventare qualcosa che ho. In tour per l’Europa, il giovane ha colto le differenze con la realtà Italiana dove i maggiori ostacoli “tecnici” e di pubblica accettazione sono compensati da una crescente facilità nel collegare la LIS (Lingua dei Segni) all’arte. Meno espressività facciale è riscontrabile, ad esempio, nell’ambiente scandinavo, mentre in Grecia il mancato accesso legale dei non udenti allo spettacolo dovrà adeguarsi alle normative comunitarie che prevedono, al contrario, l’abbattimento di ogni ostacolo e discriminazione all’accesso degli artisti alle performing arts.

L’abbondanza di informazioni in rete e la facilità con cui vengono propagate, l’universo digital e social e, soprattutto, la ricca offerta di bandi ed Erasmus hanno letteralmente spalancato le porte alle prospettive professionali future degli artisti diversamente abili. Ne sa qualcosa lo stesso Bongioanni che al quinto anno di studi universitari ha svolto uno scambio formativo di cinque mesi in Spagna, non senza qualche dubbio e resistenza. La sfida era grande: non avevo mai avuto prima un confronto. Ho comunque voluto alzare, spostandola l’asticella, delle difficoltà. Non bisogna mai arrendersi subito.

Paolo Giorcelli