Notizia »

Prima della prima, conferenza sulla Nona di Beethoven

Alle 19,30 di sabato 11 con Coaloa - Toscanini: prima esperienza da direttore a Casale

 

«La Nona di Beethoven» è il titolo della conferenza a cura dello storico Roberto Coaloa in collaborazione con la Monferrato Classic Orchestra dedicata al concerto-evento questa settimana al Teatro Municipale di Casale Monferrato (sabato 11 ore 21) , con l’orchestra diretto da Sándor Károlyi, nonché alle celebrazioni beethoveniane del 2020.

L’appuntamento (che Sabrina Lanzi, organizzatrice, ha battezzato “Prima della prima-Aperitivo con la Nona” ) è per sabato 11 gennaio, alle ore 19.30, al Teatro Municipale di Casale Monferrato, in un incontro – ricco di sorprese - a ingresso libero.

Anticipiamo parte dell’intervento di Roberto Coaloa.

  

La Nona Sinfonia di Beethoven fu eseguita a Casale Monferrato, un giovedì sera, alle 21.15, al Teatro Politeama. Era il 13 aprile 1939. 

L’evento musicale fu tra i più imponenti che si tennero nella città durante il ventesimo secolo. 

L’Orchestra e il coro erano quelli dell’E.I.A.R. (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche), che aveva sede a Torino. Il direttore d’orchestra era il giovane genovese Armando La Rosa Parodi, trentacinquenne, grande interprete delle musiche di Ottorino Respighi, Giuseppe Verdi, Richard Wagner. Il Maestro del coro era Achille Consoli, leggendario musicista di Catania, un Maestro che durante la prigionia nella Grande Guerra nel campo di concentramento di Sigmundsherberg, nei pressi di Vienna, riuscì a costituire un’orchestra sinfonica composta da settanta professori, tutti, come lui, prigionieri. I solisti della Nona a Casale Monferrato erano nomi famosi dell’epoca: Arturo Ferrara, Luciano Neroni, Maria Drappero, Rita Fornari e Clara Garagnini.

Nella città l’attesa per il concerto durava da mesi. Testimonianza è l’attenzione - grande e appassionata - della stampa locale. La Gazzetta di Casalmonferrato, il 1° aprile 1939, in prima pagina, ricordava l’«avvenimento d’arte a Casale». Titolo a caratteri cubitali: «La “Nona Sinfonia” di Beethoven». Tra le altre cose leggiamo queste considerazioni: 

«Dobbiamo osservare che la suddetta Sinfonia è stata eseguita in Italia poche volte, richiedendo complessi orchestrali e corali non comuni. Se pensiamo quindi che un avvenimento così raro, come l’esecuzione della Nona, avrà luogo a Casale, dovremmo esserne enormemente orgogliosi. La Nona è l’ultima delle Sinfonie Beethoveniane, è la più completa e sublime. Essa sola alla musica orchestrale unisce la musica corale; non si limita al campo della musica astratta ma adopera la voce umana per esprimere il suo pensiero, i suoi intendimenti. Infatti come esprimere l’esaltazione della Gioia e dell’Amore degli uomini senza la voce umana? La Nona Sinfonia descrive tutto un dramma: non rappresenta un istante di vita ma tutta una vita densa di esperienze che conducono ad un risultato: essa rispecchia la esistenza dell’uomo che cerca di raggiungere la felicità fra amarezze e dolori, contrastato da avverse forze, ma che infine cede qual è la felicità; la vede nella fede e nell’amore, nella fratellanza, nella Gioia. “Gioia, gioia, figlia dell’Eliseo! Bella fiamma! Gioia scintilla divina! Tutti gli Uomini siano fratelli! Siate avvinti, o milioni! Un Tenero Padre vigila al di là del firmamento! La Gioia viene da lassù!”. Le sublimi parole dell’Ode alla Gioia di Schiller ispirano Beethoven, che le fa sue, le musica per creare un meraviglioso Corale, conclusione della Sinfonia: l’Inno alla Gioia. Qualcuno potrebbe chiedere se questo complesso poema è comprensibile alle masse, oppure se richiede competenza artistica; chi fa questa domanda non ha mai ascltato l’esecuzione di una qualsiasi composizione di Beethoven. È musica che parla al cuore, che entusiasma, che commuove. Folle e folle di popolo hanno applaudito, hanno pianto, per questa musica. Mai a Vienna, come la sera dell’otto Maggio 1824, in cui fu eseguita la prima volta la Nona, si vide un affluire di gente alla cassa del Teatro così immane, così spaventoso; mai si sentirono applausi più calorosi e frenetici. E noi speriamo che altrettanto si possa dire a Casale in questa occasione. Non ci sarà Beethoven in persona da applaudire ma ci sarà il suo spirito sempre presente all’umanità come quello di tutti i grandi».

