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La 'Città di Casale' con Massimo Quarta

Il concerto domenica a palazzo Langosco

Prima di parlare della musica (spoiler: ottima musica), concedeteci una riflessione lessicale. Il concerto di domenica 4 settembre nel cortile di Palazzo Langosco si apre con Alex Leon, direttore artistico del Festival Monferrato Classica sul palco a fianco di Sabrina Lanzi, direttore artistico del Monferrato Classic Festival.

Due nomi speculari che si riflettono di fronte ad una quarantina di leggii, perché Lanzi è qui come rappresentante della Monferrato Classic Orchestra Città di Casale, che tra poco si esibirà sul palco insieme a Massimo Quarta. “Quando abbiamo scoperto che a Casale esisteva questa importante realtà ho pensato che dovevamo collaborare assolutamente” ricorda Leon. In effetti sarebbe stato strano non farlo e non solo per assonanza: una città con un’orchestra residente ha parecchio da offrire, specie se il “Classica”, che si dipana tra Acqui, Alto Monferrato e Alessandria, mette a disposizione un solista eccezionale come Quarta.

L’Assessore alla Cultura Gigliola Fracchia saluta il pubblico mentre, dall’altro lato del cortile, questo gigante del violino prova e riprova gli ultimi passaggi. I giganti si misurano con i giganti e appena l’orchestra si sistema si comincia con il concerto in Mi minore op 64 di Mendelssohn.

Un’opera che è buon esempio della dicotomia del primo romanticismo insita nel buon Felix che probabilmente si chiedeva: “faccio melodie cantabili o eroiche? Scelgo l’afflato o il virtuosismo?” Il tema di apertura, diventato iconico, l’aveva in mente già dal 1838, ma fu l’amico Ferdinand David, primo violino dell'Orchestra del Gewandhaus a renderlo anche un compendio dell’arte violinistica. Si sa che i solisti pretendono cadenze brillanti e passaggi trascendentali, Mendelssohn però compì un capolavoro di equilibrio.

Tuttavia la prassi esecutiva si è sempre divisa, fin dallo slancio fino al Sol sopra il rigo che caratterizza il tema: può diventare nervoso e tagliente o un’ampia presa di respiro. Quarta sceglie un morbido ricadere e regala un concerto che smussa ogni asperità. Anzi si permette un tocco di leggerezza in più, regalando un Rondò finale che non sfigurerebbe in un balletto.

C’è anche un piccolo momento di cronaca da segnalare: dopo pochi minuti di esibizione la regia decide di dare un tono più intimo abbassando drasticamente le luci sul palco e Quarta a interrompe l’esecuzione su una delle cadenze più importanti del primo tempo. “Scusatemi non vedevo niente: l’archetto, il manico, il palco… tutto buio”, dirà scusandosi prima di regalare a tutti un magnifico bis: il primo tempo dalla sonata n 3 per violino di Bach. “Questo sì che può essere ascoltato con le luci soffuse”. Operazione che si compie non senza difficoltà, vista la collocazione degli interruttori. Se le luci non sono il forte del cortile del Langosco lo è in compenso l’acustica, collocando il palco parallelo al lato lungo dello spazio il suono arriva a tutti con il giusto riverbero.

Dopo un bicchiere di Brachetto e Robiola di Roccaverano (complimenti agli sponsor del Festival), Quarta prende la bacchetta per dirigere la Settima di Beethoven, un pezzo ormai rodatissimo per la nostra MCO. Primo e secondo tempo rientrano tra le migliori performance dell’orchestra, colori e timbri estremamente calibrati, grande attenzione ai particolari.

Nel finale la formazione paga un po’ la stanchezza di una serata esaltante dopo una lunga tournée per la provincia. Ma gli applausi con cui il pubblico reclama un bis sono meritatissimi e in tutti c’è la speranza di ritrovare al più presto la formazione nella propria città.

Secondo quanto si dice verremo ampiamente accontentati.

Alberto Angelino

(foto ellea al termine della prima esecuzione)