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Gli scavi - importantissimi per lo studio di Vardacate - sospesi per scarsità di fondi

S. Croce: ritrovata la “città negata”?

La tempestiva e provvidenziale notizia di Luigi Angelino del ritrovamento di materiale romano durante un saggio effettuato nel chiostro di Santa Croce (‘Il Monferrato’ di venerdì 3 settembre 2004) ha destato il mio più vivo interesse. Alla prima occasione mi sono precipitato a Casale a visionare il saggio e ho avuto la ventura di vedere all’opera gli scavatori: la dr.ssa Lorenza Boni, archeologa, l’arch. Federico Fontana con l’assistente arch. Elisabetta Crova (originaria di Sala, ndr.), i quali mi hanno mostrato i risultati davvero sorprendenti del loro saggio. Gli scavi meriterebbero di essere proseguiti perché darebbero certo delle sorprese in relazione alla città negata di Vardagate. Ma pare che siano fi niti i fondi. C’è da augurarsi che le istituzioni diano il necessario appoggio finanziario. Qualche mese fa era trapelata la notizia, sempre grazie al “solito” vigile giornalista, del ritrovamente in un cortile di via Lanza (palazzo Misericordia, ndr.) di un pavimento e di parte di un muro romani. Quanto avevano scavato gli archeologi della Soprintendenza e chi aveva pagato? A quanto mi ha detto il gentilissimo geom. Alessandro Favario dell’Impresa Costruzioni Generali di Biella, gli scavi sono durati quattro mesi e a spese della ditta di costruzione, la Sicer Spa. di Biella: lavori fermi per un costo di centomila euro. Ma il pavimento sarà rimesso in esposizione nel cortile, sotto adeguata protezione: così chi comprerà un appartamento nell’edificio ristrutturato comprerà un pezzo dell’antica città romana. Saranno in grado le istituzioni di eguagliare un imprenditore privato? L’importanza delle nuove scoperte di Santa Croce è notevolissima, soprattutto, per ora, perché si recupera un ulteriore riferimento topografi co in relazione all’estensione del centro urbano di Vardagate. Dico per ora, perché non si sa quello che si ritroverebbe nella prosecuzione degli scavi. Il ritrovamento di un numero elevato di colonne romane durante il restauro del Duomo (e le sorprese non sono finite) permette di ricostruire l’edificio al quale appartenevano. A tale compito si sta dedicando la mia collega prof.ssa Anna Cafi ssi, che da anni si sta occupando di Vardagate e si è commossa all’apprendere delle nuove scoperte in Santa Croce. La città negata quindi si può definire città ritrovata. Auspico calorosamente che si trovino gli adeguati sostegni finanziari al progetto S. Croce: sarebbe un merito grandissimo per chi li fornisse.


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Michele Castagnone

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