di Consigliere della Provincia di Torino - Forza Italia
Ho letto con interesse la lettera dal titolo "Paesaggio: ma cosa vogliamo per il nostro Monferrato?" apparsa venerdì scorso. L'ho lettacon l'interesse di chi, pur essendo residente fuori dai confini del Monferrato casalese e svolgendo l'attività di Consigliere della Provincia di Torino, ha a cuore la crescita di questo angolo di Piemonte. Per questo, da residente nel Monferrato (beninteso torinese) e da lettore ormai affezionato da qualche anno de "Il Monferrato", ho deciso di mettere per iscritto alcune considerazioni, consapevole di poter ricevere la peraltro ovvia critica, ovvero: "Ma perché costui non si occupa della Provincia di Torino anziché annoiarci con questa lettera?" Me ne rendo conto, ma credo che sia opportuno correre il rischio, convinto come sono che i contributi di pensiero - tutti - possano costituire un utile stimolo al dibattito.
Il nucleo centrale di quella lettera è la tesi secondo cui le Amministrazioni locali e le popolazioni residenti avrebbero trascurato e continuerebbero a trascurare il turismo e l'enogastronomia per incentivare, colpevolmente, una espansione del settore industriale e artigianale. Certamente concordo sul fatto che ogni tipo di intervento urbanistico debba avvenire nel più ampio rispetto del paesaggio (ma i complessi iter di approvazione dei piani regolatori comunali già garantiscono che ciò avvenga), tuttavia ritengo che la vocazione turistica non sia l'unica opportunità di nuovo sviluppo per il territorio monferrino: non si può certo pretendere e imporre che la maggior parte della popolazione si occupi di ristorazione, bed & breakfast, agriturismi o quant'altro! Il territorio del Monferrato vede la presenza di coltivatori diretti, artigiani, gestori di piccole attività commerciali, impiegati, operai, e altro ancora. Pertanto credo che ogni attività debba essere valorizzata ed ogni vocazione debba essere rispettata: il turismo potrà senz'altro costituire una risorsa importante, ma non certo l'unica. Tra l'altro, particolare da non trascurare, il Monferrato può aspirare ad avere un turismo di nicchia, con volumi non certo paragonabili alle mete di vacanza classiche.
La vita di ogni giorno dei piccoli comuni del Monferrato dipende, invece, soprattutto dalla creazione di opportunità di lavoro che permettano alle nuove generazioni di rimanere nel luogo di nascita anziché migrare, spesso definitivamente, verso le città. E anche dalla presenza dei servizi essenziali. Non hanno forse diritto tutti gli abitanti di queste zone di avere a disposizione, nel raggio di qualche chilometro, dei negozi per le più elementari esigenze (panetterie e generi alimentari, giornalai, tabaccai, falegnami, meccanici, fabbri e così via...)?
Quanto agli interrogativi posti nella lettera (che hanno tutta l'aria di essere, al contrario, calorosi suggerimenti su cosa sia meglio fare) penso che valga la pena soffermarsi. Si sottopone alle amministrazioni locali, accusate - testuali parole - di "lucrare sui proventi dell'ICI" (parole assolutamente fuori luogo visto che, molto spesso, sono proprio i piccoli comuni ad avere le maggiori difficoltà di bilancio), la proposta di creare un'unica area artigianale a disposizione di più comuni. A parte l'ovvia considerazione che le amministrazioni locali hanno ricevuto un mandato popolare per favorire lo sviluppo del proprio territorio, c'è da dire che una soluzione del genere creerebbe una oggettiva disparità di opportunità per i cittadini e gli imprenditori che si vedrebbero costretti a spostarsi per poter svolgere la propria attività. Senza dimenticare gli insuperabili problemi di divisione - a legislazione tributaria vigente - dei proventi del prelievo fiscale delle imprese fra i comuni eventualmente coinvolti in questa sorta di "gestione collettivistica" dell'area artigianale sovracomunale.
C'è poi da dire che la volontà dei comuni - che ne sono oggi sprovvisti - di creare nuove aree artigianali è supportata da un lato da una forte richiesta da parte dei cittadini e dall'altro lato, da una oggettiva esigenza, nel rispetto delle normative vigenti in materia. Come non ricordare, infatti, che spesso si ricorre all'individuazione di nuove aree artigianali proprio perché le nuove norme ci impongono di localizzare alcune attività ad una distanza adeguata rispetto ai centri abitati?
Poiché conosco da vicino e apprezzo davvero questo territorio, concordo pienamente sulla necessità che la natura venga rispettata. Che ogni sforzo, da parte di ciascun individuo come delle amministrazioni locali, sia teso a conservare l'ambiente in cui viviamo, magari migliorandolo. Senza tuttavia opporre barriere ideologiche alle opportunità di sviluppo. Di qualunque genere siano, sia artigianali, sia turistiche. Per evitare che questi nostri territori diventino il luogo ideale per un buen retiro, di solito della breve durata di qualche fine settimana qua e là nel corso dell'anno. Concludo dicendo che l'aspirazione deve essere quella di ri-progettare un territorio che sappia e possa competere non solo nel comparto turistico ed enogastronomico, ma anche in tutte le attività produttive che hanno contribuito nei decenni scorsi a renderlo vitale e attrattivo dal punto di vista economico.
Carlo Giacometto