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La tabacchiera di Frinco

La lettura del libro strenna per gli abbonati, pubblicato dal nostro bisettimanale, ha il merito di riportare l’attenzione sull’importanza del centenario della fine della Grande Guerra con alcune novità, che non possiamo trascurare, come la tabacchiera in legno di proprietà di un collezionista casalese, intagliata con grande cura da un prigioniero austriaco.

Sul coperchio è finemente raffigurata l’aquila bicipite coronata ad ali spiegate con al centro lo stemma serbo formato da una croce greca con quattro lettere “C” cirilliche capovolte poste nei quattro angoli. Seguendo l’iscrizione incisa sulla parte inferiore del manufatto con un perdonabile refuso: “Frnico. di / Asti. 1916. Sod. / Petkovic / Obrad”, raggiungiamo Frinco, il piccolo comune del Monferrato astigiano che ha scritto una pagina importante nella storia della prigionia di guerra in Italia durante il primo conflitto mondiale.

Dopo una breve tappa a un incorcio davanti al monumento ai Caduti,quasi schicciato in alto dall'imponente castello, proseguiamo per il Parco della Rimembranza, posto a fianco dell’antica chiesa confraternita di San Bernardino. Vi si accede da una scalinata con l’ingresso sormontato da un arco che si apre sul piazzale panoramico delimitato da cipressi con i nomi dei Caduti. Il 14 maggio 2016, alla presenza del presidente della Croce nera d’Austria Peter Rieser, venne inaugurata una lapide con questa iscrizione in lingua italiana e tedesca: “A ricordo / dei soldati austro-ungarici prigionieri nel castello di Frinco, che lavorarono per assicurare la popolazione dalle / inondazioni del torrente Versa”. Molti degli oltre settecento prigionieri austro-ungarici furono impegnati nei lavori di rifacimento del letto del torrente Versa da Cunico fino a Castell'Alfero e nella costruzione di tre ponti sulle acque del torrente stesso. Raggiungiamo poi il cimitero dove riposano i quattro prigionieri di guerra deceduti in paese, forse a causa dell’epidemia di spagnola che fu più violenta proprio tra la fine del 1918 e l’inverno del ’19, come ricorda la dettagliata ricerca del giornalista e storico novarese Renzo Fiammetti. Sono il ventunenne Jan Kmiech, originario di Lusovice (Galizia), morto il 23 ottobre 1918; il ventiseienne viennese Alois Lischha e il trentottenne Lajos Nagy nativo di Megyhoszenthihlos, entrambi scomparsi il 27 ottobre 1918; il ventenne Franz Olejnik, originario di Magdaloush Shaba e morto l’8 febbraio 1919. I campi di prigionia dei soldati austro-ungarici erano assai numerosi e distribuiti in giro per l’Italia.

Quelli di Casale e Frinco erano dipendenti dal II Corpo d’Armata di Alessandria, nella cui Cittadella erano internati altri prigionieri austro-ungarici.