Centrosinistra e centrodestra, le manovre politiche nazionali e i protagonisti a livello locale
di Evasio Soraci
Evasio Soraci ci ha mandato un intervento sulla politica nazionale e locale. Lo ha scritto subito dopo Ferragosto, ma per mancanza di spazio sull'edizione cartacea de "Il Monferrato", solo ora riusciamo a pubblicare. In contemporanea lo proponiamo anche sull'edizione online.
A casa nel caldo ferragostano è il momento propizio per fare qualche riflessione pacata sulla politica nazionale e locale. Come tutte le idee le mie possono essere approvate, non condivise, discusse, ed io al confronto sono apertissimo.
A livello nazionale premetto di essere stato completamente deluso da Renzi, che pur a suo tempo avevo convintamente votato alle primarie (spiegare il perché ci porterebbe troppo fuori discorso, ma aiuta a capire ciò che voglio dire la rilettura del mio articolo su “Il Monferrato” di martedì 8 marzo 2016 a p. 27 in difesa dei piccoli comuni). Ma due aspetti oggi attirano la mia attenzione. Uno è il Movimento 5 Stelle. Molte critiche da loro rivolte alla classe dirigente sono sacrosante, molte loro idee sono giuste e in tanti casi hanno già dimostrano comportamenti coerenti con tali idee. Il problema, se vogliono arrivare a governare il paese, è che devono definitivamente crescere, troncando del tutto col cordone ombelicale dell’attore comico che fa loro da cassa di risonanza. Devono dimostrare di non averne più bisogno. Devono studiare, prepararsi, irrobustirsi; devono saper passare dalla pars destruens del “vaffan ..” alla pars astruens: il governo sbaglia nel tal provvedimento; benissimo; spiego bene il perché; dico con precisione e chiarezza cosa farei io al suo posto.
Ma soprattutto devono farci capire qual è il progetto, anche a medio – lungo termine, che hanno in testa per l’Italia. L’altro aspetto è come si sta muovendo colui che penso potremmo ormai definire il nuovo “capo in pectore” di Forza Italia, Stefano Parisi. Mi sembra si stia muovendo decisamente bene. Intanto è uomo pacato e razionale, che sa ponderare quello che dice. Poi grazie a lui (finalmente, dopo tanti atteggiamenti e azioni di piccolo cabotaggio!), si ricomincia a pensare in grande. Mi spiego evidenziando alcuni punti.
1) Ritiene che il No al referendum istituzionale (così voterò anch’io e l’articolo che ho citato può far capire il perché) debba vertere esclusivamente sui temi importantissimi propri del referendum stesso, e non diventare un plebiscito (che tristi ricordi suscita la cosa!) a favore o contro la persona di Renzi.
2) Pensa che obiettivo del suo partito non debba essere quello di mandare a casa Renzi, che (naturalmente se continua ad avere una maggioranza parlamentare) ha tutto il diritto di governare sino al 2018.
3) Pensa che la guida del centro – destra debba essere di segno moderato.
4) Pensa che un cambiamento della Costituzione (non certo nei principi fondamentali, ma in quelle parti che investono l’aspetto elettivo – istituzionale) debba venire da una apposita Assemblea Costituente.
Questo è davvero un pensiero in grande e di prospettiva. Anche la nostra Costituzione che è -ripetiamolo con fierezza di italiani- la più bella ed avanzata del mondo e che ci ha dato in modo permanente libertà e democrazia viene dall’intelligente lavoro di una Assemblea Costituente. E’ vero che mancano i cervelli eccelsi di allora di tutte le formazioni democratiche e antifasciste (Benedetto Croce, Alcide De Gasperi, Ferruccio Parri, Pietro Nenni, Palmiro Togliatti, Umberto Terracini), ma l’idea di una Assemblea costituente oggi, sia pure per questioni più limitate rispetto a 68 anni fa, è idea geniale: se fatta seriamente non può che venirne un bene per la patria. Quando si mette mano ad una modifica di una Costituzione nazionale, questa non deve essere opera di una parte, sia pure maggioritaria, delle forze politiche e del Parlamento, ma il confronto serio deve portare a risultati condivisi da tutte le forze politiche presenti nell’Assemblea elettiva nazionale.
E qui ci viene proprio a pennello passare dalla politica generale a quella casalese.
