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Prelati monferrini di Aldo Timossi -44
Giuseppe Agostino Salomoni,di Pecetto, vescovo a Cuneo - Illustre vincenziano
Nei secoli passati, le biografie di tanti prelati contengono molta politica e attività diplomatica, a scapito della vicenda religiosa. Con le debite eccezioni, è vero, trattando di monsignori nati da famiglie nobili, nelle quali per tradizione il primogenito tramandava il titolo, qualche sorella entrava in monastero, i fratelli ultrogeniti erano non di rado destinati alla Chiesa, con nomina del signore di turno, della quale la Santa Sede prendeva atto. Con il passar del tempo le cose cambiano, interviene sempre più lo Spirito Santo, sempre meno l’interesse dinastico. Una figura poco conosciuta e ricordata, Giuseppe Agostino Salomoni, vescovo a Cuneo, è l’esempio fulgido di una fede profonda, tanto che al termine del cammino terreno si ebbe a scrivere di “morte in odore di santità”.
Nasce a Pecetto di Valenza - talora confuso con l’omonimo centro del Torinese - il 28 agosto 1800. La famiglia Salomoni è da tempo presente nel Monferrato orientale.
A metà ‘400 sono signori di Altavilla, due secoli dopo un “Cesare nobiluomo” dona il patrimonio per costruire a Pecetto il convento domenicano e la chiesa del Rosario, e in tempi successivi saranno comunque benemeriti della Chiesa. Sono momenti difficili. Dopo tempi tranquilli è arrivata la rivoluzione francese a sconvolgere l’ordine delle cose.
Giuseppe Agostino compie gli studi religiosi a Casale, ottiene il dottorato in teologia, il 15 marzo 1823 è ordinato presbitero e incardinato nella diocesi evasiana. Nonostante la giovane età, il vescovo Alciati “confida nella sua prudenza e nel suo zelo e lo nomina parroco dell’importante parrocchia casalese di San Domenico”, che governa “con saggezza, caritatevole verso tutti, infaticabile nella predicazione, vita di costumi esemplari”.
Ma non è quello il suo posto! Dopo qualche anno, “il suo profondo sapere e una eloquenza viva e spontanea lo chiamano ad un posto più alto: nonostante una viva resistenza, deve cedere ai superiori e viene eletto canonico teologo del Capitolo della cattedrale”. Al tempo stesso è incaricato della cattedra di morale cristiana nel seminario, impegno non leggero che accoglie però di buon grado, consapevole di “spiegare i precetti della nostra santa legge a coloro che più tardi dovranno applicarla, essendo essa verità contro dottrine estreme”.
La bravura del prete monferrino arriva all’orecchio del re Carlo Alberto. Al tempo i Savoia hanno ancora il diritto di nomina dei vescovi. Il Sovrano apprezza il suo merito, lo crede degno di governare una diocesi, e il 4 febbraio 1840 lo designa vescovo di Cuneo - diocesi creata nel 1817, smembrando quella di Fossano - nonostante le richieste infruttuose dell’interessato a papa Gregorio XVI di nominare qualcun altro. Dalla Santa Sede arriva la conferma il successivo 27 aprile, e una settimana dopo, nella chiesa romana di Santa Maria della Scala, il cardinale Giacomo Filippo Fransoni officia la consacrazione, assistito dall’arcivescovo Ignazio Cadolini titolare di Edessa, e James Kyle, vescovo di Germanicia (Turchia).
Quel giorno stesso, monsignor Salomoni, nominato anche prelato domestico del Pontefice e assistente al soglio pontificio (con relativo titolo di conte), indirizza ai diocesani una toccante omelia, di fatto la sua prima lettera pastorale, trattando dei doveri del vescovo, del clero e dei fedeli.
L’arrivo a Cuneo, nel “suo Piemonte”, il pomeriggio del 26 luglio 1849 , è “dei più affettuosi”, anche perché la sede è vacante dal dicembre 1838. La cronaca, sulla Gazzetta Piemontese del 1° agosto, descrive la tappa in una casa di campagna alla periferia della città, salutato dal sindaco e da un gruppo di nobili. Quindi il “treno di cocchi arriva alle porte cittadine, sotto un arco di trionfo”; nella cappelletta veste gli abiti pontificali e a cavallo si dirige verso il duomo, “preceduto da una banda di truppa, dalle confraternite e compagnie religiose, dalla musica militare, dal clero regolare e secolare”. “Poggiuoli e balconi erano ornati di tappeti, il duomo di straordinario apparato, di più iscrizioni e di splendida illuminazione (…) non si vide forse mai sì grande concorso di popolo da’ villaggi e dalle città circonvicine”. Cantato il Te Deum, dopo il saluto del canonico teologo e l’omelia, il nuovo vescovo impartisce la benedizione con il SS. Sacramento. La sera, con le strade largamente illuminate, ricevimento nel Palazzo civico.
Ben presto inizia la visita pastorale. Nel gennaio 1841 si rivolge alla diocesi con la sua seconda lettera pastorale. Un anno dopo, la terza, ma monsignor Salomoni, “vescovo per grazia di Dio e della S. Sede apostolica”, comprende che la volontà del Signore è un’altra. Il 31 maggio 1842, interrompendo la visita pastorale e “senza nulla dire per timore che l’amore del suo popolo gli si ponga ad ostacolo”, lascia segretamente Cuneo, raggiunge Torino, quindi Genova per salutare alcuni parenti. E’ infine a Roma dal Pontefice e lo scongiura di liberarlo dal fardello “accettato solo per obbedienza”. Gregorio XVI cerca di dissuaderlo, poi comprende che la richiesta è ispirata da Dio, quindi accetta le dimissioni. E’ il 3 agosto 1843, da quel momento Giuseppe Agostino Salomoni torna ad essere semplice prete, entrando nella congregazione della Missione.
Trascorrono anni tra “veglie prolungate e mortificazioni straordinarie”. Anni di predicazione, di servizio “con zelo e umiltà per la salute delle anime, da tutti venerato come pio, solerte, caritatevole missionario”. Tanto lavoro tra il popolo di Dio si conclude nel 1874; fonti diverse danno date differenti: gli “Annali della Missione” scrivono del giorno 4 luglio, sulla lapide sepolcrale e su “Catholic hierarchy”si legge 1 luglio, per il sito web della diocesi di Cuneo è il 1° settembre. Solenni esequie e sepoltura nella chiesa romana della Santissima Trinità della Missione, sul lato sinistro del palazzo Montecitorio (tempio e monastero demoliti per la costruzione di uffici della Camera dei deputati). Nella recente (2014) corposa “General History of the Congregation of the Mission”, Salomoni è segnalato come uno dei Vincenziani più illustri, addirittura figura “unica”.
aldo timossi - continua