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Santi, beati, venerabili, di Aldo Timossi (6)

Beata Arcangela, Maria e Francesca Scolastica, Maddalena Panattieri, "Santi trinesi''

Nelle cronache di Andrea Irico, dopo i “santi” trinesi, alfine storicamente ridotti alla sola figura del beato Oglerio, appaiono quattro donne.

Al primo posto un nome che a Trino è da sempre assai presente nella devozione, la beata Arcangela. Eleonora Girlani, o de Girlanis. Nasce a Trino nel 1460, forse il 25 gennaio, ma la data è ricorrente, per la vestizione, per la morte, ecc. quindi parrebbe inventata. Famiglia agiata, figlia di Giovanni, “uomo di onestissimi costumi e di lodevole vita” (una fonte lo definisce “governatore”, in altra pubblicazione risulta comunque in buoni rapporti con i Marchesi monferrini) e “da sua moglie pari di nobiltà e uguale nelle virtù”. Dopo aver “dato una scorsa alle vanità mondane e alla caducità delle grandezze terrene”, sente forte la vocazione religiosa. Frequenta il vicino monastero di San Francesco, quindi entra nel convento benedettino di Santa Maria della Rocca, quello che conosciamo come Rocca delle Donne, a due passi da Camino, e che nel Marzo 1492 papa Alessandro VI sopprimerà, perché le suore non conducevano più vita onesta e alcune novizie erano accusate di dare pubblico scandalo.

A soli 17 anni, ritenendo che la vicinanza della famiglia sia di ostacolo al cammino di perfezione, parte per Parma, entrando nel convento carmelitano di Santa Maria Maddalena, con il nome di Arcangela. E’ talmente brava “nella disciplina, nella mortificazione dei sensi, nell'obbedienza a tutte le sorelle, nell'umiltà del servizio”, che pochi anni più tardi le consorelle la ritengono in grado di diventare priora. Trascorrono quindici anni, durante i quali è protagonista di eventi definiti miracolosi. Scrivendo a fine ‘600, il carmelitano padre Giuseppe Maria Fornari ne descriverà alcuni. Quando per un’alluvione manca il pane al convento, Arcangela invita le consorelle a pregare, ed ecco arrivare un benefattore con ceste di pane. Un giorno, riunite le monache per una confessione corale, si sentono rumori di terremoto: “è il demonio che sente le vostre colpe”, risponde la badessa. Digiuna per giorni interi, nutrendosi solo della contemplazione del Bambino Gesù e dell’adorazione della Croce, “quasi che l’anima fosse dal corpo separata”. Con la preghiera guarisce persone malate.

La sua fama arriva alla Corte di Mantova. Quando nel 1491/92 il marchese Francesco II Gonzaga e la moglie Isabella d’Este decidono di erigere in città un nuovo monastero intitolato a Nostra Signora di Visitazione o di Santa Maria del Paradiso, chiamano a fondarlo e dirigerlo proprio madre Arcangela. Avrà poco tempo ancora per il cammino terreno: “replicando più volte il Credo e la richiesta della misericordia di Gesù Cristo”, muore nel 1495. Sepolta nella tomba comune, dopo tre anni ha sepoltura distinta. Appare più volte alle monache del suo precedente convento di Parma. Quando più tardi si apre il sepolcro, “la Priora con lume acceso volle riconoscere il suo corpo, che fu trovato bianco, netto, e intiero, e avvicinandogli alla bocca due volte il lume acceso, si smorzò, e la fiamma uscì come una stella”.

Il 22 ottobre 1782 i resti di suor Arcangela tornano a Trino, nella chiesa dei Carmelitani, e tre giorni dopo, presente il vescovo di Casale Giuseppe Luigi Avogadro - diocesi cui la città appartiene dal 1474, e apparterrà fino al 1805 - è trasferito in una “ricca urna d’argento” e posto sotto l’altare della chiesa nel convento dell’Annunziata, oggi in abbandono tra le vie del Carmine e san Pietro.

Ultima dimora nel 1802, nella chiesa di San Lorenzo, dove i Trinesi d’oggi continuano a renderle omaggio, avendone Pio IX, il primo ottobre 1864, confermato il culto pubblico “da tempo immemorabile”, con l’elevazione da venerabile a beata. Due sorelle, Maria e Francesca Scolastica, carmelitane esse pure a Reggio Emilia e Parma, “vissero una vita illibata e penitente, dando esempio d'ogni virtù” e dopo morte, rispettivamente nel 1510 e nel 1530, “furono onorate da Dio col dono dei miracoli”. Qualche fonte, oltre all’Irico, le annovera tra i beati, altre le definiscono come venerabili, ma non ci sono documenti ufficiali che lo riconoscano.

Ed ecco l’ultima figura cara ai Trinesi. Maddalena, figlia di un Panatieri e di mamma della famiglia Fondazucca, nasce in città nel 1443. Entra giovanissima nel convento domenicano, aperto da poco tempo, e prende a modello santa Caterina da Siena. Negli “Atti de’ santi che fiorirono ne' dominj della reale Casa di Savoja” (Torino, 1757) si legge che “vestiva le sue carni delicate di ruvida lana, usava un aspro cilicio e ogni notte si flagellava a sangue; un poco di paglia le serviva da letto, sopra cui giaceva pochissime ore (…) il digiuno era il suo vero alimento (…) talora fu ritrovata col corpo assiderato e la faccia rivolta al Cielo (…) meditava, spargeva lacrime, si turbava, inorridiva”. Non mancano ripetute tentazioni demoniache.

Man mano diventa maestra delle novizie, quindi priora. Ha il dono della predicazione, in una cappella accanto alla chiesa dei Domenicani “tiene calde esortazioni a cui non disdegnano di assistere sacerdoti e religiosi”. A Trino arriva addirittura da Milano il Priore generale domenicano per prendere anche lui la preziosa imbeccata! Umile ma decisa, insiste soprattutto sulla riforma dei costumi, spesso tratta il problema dell'usura, ha una particolare predilezione per le giovani leve, nelle quali vede l'avvenire del mondo, anche se per l’Italia più volte profetizza tempi di sventura. Si parla di prodigi. La “conversione” di un nobile monferrino che amoreggiava con la serva, trascurando la moglie, che chiede aiuto a Maddalena: all’istante l’uomo caccia di casa la “rea femmina”, si unisce alla moglie e dopo nove mesi nasce il primo di altri figli; salva il fratello Benino travolto dall’acqua del torrente Cervo in piena; un bimbo cieco riacquista la vista; col segno della Croce risana molti infermi.

Predice tre anni prima la propria morte, avvenuta il 13 ottobre 1503. La salma, sepolta nella chiesa conventuale, è subito oggetto di molta venerazione, essendole attribuiti poteri prodigiosi. Papa Leone XII il 26 settembre 1827 ne conferma il culto con il titolo di beata. Le reliquie sarebbero disperse durante un evento bellico, in realtà vengono nascoste nel vicino oratorio di San Pietro Martire, dove nel 1964 si trovano alcune ossa, a lei attribuite; nel 1973 arriva l’approvazione dell’Arcivescovo di Vercelli. Oggi ciò che resta di quel povero corpo, una mano, è venerato nella chiesa quattrocentesca di Santa Caterina d’Alessandria (detta anche di San Domenico), in Via Cavour.

aldo timossi (6 – continua)

Pubblicato a pagina 20 di martedì 9 gennaio 2024

In preparazione: beato Secondo Pollo di Carsanablot.

FOTO. Beata Panattieri (Luigi Morgari, San Domenico, Trino)