Lotta all'amianto: c'è un'altra spia. Avvicinata anche la pasionaria Fernanda Giannasi: «Sono furiosa».
di Massimiliano Francia
Durante il Processo Eternit di Torino era emerso chiaramente che i metodi utilizzati dall’industria killer dell’amianto erano standardizzati e costanti, e che si perpetuavano in tutto il mondo passando... di lobby in lobby.
Ora - quasi a conferma di tutto ciò - è emerso in queste settimane che in Inghilterra è stata individuata una nuova “spia” al soldo dei produttori di morte che - fingendosi un documentarista - si era infiltrato tra le associazioni che si battono contro l’utilizzo dell’asbesto per vendere informazioni riservate a chi svolge questa sciagurata attività “industriale”, che continua a essere una solida fonte di guadagno in ancora due terzi del mondo.
Casale Monferrato
Durante il Processo Eternit di Torino era emerso chiaramente che i metodi utilizzati dall’industria killer dell’amianto erano standardizzati e costanti, e che si perpetuavano in tutto il mondo passando... di lobby in lobby.
Ora - quasi a conferma di tutto ciò - è emerso in queste settimane che in Inghilterra è stata individuata una nuova “spia” al soldo dei produttori di morte che - fingendosi un documentarista - si era infiltrato tra le associazioni che si battono contro l’utilizzo dell’asbesto per vendere informazioni riservate a chi svolge questa sciagurata attività “industriale”, che continua a essere una solida fonte di guadagno in ancora due terzi del mondo.
I morti e... i dollari!
Sembra infatti incredibile, ma le decine (o molto più verosimilmente le centinaia di migliaia di morti causati dall’amianto, molti nei decenni passati non sono stati registrati nei registri dei tumori) non sono sufficienti a suscitare il benché minimo sussulto umanitario e morale, non servono a fermare questa orribile speculazione.
E così fare la spia per i “baroni della morte” in giacca e cravatta frutta sempre molto, molto denaro.
Lo sa bene la spia scovata in Inghilterra che - secondo un servizio pubblicato nei giorni scorsi sul “Guardian” - avrebbe incassato in quattro anni ben 460.000 sterline, di cui 336.000 circa come onorario per le sue prestazioni e 130.000 circa come rimborso per le spese sostenute per lo svolgimento della sua attività spionistica.
La vicenda - dopo essere stata resa nota dai media inglesi - è stata rilanciata nei giorni scorsi da Fernanda Giannasi, pasionaria dell’amianto, protagonista della lotta in Brasile e da molti anni amica del movimento italiano. La Giannasi è furiosa perché la spia (che tutti sanno chi è ma sulla cui identità vige ancora il segreto istruttorio in quanto le indagini della magistratura sono ancora in corso) l’aveva contattata «in occasione di due viaggi che feci a Washington, mi invitò a cena e per pura intuizione e perché mi insospettì il suo modo di fare domande che sembrava un interrogatorio, rifiutai di partecipare al suo progetto», racconta la stessa Giannasi. Nei prossimi giorni - aggiunge - sarà probabilmente sciolto il segreto «e si saprà chi è il Mata Hari dell’amianto».
«È una spia che lavorava sul “mercato” internazionale delle grandi industrie dell’amianto», aggiunge Bruno Pesce, coordinatore del Comitato Vertenza Amianto.
«Una cosa simile a quello che aveva fatto qui a Casale Cristina Bruno. Anche noi dal 1984 al 2005 siamo stati spiati: non solo l’associazione ma anche procuratori, giudici, amministratori chiunque - insomma - svolgesse una attività o una funzione che potesse infastidire o nuocere a Stephan Schmidheiny. Tutto quanto veniva valutato in funzione delle difesa dei loro interessi e - inpassato - per dare continuità all’utilizzo dell’amianto».
Proprio come avviene ora nei Paesi in cui l’amianto viene criminalmente spacciato per un materiale sicuro.
Nella foto Fernanda Giannasi