Per esattezza la Nona fu eseguita per la prima volta venerdì 7 maggio 1824 al Theater am Kärntnertor di Vienna. 

Il pezzo del giornale locale è comunque interessante: siamo nel 1939, alla vigilia della Seconda guerra mondiale. Molti, ancora, speravano nella vittoria della pace: non avevano ancora conosciuto le atrocità di Auschwitz, i milioni di morti sui vari fronti, e pareva, quindi, in quel momento storico, che fosse ancora possibile dialogare con una musica che parlava con il tono della humanitas.

Un altro giornale locale, tuttora esistente, Il Monferrato, l’8 aprile 1939, apriva la prima pagina con una immagine di Beethoven e un appariscente titolo: «Eccezionale manifestazione artistica a Casale Monferrato. Grande Concerto Vocale-Istrumentale al Politeama».

Lo riportiamo perché fornisce anche delle preziose indicazioni sugli altri pezzi in programma nella serata e sull’organizzazione casalese dell’imponente concerto beethoveniano. 

«Come abbiamo già annunciato nel nostro numero del 25 marzo pp. avrà luogo la sera di giovedì 13 corr., nel massimo teatro cittadino, un grande concerto vocale-istrumentale con un interessantissimo, anzi eccezionale programma diviso in due parti. Nella prima si eseguiranno pezzi di repertorio di grande effetto: la Sinfonia della Semiramide di Rossini e Il volo del calabrone di Rimsky-Korsakow, per orchestra; Lacrimosa dalla Messa di Requiem di Verdi, per soprano, mezzo soprano, tenore, basso, coro e orchestra e il Prologo del Mefistofele di Boito per basso solista, coro e orchestra. La seconda parte, la perla della serata, è costituita dalla Nona sinfonia in re, op. 125 in quattro tempi: allegro maestoso – molto vivace – adagio – allegro finale con coro, una delle più sublimi creazioni di Ludwig van Beethoven, composta per orchestra, coro e voci soliste nel 1823, inspirata all’ode Alla gioia di Federico Schiller, e dedicata a Francesco Guglielmo III, re di Prussia. Il grande di Bonn, colpito già da una sordità completa, non potè udire le frementi ovazioni delle folle viennesi acclamanti al Maestro nelle indimenticabili giornate del 7 e del 23 maggio 1824 durante l’esecuzione della IX sinfonia; ma la venerazione onde tutti lo circondavano, la ressa degli editori che si disputavano la pubblicazione delle sue opere, gli omaggi dei primi musicisti di quel tempo devono averlo risarcito, almeno in parte, delle non poche amarezze della sua vita, destinata a chiudersi drammaticamente, tre anni dopo questo trionfo, in uno schianto di folgore, nell’imperversare di una bufera di neve. La IX sinfonia è dunque il poema della gioia, di una gioia che deriva da due grandi amori: l’amore divino e il culto della natura. Perciò l’opera è di grandi proporzioni e si serve delle due più efficaci risorse dell’arte musicale: l’orchestra e le voci. Le voci, sui versi di Schiller, per avere un mezzo d’espressione edonistico-mistico più potente, nell’unione con l’orchestra; mezzo che si riallaccia alla tradizione delle sinfonie religiose e profane del secolo XVI.

Il vivo interessamento del camerata e concittadino dott. Camillo Venesio ci procura questo nuovo godimento artistico veramente superbo, anche perché esecutori del concerto saranno gli illustri solisti Arturo Ferrara, tenore; Luciano Neroni, basso; Maria Drappero, mezzo soprano; i soprani Rita Fornari e Clara Garagnini. E l’orchestra e il coro dell’Eiar, composti l’uno e l’altro di 180 esecutori e diretti rispettivamente dai maestri Armando La Rosa Parodi e Achille Consoli, per i quali ogni lode è superflua. Il concerto sarà dato a scopo di beneficenza e il camerata impresario Daghino gentilmente concede il teatro per la serata, che riuscirà certamente magnifica anche per un grande concorso di pubblico».

