Notizia »

Fernanda Pivano al Lanza

Incontro con Pavese rifugiato al Trevisio

Sono trascorsi dieci anni dall’agosto 2009 quando è scomparsa ultranovantenne Fernanda Pivano. Traduttrice, scrittrice, giornalista e critico musicale, aveva accanto a sé la celebre “Antologia di Spoon River” pubblicata da Einaudi nel 1943 e da lei tradotta. Gliela portò Cesare Pavese “una mattina - ricordava spesso - che gli avevo chiesto che differenza c'è tra la letteratura americana e quella inglese”.

Era nata a Genova nel 1917 da Newton (detto Riccardo), agente di cambio e presidente del Credito Marittimo, amico di Marinetti, e dalla bellissima scozzese Mary Smallwood, figlia poliglotta di Francis che aveva introdotto la Berlitz School in Italia.  Dopo i primi studi alla scuola svizzera la famiglia si trasferisce a Torino, dove al Liceo classico D’Azeglio ha come giovane insegnante lo scrittore di Santo Stefano Belbo. Ultimati gli studi liceali si laurea in Lettere con 110 e lode nel 1941 con una tesi su “Moby Dick” di Herman Melville e due anni dopo in Filosofia con Nicola Abbagnano, di cui è stata assistente presso la cattedra di Pedagogia. Negli anni della guerra si sposta con la famiglia a Mondovì da dove, dopo il dissesto finanziario del padre, raggiunge ogni giorno su un carro merci la città di Torino per dare lezioni private fino all’incarico ministeriale.

Era giunta a Casale accompagnata dalla mamma su un camion sotto la pioggia che trasportava bidoni per “prendere servizio” presso l’Istituto magistrale Lanza a far data dal 1° ottobre 1944 come “straordinario di ruolo di filosofia e pedagogia nel corso B” della scuola.

Alloggiata in una camera dell’Albergo Principe in via Cavour ha vissuto in quel drammatico inverno di sangue e di gelo un breve e gioioso incontro con Cesare Pavese, che era stato accolto sotto falso nome dai padri somaschi nel Collegio Trevisio. Il suo insegnante al D’Azeglio di Torino, ricorda “Nanda” nei “Diari 1917-1973” (Bompiani 2008), l’abbracciò salutandola col tenero appellativo di “Gôgnin” (musetto, faccino in piemontese).

Dionigi Roggero