Le esigenze della Chiesa e gli educatori nel campo affettivo-sessuale
di Fausto Botto
Dopo trent’anni di professione medica e la frequenza a decine di corsi di aggiornamento ritengo di esprimere qualche parere sul corso dell’affettività tenuto dalla Diocesi di Casale appena concluso. Da un punto di vista teorico l’iniziativa appare valida per rispondere alle esigenze di una Chiesa locale sparsa in una miriade di piccole parrocchie spopolate e con possibilità ridotte al minimo.
L’idea motrice era quella di formare educatori in campo affettivo-sessuale: obiettivo ambizioso che richiede risorse culturali robuste e competenze bioetiche di non facile acquisizione, neppure per quei medici (pochi) interessati alla materia. Resta la difficoltà del dialogo con una società secolarizzata ed indifferente. Chi vuole insegnare bioetica deve unire a sicure conoscenze scientifiche la capacità di tradurle in termini accessibili a tutti e deve dar ragione delle sue affermazioni. È finita infatti l’epoca in cui si era disposti ad accettare norme morali calate dall’alto senza discutere: i contemporanei vogliono essere protagonisti e non sudditi.
Buona la frequenza al corso, ma si evidenzia un difetto importante: i presenti non si conoscono tra di loro se non per piccoli gruppi e restano sconosciuti fino alla conclusione. Non è così che si costruisce una comunità cristiana. È prioritario creare una “comunità pensante” di persone convinte e affiatate, disposte alla crescita e all’aiuto reciproco L’impianto tradizionale di svolgimento mostra tutti i limiti delle lezioni frontali: anche il conferenziere più interessante non deve prolungarsi oltre un’ora per non abusare della pazienza degli ascoltatori.
Il maggior spazio sia lasciato ai partecipanti, veri attori e non spettatori, ai loro rilievi e apprezzamenti liberamente esposti in un proficuo dibattito, superando la consuetudine delle poche domande finali poste all’oratore in tono reverenziale, come di chi non ha capito o non sa nulla. Seguendo uno schema già collaudato negli anni scorsi è indispensabile che gruppi parrocchiali, culturali, scolastici e anche singoli cristiani di buona volontà preparino qualche argomento e dopo essersi presentati lo mettano in comune per l’utilità di tutti. Non occorre essere dottori o professori per tale compito: anche le persone semplici o di limitata cultura possono offrire significativi esempi di vita vissuta, meglio di tanti”esperti”.
Per sostenere una”comunità pensante” all’altezza dei tempi bisogna arricchire una didattica povera e stanca con strumenti culturali quali il grande cinema, di cui in passato la Chiesa aveva colto l’importanza realizzando una catena di sale cinematografiche (vedi Acec l’Associazione Cattolica Esercenti Cinema). Ricordo con nostalgia il cineforum organizzato negli anni ‘70 presso la sala del “ Silvio Pellico”, affollata di giovani.
Durante l’incontro di ottobre ho proposto in tempo utile la proiezione di un breve documentario ( 11 minuti ) sulla vita dei bambini abbandonati. Proposta respinta: i bambini abbandonati non interessavano e forse davano fastidio. È impossibile fare vera cultura senza il cinema d’autore per trattare in modo coinvolgente i molti problemi della sessualità,dell’educazione e della famiglia. Illuminanti le parole del regista Francesco Rosi: “ la potenza di rappresentazione e la carica di riflessione che un film si porta dietro restano uniche. Il cinema deve parlare dei problemi del Paese,avendo fiducia nel pubblico”.
Direi due parole su coloro che nelle varie diocesi sono nominati responsabili della pastorale familiare. Si tratta di laici, solitamente coppie, scelti in base a speciali caratteristiche morali: non ricercano la propria visibilità ma promuovono interesse e partecipazione. Non pretendono di apparire i più colti (ci sarà sempre qualcuno più colto di noi su un dato argomento) ma di essere dei bravi organizzatori, ben disposti ad accettare idee e contributi. Così dovrebbe essere.
Il Concilio affermava:”Gli esperti nelle scienze, soprattutto biologiche, mediche, sociali e psicologiche possono portare un grande contributo al bene del matrimonio e della famiglia ed alla pace delle coscienze, se, unendo i loro studi, cercheranno di chiarire sempre più a fondo le diverse condizioni che favoriscono un’ordinata e onesta procreazione umana”(Gaudium et spes n.51).
Nel lontano 1984 il compianto don Gigi Gavazza mi mandava per la prima volta ad un corso parrocchiale per fidanzati e scriveva che un medico a ciò vocato era un’autentica benedizione del Signore. Un sondaggio Coesis pubblicato dal settimanale “Famiglia Cristiana” n. 37 del 2009 riporta siffatte domande agli intervistati: La Chiesa è capace di confrontarsi con la società riguardo all’educazione sessuale? Risponde sì il 28%, no il 60%.
Nel campo dell’educazione affettiva e sessuale vi sentite aiutati dalla Chiesa? Risponde si il 24%, no il 66%.
Una comunità che pensi questi problemi e poi si metta al servizio di tutti appare necessaria alle nostre Chiese locali, se vorranno sopravvivere ad un malinconico tramonto.