Il pezzo è firmato con le sigle «l.p.»: Luigi Pistorelli. Soliti errori a parte, come abbiamo prima ricordato la prima della Nona si tenne il 7 maggio 1824 a Vienna, al Theater am Kärntnertor, il critico monferrino Pistorelli merita una lettura. Aggiungiamo che nel concerto viennese la Nona fu seguita da tre parti della Missa Solemnis (il Kyrie, il Credo, e l'Agnus Dei) e dall’ouverture La consacrazione della casa. 

Ad ogni modo, nel 1939, l’esecuzione della Nona a Casale Monferrato fu un successo. Del resoconto riportiamo il pezzo di un altro giornale della città, tutt’ora esistente, La vita casalese. Settimanale cattolico della Diocesi di Casale Monferrato. Il giorno seguente, 14 aprile 1939, il settimanale commentava «Il grandioso concerto vocale-istrumentale al Politeama»: 

«Ancora una volta, grazie al generoso mecenatismo di un nostro simpatico ed amato concittadino, il dott. Venesio, la cittadinanza casalese ha potuto assistere ad una festa d’arte riuscitissima sotto ogni altro aspetto. Giovedì sera nel Politeama era presente il fiore della città di Casale, intervenuto con la certezza che il concerto sarebbe stato un qualcosa di grandioso e solenne. L’orchestra sinfonica dell’Eiar, diretta dal Maestro Armando La Rosa Parodi ed il coro lirico istruito dal Maestro Achille Consoli, davano garanzia di una superba affermazione. Alla serata presenziò anche S.E. il Prefetto, che al suo giungere è stato ossequiato dal Podestà ing. Marchino, dal Segretario Politico geom. Monzani e dai Dirigenti del Dopolavoro Comunale, che così bene seppero organizzare la grandiosa manifestazione».

 

A parte questa famosa Nona Sinfonia di Beethoven a Casale Monferrato c’è molto altro da aggiungere sulla musica della Nona e sulla sua esecuzione - anche in Piemonte - da parte di Toscanini, che iniziò la sua carriera di direttore in Italia, dopo il successo in Brasile, proprio con una stagione a Casale Monferrato nel 1887. 

Il giornale di Casale L’Elettore, alla fine di quella gloriosa stagione di Toscanini, scrisse l’8 dicembre 1887, rimproverando al “popolino” del Politeama il troppo interesse per «la signora Lola Peydro» («la prima donna», che aveva cantato, tra le altre cose, una romanza scritta dallo stesso Toscanini, ricevendo in dona dal pubblico «una corona di fiori con nastro, un braccialetto ed un anello d’oro»): 

«Ci siamo soffermati su questo particolare unicamente per dar risalto ad un fatto, diciamolo pure, poco corretto. Chi indubbiamente aveva diritto, durante la decorsa stagione, alle maggiori simpatie ed alla più sincera ammirazione del pubblico, è il distinto maestro concertatore e direttore d’orchestra, Signor Arturo Toscanini. Ebbene niuno, fra coloro che in teatro si fanno intelligenti mecenati degli artisti e giusti dispensieri di gloria, si è ricordato di lui nella sua serata d’onore, anzi in quella stessa circostanza , si regalava per la seconda volta ed alla sua presenza un’ altra artista: il soprano. A buon intenditor, poche parole. Noi facciamo che registrare fatti: il pubblico li commenti».

Toscanini, nella città di grandi appassionati di musica, era stato apprezzato dai fini intenditori. Ci piace riportare la cronaca dell’Elettore, perché ci racconta qualcosa del pubblico: gli “aristocratici” al Municipale (capaci però di offendere i musicisti e i direttori d’orchestra con inaudita violenza)  e il “popolino” al Politeama. A fine Ottocento, però, era evidente un problema del Teatro dei Nobili, il Municipale, ribattezzato “Sociale”. Il teatro del Vitoli non aveva lo spazio per ospitare un’orchestra moderna, una buca o “golfo mistico”, così come desiderava lo spazio orchestrale l’astro nascente Toscanini, in questo caso più wagneriano che verdiano.

Questo fatto apre un interessante capitolo sui rapporti tra Teatro Municipale e Politeama, che secondo il successo dell’opera rappresentata, in comune accordo, sceglievano poi il palcoscenico più adatto, alla faccia delle considerazioni di Toscanini sulla sistemazione “degna” di un’orchestra.

