L'elenco dei benefici della diocesi di Vercelli risalente alla fine del Duecento attesta la presenza nel territorio di Lu di tre chiese parrocchiali. Quella di San Pietro è la più antica: sorta probabilmente all'inizio dell'XI secolo all'interno del nucleo ovoidale che corona la sommità del colle, viene ricordata nel 1055 tra i possessi del monastero di San Pietro di Savigliano.
Oggi è inglobata, come cripta di San Valerio, all'interno della parrocchiale di Santa Maria Nuova, eretta nel maggio 1479 e subito divenuta collegiata per il trasferimento delle prerogative della chiesa di San Giovanni di Mediliano.
Dedicate a San Nazario e a San Giacomo Apostolo, le altre parrocchiali sorsero, invece, al di fuori del primitivo anello urbano, sull'asse dei successivi insediamenti abitativi. Scrive Bruno Ferrero in «Una chiesa ferita. La Parrocchiale di San Giacomo di Lu dalle origini al secolo XVII», sul terzo numero di «Quaderni Luesi»: «Dentro l'assetto dell'antico concentrico luese, l'ubicazione delle chiese di San Nazario e di San Giacomo appare facilmente correlabile con le due linee principali dell'espansione insediativa: quella verso sud in direzione Montalto, per quanto concerne San Nazario, e quella verso nord-est in direzione dell'attuale piazza Gherzi, per San Giacomo. Risulta inoltre evidente che entrambi gli edifici sorsero al di fuori dell' anello delimitante l'antico castrum signorile: prima San Nazario, a ridosso dell'anello medesimo, più tardi San Giacomo, ai margini dell'espansione insediativa e attigua alla cinta muraria. Tali osservazioni inducono a collocare la fondazione delle due chiese nel periodo in cui il villaggio fortificato di Lu (il castrum, attestato a partire dal 1156), espandendosi oltre il nucleo arroccato ad anello sulla cima del colle, subì una progressiva differenziazione tra la parte alta, sempre più riservata ad uso esclusivo del signore (e già dotata della cappella poi chiesa di San Pietro), e gli insediamenti sottostanti della popolazione che, mentre si andava organizzando in comune rurale, promuoveva la costruzione (per esigenze pratiche ma anche per rivendicare una certa autonomia religiosa) prima della chiesa di San Nazario, poi di quella di san Giacomo».
E poco dopo aggiunge: «Questo processo di espansione/differenziazione appare ormai definito nel 1255, quando a Lu viene attestata, oltre alla presenza di tre consoli (e quindi di una comunità organizzata), anche l'esistenza di un recetum, che designava verisimilmente uno spazio adibito ad uso pubblico del nuovo ampliamento abitativo. È nel secolo che corre tra queste due date (1156/1255) che va posta, con buona probabilità, la fondazione delle chiese luesi di San Nazario e di San Giacomo; e tenuto conto della priorità della prima, si può ipotizzare che la costruzione della seconda avvenisse intorno al Duecento o nei primi decenni del XIII secolo; datazione, oltretutto, che delimita uno spazio di tempo ragionevole per permettere alla nuova chiesa di diventare l'unità operativa, dotata di beneficio, che l'elenco vercellese del 1298 o 1299 ci trasmette».
Superati nei secoli i seri pericoli di soppressione e le difficoltà prodotte dalle numerose demolizioni e ricostruzioni tra Cinque e Seicento, "la chiesa ferita" è sopravvissuta come parrocchia fino al decreto vescovile del giugno 1986. Poi, dichiarata pericolante alla fine del 1997, è ritornata all'antico splendore grazie ad una lodevole e completa opera di restauro promossa dall'Associazione Culturale San Giacomo e conclusa nell'estate del 2002.
Dionigi Roggero
CON SAN GIACOMO LU ENTRA NEL CIRCUITO MOMU (MONFERRATO MUSEI) - UN AFFRESCO DA SCOPRIRE
Appuntamento a Lu Monferrato, davanti alle morbide linee barocche della chiesa di San Giacomo con Leo Rota, monferrin-torinese (prima lavorava alla Fiat, ora ha una ditta di antifurti). Rota è presidente dell'Associazione San Giacomo, un sodalizio che fa tornare questo paese all'antico splendore (nel 1700 aveva 35 tra monasteri e chiese, oggi ridotte a una decina, ma è sempre un gran numero) dopo anni di oblio (e crolli... basta guardare al palazzo Bobba). La classe non è acqua e Rota ci confessa di aver imparato molto dagli Olivetani dove ha studiato 5 anni.
