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Undicimila Verbi ricorda Purgatori

E Andrea Testa approfondisce con il 'Caso Moro'

Domenica 24 settembre, presso Villa Celoria di Moleto, è ripresa la rassegna letteraria e patafisica Undicimila Verbi, curata dallo storico Roberto Coaloa, con un ricordo di Andrea Purgatori, giornalista scomparso lo scorso 19 luglio. L’evento è stato presentato dal padrone di casa, Bernard Glénat, che ha ringraziato gli ospiti e il folto pubblico affluito nel giardino di Villa Celoria, fantastica location monferrina.

La serata è stata divisa in due parti dagli interventi di Coaloa, amico di Purgatori, e l’approfondimento dello storico Andrea Testa sul Caso Moro.

Coaloa ha ripercorso la carriera del giornalista: «Sono trascorsi già due mesi da quando, lo scorso 19 luglio, è giunta la notizia della scomparsa di Andrea Purgatori, volto popolare del giornalismo italiano. Andrea era nato il 1° febbraio 1953. Aveva settant’anni quando è arrivata la morte, improvvisa. Lo ricordo come un caro amico, un Peter Pan con barba e sigaro toscano, curioso indagatore della storia d’Italia e non solo. Se si vuole cominciare a consegnare la vicenda Moro, forse la più drammatica della storia dell’Italia repubblicana, dopo quarantacinque anni dal rapimento e dall’assassinio dello statista democristiano da parte delle Brigate rosse, al giudizio degli storici, un passaggio preparatorio e ineludibile consiste nel restaurare i testi, esaminando di nuovo le carte con cui da quasi mezzo secolo fa si giocò quella partita. Questo grazie anche alla testardaggine di Purgatori». Continua Coaloa: «Tanti contributi farebbero più luce su quella “partita” che i complottisti vorrebbero segnata sin dall’inizio e pregiudizialmente da un’ipoteca di morte imposta agli eventi da un intrigo ordito da centrali interne o straniere».

Lo storico Andrea Testa ha spiegato nei minimi particolari i 55 giorni del rapimento e dell’assassinio di Aldo Moro, avvalendosi della carte dell’ultima commissione d’inchiesta. Ha ripercorso i momenti dell’agguato, chiarendo l’assurdità della presunta potenza di fuoco delle Brigate rosse. Ad agire, a uccidere la scorta di Moro, furono altri elementi. Testa si è soffermato su ciò che unisce il Caso Moro con il 3 settembre 1982, quando morirono il Generale Carlo Alberto dalla Chiesa, Prefetto di Palermo, la moglie Manuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo.

Lo storico, infatti, ha citato le dichiarazioni di Maria Antonietta Setti Carraro su quanto le raccontò la figlia sulle carte del memoriale Moro: “So cose tremende che Carlo mi ha fatto giurare di non dire e che se ti dicessi non ci crederesti”. Testa ricorda come la giovane moglie del Generale fu uccisa perché aveva al collo le chiavi delle casseforti dove erano custodite non solo le carte di Moro, ma anche le registrazioni con la voce dello statista democristiano. Tra l’altro l’ipotesi di un secondo memoriale Moro, mai più rinvenuto, era stato annunciato già nel 1978 da Mino Pecorelli, poi assassinato nel 1979.

FOTO. Testa e Coaloa