Notizia »

Sinagoga: filo d'arte con Tel Aviv per il 7 ottobre

È la mostra “10.7 Anu Capsule Exhibition” inaugurata domenica

 

C’è un solido filo d’arte che lega Casale Monferrato a Tel Aviv nei giorni in cui si commemora il più devastante pogrom di cui è stato vittima il popolo ebraico nell’era moderna. È la mostra “10.7 Anu Capsule Exhibition” inaugurata domenica 6 ottobre nel complesso ebraico della città. Ventitré artisti per altrettante opere, una selezione di quelle, identiche, che in questo momento sono esposte al Museo del Popolo Ebraico di Tel Aviv.

“Abbiamo scelto le più significative ed eterogenee”, spiega Claudia De Benedetti che, oltre ad essere direttore del Museo di Arte e Storia Ebraica di vicolo Olper, è anche membro del trust dell’ANU, e porta i saluti del suo direttore Dan Tadmor, ricordando le collaborazioni con la Fondazione Arte e Storia Ebraica. Ma è indubbio che questa esposizione ha un significato particolare fin dal suo concepimento: “Non è nata da una curatela, è stato un gesto spontaneo di tanti artisti che hanno voluto raffigurare i sentimenti che stavano vivendo all’indomani del 7 ottobre”. Per portarla in Italia è stata coinvolta l’Associazione Italia - Israele di Torino e la Comunità Ebraica di Torino, che l’ha già ospitata in occasione della Festa dell’Indipendenza di Israele. Sono opere “Eterogenee e spontanee”, appunto, perché l’arte non sembra essere stata sopraffatta dalla guerra, anzi, sembra avere trovato mille stili diversi per esprimerne l’angoscia, non dimenticando anche la multimedialità, perché inquadrando i QRcode sulla cornice si accede a filmati e persino a una selezione di brani musicali. “Vediamo la voce del popolo ebraico scioccato e desideroso di tornare a vivere in pace”, continua De Benedetti.

La cerimonia di inaugurazione è stata preceduta dalle parole di Daria Carmi, Presidente della Comunità Ebraica di Casale, lette dalla sorella Diletta: un’amara riflessione sui sentimenti e sul ruolo dell’ebraismo nella società. “Quando pensiamo al 7 ottobre, tutti noi ci sentiamo chiamati in causa dall’infinito dolore di sapere di uomini, donne, bambini e anziani ancora ostaggi e vittime della guerra. Ci sentiamo come se dovessimo svuotare il mare con un cucchiaio…” Carmi parla di “Denunciare e tenere gli occhi e il cuore aperti sull’antisemitismo che sta tornando in auge, anche inconsapevole”, ma anche di “interrogarci sul mondo che vogliamo, uscire da polarismi inutili e dal tifo da stadio per creare una riflessione fondante sul futuro…” E conclude con una speranza “E’ un oceano in pieno movimento che noi abbiamo il dovere di affrontare, in tutta la sua cruda realtà, anche se ci manca la terra sotto ai piedi e siamo provvisti solo di un cucchiaino”.

a.a.