 

In Piemonte, a Torino, si ha una prima proto-esecuzione della Nona Sinfonia, nel 1888, una completa nel 1892 e una solenne nel 1900, diretta da Giuseppe Martucci.

In Piemonte, infatti, solo dopo quasi settant’anni dalla morte del compositore fu fatta conoscere la Nona Sinfonia, nell’aula di una scuola, con un organico di fortuna. Era il marzo 1888. La Nona fu suonata e cantata nell’aula Vincenzo Troya in via D’Angennes (oggi Principe Amedeo) in un concerto a beneficio dell’asilo notturno Umberto I, direttori Giulio Roberti e Angelo Gaviani, con il concorso dell’Accademia Stefano Tempia e di un’orchestra di soli quaranta professori di musica. Un’esecuzione con tutte le garanzie di completezza avverrà solo nel marzo 1892, a cura di un Comitato di sottoscrittori, direttore Vanzo, solisti Cassandro, Ortensia Synnerberg, Ottavio Nouvelli e Agostino Gnaccarini, orchestra di centodieci professori e coristi del Teatro Regio.

Arturo Toscanini diresse per la prima volta la Nona Sinfonia di Beethoven a Milano, in un concerto fuori stagione della Scala, il 20 aprile 1902. Il Maestro aveva trentacinque anni e la diresse per un totale di cinquanta volte.

Il pubblico americano l’ha ascoltata per la prima volta nell’interpretazione di Toscanini al Metropolitan Opera House il 13 aprile 1913, giorno del suo debutto come direttore sinfonico negli States.

Toscanini segna un momento di cesura nella storia delle interpretazioni di Beethoven. Inoltre è un innovatore dei teatri italiani, incarnando una figura imprescindibile al di là della questione musicale. Quando arrivò nel 1901 a Milano, Toscanini iniziò una vera e propria riforma del Teatro alla Scala: dall’illuminazione scenica, alla costruzione della buca d’orchestra. Ma si è occupato anche di tutto ciò che sta intorno a uno spettacolo: il buio in sala, l’intransigenza con i ritardatari e l’abolizione dei bis, nella convinzione che la totalità di un’esibizione non vada mai interrotta, con una sensibilità sorprendente per quel tempo. Nel 1887, durante la lunga stagione a Casale Monferrato, tentò con scarso successo di innovare due teatri: il Municipale (allora chiamato “Teatro Sociale”) e il Politeama. Ma questa esperienza fu disastrosa. Pochi la conoscono e vale la pena di raccontarla.

 

Toscanini in Brasile e prima esperienza di direttore in Italia in una stagione, 1887, a Casale Monferrato

 

Nel 1886, Toscanini si unì come violoncellista e secondo maestro del coro a una compagnia operistica per una tournée in Sudamerica. In Brasile il direttore d’orchestra, Leopoldo Miguez, in aperto contrasto con gli orchestrali abbandonò la compagnia dopo una sola opera (il Faust di Charles Gounod), con una dichiarazione pubblica ai giornali (che avevano criticato la sua direzione) nella quale imputava tutto al comportamento degli orchestrali italiani. Il 30 giugno 1886 la compagnia doveva rappresentare al Teatro Lirico di Rio de Janeiro l’Aida di Giuseppe Verdi con un direttore sostituto, il piacentino Carlo Superti.

Superti, però, fu pesantemente contestato dal pubblico, e non riuscì neanche a dare l’attacco all’orchestra. Nel caos più totale Toscanini, incitato da alcuni colleghi strumentisti per la sua grande conoscenza dell’opera, prese la bacchetta, chiuse la partitura e incominciò a dirigere l’orchestra a memoria, tra lo stupore del pubblico. Ottenne un grandissimo successo, iniziando così la carriera di direttore a soli 19 anni, continuando a dirigere nella tournée. Per la serata d’onore del direttore, nella quale si rappresentò il Faust, Don Pedro, che si faceva comicamente chiamare Imperatore del Brasile, mandò in regalo a Toscanini un anello nel quale un piccolo artiglio (l’aquila di Don Pedro) teneva fieramente impugnato un vistoso diamante. Non si contarono, in quel felice periodo, le corone d’alloro con bacche dorate e iperbolici nastri, le quali, come gragnuola, cadevano a ogni occasione sulle spalle di Toscanini. Da quel momento, forse, si formò nell’anima del direttore d’orchestra, si formò quella feroce avversione per le corone di alloro che doveva accompagnarlo tutta la vita. 