Abbiamo l'onore di entrare tra i primi al Museo di San Giacomo inserito nel circuito MoMu (Monferrato Musei con Duomo, Sinagoga, Crea, non è poco, ma, come vedremo, se lo merita). Si farà l'inaugurazione a settembre.
Nella prima sala citazione per un «Sant'Antonio col Bambino» di Orsola Caccia del 1652 con una serie strepitosa di fiori della zona.
Nella seconda sala ammiriamo un crocifisso del '500 che ci introduce a un altro quadro di Orsola Caccia «Madonna col Bambino e i Santi Rocco e Defendente», poi ecco «San Giovanni Nepomuceno», «Eraclio che porta la croce» simile a quello della chiesa casalese di San Domenico, altri due quadri uno del Giovenone, l'altro lascito di don Falaguerra. Curiosa una antica bandiera della Pia società cattolica operaia. Curiose le aste processionali di confraternita. con la doppia effige a seconda del nome della Confraternita stessa.
La terza sala ospita la raccolta statuaria: una Madonna di cartapesta dell'800, una Madonna del '600, due crocifissi del '700 e '800, un San Defendente (da restaurare), un espositore del Santissimo ritrovato in un pollaio o similia visto il tipo di «doratura», un San Biagio con la mano nuova e quella «vecchia con calice», una Madonna processionale dell'800.
Entriamo in sacrestia, ci sono paramenti molto belli, non sappiamo più dove guardare, gli armadi rivelano reliquiari da valorizzare, poi due quadri, uno dei «Santi Bovo, Sebastiano e Zeno con un neonato in fasce», l'altro di Angelica Bottera, già in deposito al duomo di Casale (restaurato sarà un gioiello, bsta vedere la finezza degli abiti).
Di qui passiamo in chiesa. Nel catino absidale, sopra il coro, una tela di Giuseppe Antonio Torricelli da Lugano con la "Decollazione di San Giacomo" (1779), un giornoad Ameno vedemmo dei suoi bozzetti, che piccolo il mondo. Pregevoli le cappelle di testata, una del '600 con al Madonna del Carmelo, l'altra di San Rita. Le decorazioni settecentesche delle volte delle navate laterali sono di Gian Antonio Torricelli, fratello di Giuseppe, della navata centrale, con cielo stellato, di Giuseppe Aceto (metà '900). Due i confessionali, uno del '600, l'altro forse più raro di verna, un pioppo rosso di pianura. Ci fermiamo davanti al Battistero, intrigante, e mandiamo le immagini a Colle di Cal d'Elsa, a quello che è il nostro super consulente, il prof. Olimpio Musso: risposta: colonna di base rinascimentale, conchiglia del 1200, coprifonte ottagonale in legno, seicentesco.
Diamo un'occhiata anche al piano superiore della canonica di San Giacomo oggi sede dell'omonima Associazione (complimenti anche per il sito internet) e della redazione del giornale «Al pais ad Lu» e di un buon archivio; mentre scendiamo le scale (perigliose, le sperimentammo un giorno con il «lato b») «drin» al telefonino di Rota: è il comune amico maestro Sergio Marchegiani che annuncia il prossimo concerto per il decennale di Echos l'11 aprile in Santa Maria. La musica è un altro buon elemento per far conoscere questo delizioso paese.
Seconda tappa in alto, quasi a fianco della torre (a cui han finalmente tolto gli "orecchioni", leggi ripetitori) alla Chiesa di San Nazario del 1100. Era la chiesa dei nobili Bobba (restano lapidi funerarie affisse sul muro di destra). Entriamo in sacrestia e di qui (aprendo una vecchia porta sul giardino) vediamo un olivo "storico", gli han fatto in Universita' il dna edgli ulvi e' del 1500-1600, proveniente forse dalla Terra Santa, e' un poco l'insegna di una nuova coltivazione in Monferrato.
I lavori di restauro (costosi) sono iniziati dal tetto e, per uno stacco di intonaco sul lato sinistro della chiesa , è apparso un affresco, per ora una faccina, ci ricorda Vignale dove due occhi hanno rivelato poi una dolcissima, quanto importante per l'alta epoca, «Madonna del latte...».
Luigi Angelino
FOTO. San Giacomo (nel lancio); l'ingresso al Museo di Lu, il muro a destra e' quello di San Giacomo; la "Madonna" di Orsola Caccia (particolare, notare anche la cornice originale); e particolare dal secondo quadro di Orsola, da studiare per la botanica monferrina