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“La Costa”: misteri e leggende fra Trino e Balzola

di Aldo Timossi

C’è un posto, fra Trino e Balzola, dove storia, misteri e leggende s’incontrano con più e meno antiche epoche geologiche. Quel sito, stretto e lungo, è conosciuto come “la Costa”.

Il nome dovrebbe già dire di che si tratta. Costa, linea di confine fra terra e acqua, in genere del mare o di un lago. In questo caso, di un fiume.

Come tutte le coste, la parte superiore sovrasta di parecchi metri la zona più bassa. La nostra Costa ha un dislivello medio di dieci metri. Visivamente, per rendersene conto basta percorrere la strada che da Trino porta a Robella, e da lì verso Torrione di Costanzana e Balzola. Si sale per circa un chilometro, quindi qualche piccolo saliscendi in altura, per scendere verso est. Le quote sono ben indicate nelle carte IGM, o con il più tecnologico Google Earth.

A Trino sono 130 metri sul livello del mare, che salgono a oltre 140 toccando Robella, per digradare a 125-120 in vista di Balzola. Di per se’, nulla di strano. Il particolare sta nel fatto che poco più a sud di quella linea ideale, i terreni risicoli della pianura quotano mediamente 125/120 metri. Ecco la Costa, il brusco salto nel volgere di pochissimi metri.

Siamo in pratica ai confini fra le province di Vercelli e Alessandria, e dobbiamo immaginare di stare sulla sponda di quello che illo tempore era il corso del Po, probabilmente a braccetto con la Dora Baltea. Oggi il fiume è distante 5/6 chilometri a meridione, e la Dora scorre 15/20 chilometri a ovest!

E’ storia che si perde nella notte dei tempi. Che si tratti di zona dove scorrevano fiumi, lo dicono i geologi. Molto chiara la definizione della Reale Accademia delle Scienze di Torino, in un capitolo degli Atti datato 1927: i terreni di Tricerro, Trino e Costanzana “appartengono al diluvium superiore terrazzato della così detta Costa di Trino; hanno i caratteri essenziali delle alluvioni della Dora o di alluvioni miste della Dora-Po”. Per “diluvium superiore” dobbiamo immaginare un periodo molto lungo, da 150mila a 10mila anni fa.

Che accadde in quei tempi? Accadde che la geografia idrica del Piemonte fu sconvolta. Osservando un’immaginaria foto dal satellite, vedremmo che il Piemonte era diviso in due bacini, separati dalla cosiddetta “soglia di Moncalieri”, che faceva da spartiacque. A settentrione alcuni corsi d’acqua minori defluivano verso nord-est. A sud, il vecchio Po, a braccetto con il Tanaro dalla zona di Carmagnola, scorreva a valle attraverso l’Astigiano.

Tra 120mila e 60mila anni fa il nostro re dei fiumi cambia improvvisamente rotta, supera la “soglia”, aggira Torino e si scava l’attuale letto. Tempo dopo, anche il Tanaro, giunto nei pressi di Bra, una piena dopo l’altra anticipa la deviazione verso Asti e Alessandria.

Per restare al Po, intorno a Crescentino incontra la Duria maior, ora Dora Baltea, del cui antico corso non si sa purtroppo molto. Le due acque comunque si uniscono e si allargano verso est, scorrendo in un ampio letto che a nord tocca l’attuale Robella, modellando la propria sponda sinistra in quella che oggi conosciamo come la Costa. Molto più tardi si accosterà alla collina, lasciando una vasta fetta di pianura, dove tremila anni fa arriveranno popolazioni celtiche (Pobietto), e poco dopo il Mille sorgeranno gli abitati di Morano, Balzola, Borghetto Po, Villanova. Dell’antico letto restano alcuni residui convogliati nelle rogge Stura e Sturella.

A questo punto la geologia lascia spazio alla storia e alla leggenda.

La storia è quella di un confine conteso da laici e religiosi. Intanto qui s’incontrano le diocesi di Vercelli e Casale. Con una particolarità del tutto originale: la parrocchia di Robella di Trino (Vercelli) ha nella propria giurisdizione anche l’ex frazione Due Sture di Morano sul Po (Casale), e il parroco monsignor Giuseppino Ferrarotti celebra nella piccola chiesa della borgata, “la gesiet’a”, avendo dovuto abbandonare lo splendido tempio di Torrione, verosimilmente opera dello Scapitta, passato con quasi tutta la borgata nel patrimonio di una famiglia svizzera, e purtroppo in lento degrado.

Quanto al potere civile, oggi quasi sulla Costa corre il confine fra le province di Vercelli e Alessandria. Non è sempre stato così. Nei secoli del Marchesato/Ducato monferrino, la linea si è spostata verso nord, e il Monferrato ha preso possesso di terre fra Trino, Robella e Torrione, senza però mai toccare centri come Costanzana e Ronsecco.

D’altro canto, Vercellese e Monferrato si son sempre guardati un poco di traverso, e la tendenza era di considerare come confine il corso di qualche fiume. Si può ricordare che in età comunale ogni podestà di Vercelli, al momento di prendere possesso della carica, giurava di imporre la giurisdizione della città su tutti coloro che abitavano «inter Padum et Duriam et Sicidam», tra Po, Dora e Sesia. Nel ‘600 i funzionari sabaudi sono altrettanto netti nell’individuare la Sesia come confine tra Savoia e Milanese spagnolo, pur ammettendo che “sendo egli molto inconstante nel suo corso, et in conseguenza slargandosi hor di qua hor di là all’occasioni di gran pioggie per corrusioni e gran salti cagiona frequentemente controversie tra confinanti”!

Anche il tempo napoleonico ha visto ricalcare parte dei confini sulla linea della Costa, comprendendo Robella, Torrione e Saletta di Costanzana nell’ambito del Dipartimento di Marengo, confinante a nord con quello della Sesia.

Per le leggende c’è l’imbarazzo della scelta. Legata all’antica storia del Po, una simpatica favola racconta di un misterioso fiume sotterraneo chiamato Lino (forse lo stesso che dicono scorrere sotto l’abbazia di Lucedio?). Da qui la tradizione di definire la gente di Morano come “trapulin”, abitanti fra Po e Lino!

Restando sottoterra ecco l’ipotesi fantastica di un ampio camminamento tra il castello di Saletta e, tra chilometri a sud, la vecchia fortezza del Torrione, oggi coperta dal sottobosco ma un tempo ben armata e oggetto di progetti di trasformazione in castello, con grande giardino all’inglese e peschiera (l’unica realizzata e ancora visibile, a lato della strada per Robella).

Tornando a Saletta, le fantasie si sprecano. La più nota fa perno sul tempietto o tabernacolo di San Sebastiano, si dice costruito da un monsignore (forse un Mossi del Torrione?!) in memoria di una nipote suicida con il giovane amante. Intorno alla piccola costruzione circolare, qualcuno avrebbe visto nottetempo camminare i fantasmi dei due amanti.

Altre favole raccontano di tre piccoli amici, figli di schiavandari del posto, che a metà Ottocento morirono a poca distanza di tempo in circostanze tragiche o misteriose, e le cui ombre da quel momento camminerebbero dalla chiesa al cimitero. O di una bambina morta dopo una gita nei prati di Saletta, e il cui spirito avrebbe tormentato a lungo, con il proprio pianto, i poveri genitori. C’è infine chi dice dell’apparizione, nelle notti nebbiose, di una splendida fanciulla in candide vesti, che quasi veleggia tra Torrione e Robella, proprio sull’altura della Costa.

aldo timossi

FOTO. Torrione, chiesa