Al ritorno in Italia, su consiglio e mediazione del tenore russo Nikolaj Figner, si presentò a Milano dall'editrice musicale Giovannina Strazza (vedova di Francesco Lucca), e venne scelto da Alfredo Catalani in persona per la direzione al Teatro Carignano di Torino per la sua opera Edmea, andata in scena il 4 novembre dello stesso 1886 ottenendo un trionfo e critiche entusiaste.

Successivamente riprese per un breve periodo la carriera di violoncellista; fu secondo violoncello alla prima di Otello, diretta al Teatro alla Scala da Franco Faccio il 5 febbraio 1887, e per l'occasione ebbe modo di entrare in contatto con Giuseppe Verdi. Nel 1887, Toscanini iniziava la sua prima stagione operistica della sua lunga carriera a Casale Monferrato, dirigendo L’Africana al Politeama nel maggio e in autunno La Gioconda e I Lombardi al Municipale.

L’incidente che ebbe Toscanini a Casale fu clamoroso, ma non è stato fino ad ora noto (come l’incidente in epoca fascista a Bologna), sebbene sia stato raccontato dallo stesso Maestro alle figlie e agli amici più cari. 

Toscanini aveva solo vent’anni. Nonostante avesse bisogno di lavorare non rinunciò mai, neppure in quegli anni di difficile noviziato musicale, alla sua sete di perfezione, anche se per ottenerla era costretto a litigare. Fin da allora odiava i bis perché interrompevano lo spettacolo, la tensione emotiva dell’azione teatrale, e non li concedeva. A volte si scontrava con il pubblico. A Casale Monferrato, durante una recita di Gioconda, il pubblico reclamò a gran voce il bis di una romanza, ma non lo concesse. Il pubblico continuò a rumoreggiare. Un militare in uniforme andò vicino al direttore e minaccioso gli gridò: «Lei è arrogante». Toscanini gli rispose con tono altrettanto minaccioso: «E lei è una canaglia». Gli schiamazzi aumentarono ma Toscanini rimase fermo al suo posto e quando si calmarono riprese l’opera senza concedere il bis. Quel militare, dopo lo spettacolo, andò nel camerino del direttore con dei testimoni e lo sfidò a duello, ma Toscanini, che non aveva mai preso in mano un’arma, lo guardò con disprezzo e se ne andò senza rivolgergli la parola.

 

Morte di Toscanini e tomba del direttore a Milano, opera del casalese Bistolfi

 

Toscanini morì il 16 gennaio 1957 a New York. Il suo funerale fu celebrato solennemente in Italia, dopo il viaggio del feretro dall’America all’Italia, dove arrivò in volo all’Aeroporto di Ciampino a Roma. A Milano, il corteo funebre era composto da una marea di persone, che si avviarono verso il Cimitero Monumentale di Milano, dove il Maestro venne tumulato nell’Edicola 184 del Riparto VII, tomba di famiglia precedentemente edificata alla morte del figlioletto Giorgio dall’architetto Mario Labò, e scolpita dall’amico fraterno Leonardo Bistolfi con tematiche rappresentanti l’infanzia e il viaggio per mare (Giorgio era morto di una difterite fulminante a Buenos Aires a seguito del padre in tournée, ed era ritornato a Milano defunto in nave).

Lo scultore casalese Bistolfi e il parmigiano Toscanini condividevano la passione per Beethoven.

Bistolfi e Toscanini erano amici di Luigi Ernesto Ferraria, la cui casa a Camburzano era frequentata anche da entrambi. Ferraria, cui Bistolfi dedicò un bel ritratto a carboncino (ora conservato nella quinta sala della Gipsoteca Bistolfi a Casale), commissionò a Bistolfi un busto di Beethoven: per i simbolisti il compositore di Bonn era un dio e l’immagine del “demoniaco” Beethoven, così come l’aveva immaginato quella generazione, emerge nella titanica espressione del viso. Ora il gesso di Bistolfi si trova nel deposito del Museo Civico di Casale e attende un restauro conservativo. L’occasione può essere l’anniversario beethoveniano – questo del 250° Anniversario della nascita - e il busto eseguito magistralmente da Bistolfi starebbe magnificamente nel Foyer del Teatro Municipale di Casale, testimone della gloriosa storia musicale di una piccola capitale culturale, singulto romantico di una stagione irripetibile.

Roberto Coaloa

 

FOTO. R. Coaloa (foto  Irina Litvinenko)