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Viaggio d'autore a Caresana per Caterina Zaffiro protagonista del libro (Poco o niente) di Pansa

Apoco più di trent’anni Caterina Zaffiro, nata a Caresana nel settembre 1869, perde il marito, Giovanni Eusebio Pansa di Pezzana, di qualche anno più anziano. Resta sola con sei figli da sfamare. Il penultimo, di nome Ernesto, è il padre di Giampaolo Pansa che nel libro “Poco o niente. Eravamo poveri. Torneremo poveri”, da martedì 4 in libreria, così rievoca la memoria della nonna materna. “Alla sua nascita Caresana, era un paese della Bassa vercellese abbastanza grande, dati i tempi. Contava 3220 abitanti, in maggioranza giovani, al di sotto dei 30 anni. Vivevano nel borgo e nelle cascine di una decina di grandi tenute agricole. Alla metà dell’Ottocento, attorno a Caresana, le fattorie isolate erano quindici. E avevano spesso nomi sorprendenti: Panperduto, Bellincontro, Follia, Madonna dello Schiaffo, Immacolata, Travagliosa. Erano tutte fortezze rettangolari, molto lunghe, ampie e parecchio affollate, poiché il lavoro sui campi era manuale, a cominciare dall’aratura. All’ingresso, svettava la casa del padrone. Dentro la grande corte, stavano schierati gli alloggi dei salariati fissi, assunti con contratto annuale, da un novembre all’altro. Era un patto fragile, poiché poteva essere rinnovato oppure no a insindacabile giudizio del proprietario o del fittabile”. Caresana è al centro di una immensa pianura divisa dal fiume Sesia, che segna il confine amministrativo, non agricolo, tra il Piemonte dell’agro vercellese e la Lombardia delle terre di Lomellina. “Mi domando se, da ragazza, Caterina abbia mai attraversato il Sesia, per andare verso Langosco o Candia Lomellina. Per lei i trasferimenti da un paese all’altro sarebbero venuti dopo, come racconterò. Allo stesso modo penso che Caterina non sia mai andata a bagnarsi nel Sesia. Allora anche quel fiume era pulito, con un’acqua buona da bere. Però il bagno non rientrava nelle consuetudini dei contadini poveri. Persino quando l’estate schiaccava nell’afa le campagne. E l’unico refrigerio poteva essere l’immergersi in una roggia o nel Sesia. In realtà, non lo faceva nessuno, neppure i benestanti. Lo impedivano le usanze del tempo e, soprattutto, il pudore”. La nonna Caterina, pur essendo vissuta a Casale fino a quando Giampaolo compì 12 anni, non parlava mai della propria infanzia, né del paese natale. Unica eccezione l’arrivo degli austriaci a Caresana occupata per soli cinque giorni nel maggio del ’59. “Cacciatori tirolesi, ussari a cavallo, ulani anch’essi in sella a bestie magnifiche, e, infine mille uomini del 31° Reggimento di fanteria. Nella memoria dei contadini di Caresana rimase impressa la quantità enorme di cibo consumato a sbafo dai soldati dell’Imperatore. Tremila razioni di pane, altrettante di vino, la carne di dieci buoi e un quintale di salumi. Era quest’ultimo il dettaglio scandaloso, poiché tra i poveri il salame era più caro del caviale”. Partiti gli austriaci giunsero gli zuavi francesi che avevano l’aspetto di diavoli in terra. “Indossavano una divisa mai vista prima a Caresana. Larghi calzoni rossi chiusi sotto il ginocchio, una corta giubba azzurra, un fez di stoffa rossa. Avevano la fama di essere combattenti senza pietà, come gli austriaci constatarono. Ma non si accontentavano di vincere. Se ne resero conto soprattutto gli abitanti delle cascine isolate. Gli zuavi si mossero senza riguardi. Rubarono di tutto: pollame, maiali, legna, paglia. I cascinai che cercarono di opporsi vennero picchiati. I libri di storia non raccontano che cosa successe alle donne della Bassa vercellese”. CATERINA ERA CATTARINA - UN CASCINALE A CORTE CHIUSA Abbiamo in mano, grazie alla cortesia dell’autore il giornalista casalese Giampaolo Pansa e della Rizzoli le bozze di Poco o niente. Eravamo poveri. Torneremo poveri . Sarà in tutte le libreria martedì. Attraverso gli occhi della nonna Caterina Angela Zaffiro ecco la miseria delle campagne o l’inferno della città, sopportando le prepotenze dei ricchi e il dramma della Prima guerra mondiale. Perfetto un capitolo su Giovanni Lanza ‘‘il grande scontroso’’ con giusta citazione di Idro Grignolio. Un affresco che va da Caresana a San Germano passando da Cascine Pinte di Santa Maria del Tempio. Casale è vista anche attraverso gli occhi del padre di Giampaolo Ernesto, sua ad esempio la rievocazione della figura di Natal Palli ‘‘un eroe da ammirare’’. E in un caldo martedì pomeriggio siamo a Caresana sulle tracce di nonna Caterina, in Comune grazie a una cortese impiegata, Paola Prete, scopriamo che si chiamava in realtà ufficialmente Cattarina, nata alle undici del quattro settembre alla Cascina S. Eusebio detta Scarampa di proprietà Malinverni. Testimoni Domenico Montalenti, senza professione e Luigi Rastellino, serviente comunale. Precise le indicazioni della signora Prete (‘‘è la cascina prima della Castelletto, quella del sindaco, Sergio Cavagliano’’). Ce lo conferma anche una contadina che spigola il riso sulla strada per Pezzana. E’ un grosso complesso tra il giallo dei campi. E’ a corte chiusa coi magazzini. Incuriosisce sulla parte padronale il ricamo di tanti camini. Nell’atto si precisa che Cattarina aveva contratto matrimonio con Giovanni Pansa di Pezzana il 12 agosto 1888 nella chiesa parrocchiale di Caresana e lì chiudiamo il mini tour. Un edificio imponente, immaginiamo con le parole di Pansa l’entrata in chiesa: ‘‘Lo sposo era vestito alla bell’e meglio. Una giacca un po’ sformata, camicia bianca senza colletto, pantalonacci stirati con moderazione. La sposa indossava il solito abito nero, lungo sino alle caviglie, con un colletto bianco’’. Poi subito al lavoro. Un monito per i nostri tempi e una riflessione sulla nuova povertà economica e di valori.

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Gian Mesturino

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