Il dramma della mortalità infantile e il dolore per le "morti bianche"
di Roberto Faroni
E’ da un po’ di tempo che mi frulla nella testa un’ ipotesi di spiegazione di un problema balzato all’evidenza della stampa nel mese d'agosto. Non ho mai voluto scriverne prima per una sorta di scaramanzia e per evitare inutili (me lo auguravo di cuore!) patemi d’animo ai miei familiari avendo due nipotini arrivata una e appena arrivato l’altro. Ma ora mi sono deciso. Il dolore di una morte prematura di un figlio è ineliminabile perché sia fisicamente sia psicologicamente innaturale.
Con questa mia vorrei cercare almeno di alleviare o addirittura di annullare quell’ inconscio senso di colpa che tale evento può generare. Intendo parlare delle cosiddette “morti bianche”; chiaramente non quelle che hanno una qualche causa fisicamente logica tipo “rigurgito” o similari. Intendo quindi solo quelle morti che avvengono entro un anno dalla nascita e che sono “inspiegabili” da qualunque parte le si osservino.
Penso che tutti i possessori di computer sappiano della cosiddetta “mortalità infantile” cioè di quelle “morti” del PC che si evidenziano nei primi 6/8 mesi dalla data d’acquisto; superato tale scoglio il computer funzionerà senza assolutamente nessun intoppo fisico per una vita! Una spiegazione è proprio quella fisica. Quando il computer è in funzione la corrente elettrica scorre in tutti i suoi circuiti generando calore come un qualsiasi circuito elettrico. Ipotizziamo ora che una qualunque connessione non eseguita a perfetta regola d’ arte (e sto parlando sia del microchip sia dei componenti la scheda madre) abbia una incrinatura sia pure quasi invisibile ad occhio nudo, se attraversata dalla corrente elettrica si dissaldi dal resto del circuito. In qualsiasi momento (nei primi 6/8 mesi) la connessione potrebbe lasciare il circuito “aperto” nel senso che le istruzioni che avrebbero dovuto raggiungere un determinato punto non arriverebbero “mai” perché “disconnesse”. Ecco la mortalità infantile di un computer! Il nostro cervello è miliardi di volte più complicato (e migliore) di un qualunque computer per quanto grande esso sia. Ma è pur sempre, il suo funzionamento, ancorato alla fisicità materiale dei suoi componenti. Che cosa potrebbe succedere allora nel primo anno di vita di un neonato? Penso che il cervello, nell’intento di costruire una vita sana al suo datore di lavoro, stia cercando di costruirsi “passo dopo passo” una serie pressoché infinita di connessioni neuroniche sia nel suo interno sia nelle periferiche (colonna vertebrale etc) a cui demanda tutta una serie di servizi per alleggerire il carico di programmazione. E’ ovvio che il cervello controlli quanto possa succedere in ogni parte del corpo e se, per caso, un qualcosa andasse storto cerchi la soluzione più ottimale per risolvere l’inghippo. Per lo stesso principio il computer sceglie una traccia alternativa per ovviare all’ impossibilità di scrittura su un settore avariato. Ora supponiamo che tra le miliardi di miliardi di sinapsi neuroniche una qualunque non sia collegata al circuito neuronale. Il comando, ad esempio, partito dal cervello per ordinare al cuore di battere o ai polmoni di respirare si perde nel “nulla” per la connessione neuronica mancata. Penso che tutti i comandi del cervello, anche se demandati alla periferia, abbiano un codice di ritorno per controllare che tutto funzioni a dovere; ovviamente il cervello creerebbe un circuito alternativo per ovviare alla défaillance fisica. Ma il cervello potrebbe non aver ancora terminate le sue fasi per avere il pieno controllo del sistema e così il comando si perde, senza possibilità di recupero, nel nulla. È qui, purtroppo, che avviene la cosiddetta “morte bianca” dove non c’è responsabilità alcuna o possibilità di porvi rimedio neppure come diagnostica preventiva visto l’infinito numero di sinapsi da controllare! Questa mia spiegazione la dedico a tutti quei genitori che abbiano provato o che, purtroppo, proveranno tale dolore: a tutti la mia personale vicinanza e condivisione.