Per il centrodestra vale esattamente lo stesso discorso. Bisogna partire dal ragionamento seguente: il centro (anche se si può trattare di un fatto strano ed apparentemente inspiegabile), che politicamente non esiste più (se non qualche partitello ormai insignificante, che raccoglie lo 0,0 …..% e che sarebbe più dignitoso chiudesse ufficialmente bottega) è invece la maggioranza nel paese, nell’opinione pubblica, nell’elettorato. E vince le elezioni lo schieramento che riesce ad avere la fiducia di questa componente moderata che è maggioranza nel paese. Il centrodestra casalese ha già l’uomo giusto a questo fine, ed è - a mio avviso - l’attuale consigliere comunale Giorgio Demezzi, che dovrebbe essere riconosciuto come leader naturale della coalizione di centrodestra e (di conseguenza, anche se è ancora presto) naturale candidato sindaco per le prossime elezioni comunali. Giorgio Demezzi, moderato, liberale, cattolico, è proprio la persona giusta per conquistare quel centro moderato, maggioritario anche nella opinione pubblica casalese, che elettoralmente fa la differenza. Spero proprio che nel suo partito non vi sia nessuno che metta in discussione ciò. Ma vorrei rivolgermi anche a Fratelli d’Italia e alla Lega.
Tra loro vi sono tantissimi dirigenti e iscritti di provata onestà. Potranno sicuramente esprimere consiglieri ed assessori di tutto rispetto; ma un candidato sindaco che venga dalle loro file -che sarebbe sicuramente una bravissima persona- sposterebbe troppo a destra il baricentro dello schieramento e si perderebbero le elezioni proprio non riuscendo a captare il consenso della maggioranza dell’elettorato che -come abbiamo detto- anche a Casale è di segno centrista e moderato.
Se andiamo dall’altra parte, al PD, così come si presentano le cose attualmente, c’è poco da stare allegri. Tale partito non ha saputo esprimere che una Giunta mediocre, una sostanziale incapacità di reggere con efficacia la cosa pubblica, non escluso qualche episodio di malaffare. Certo di quest’ultimo nulla è imputabile direttamente alla Giunta o all’intero PD; sta però di fatto che poco si è controllato, è venuta a mancare la vigilanza ed anche la pur sempre necessaria selettività; come è mancata una seria discussione su cosa sia veramente capitato, sul perché sia capitato, su quali provvedimenti si intendano prendere perché il partito sia vaccinato per sempre rispetto a simili episodi.
Non mi pare di intravvedere un futuro per il PD casalese, se non uno. Che l’attuale gruppo dirigente si faccia in toto (o quasi) da parte e torni a guidare il partito quella componente che se ne era staccata nel periodo della scelta di Crisafulli come candidato sindaco, quella componente che - per capirci - potremmo definire ex Margherita o dei cattolici democratici (Mariuccia Merlo, Luigino Merlo, Alberto Baviera, Giorgio Ferraris, Riccardo Calvo...). Costoro garantirebbero una gestione corretta, avanzata, lungimirante, progettuale sia del partito che della cosa pubblica, essendo persone di assoluta rettitudine morale e provata capacità amministrativa. Del resto, non è forse vero che “l’età dell’oro” dell’Amministrazione comunale casalese nel dopoguerra è stata quella che ha visto sindaci come Riccardo Coppo, vicesindaci o assessori come Paolo Ferraris, assessori all’Istruzione come Carlo Baviera, assessori alla Cultura come Riccardo Calvo? Mi rendo conto che non è problema di facile soluzione. Gli attuali dirigenti del PD accetteranno di mettersi da parte e abbandonare i cadreghini senza colpo ferire? Gli amici cattolici democratici avranno voglia di prendersi sulle spalle il fardello che vado loro proponendo? Si rendano conto però che, rifiutandosi, non solo si rinuncia ad una rinascita del PD, ma anche a quella di dare vita per il futuro (anche in alternanza) ad amministrazioni comunali capaci e progettuali.
Singolarmente diverse volte la nostra città ha anticipato di alcuni anni politiche che sarebbero poi diventate nazionali. Questo vale a partire dal 1960 quando a Casale si costituì una Giunta di centrosinistra prima dei governi Fanfani e Moro – Nenni. Dieci anni dopo Casale anticipò di qualche anno il compromesso storico. Ora, se avvenissero le due cose che ho appena auspicato per i due schieramenti, Casale diventerebbe finalmente una città normale (in vista, speriamo, di un paese normale). Cioè due schieramenti che, in base al voto dei cittadini, si alternerebbero al governo della città e ognuno opererebbe secondo il programma con cui si è presentato agli elettori; però, d’altro lato, i cittadini saprebbero che, qualsiasi coalizione arrivi al governo, vengono comunque garantiti rispetto e riconoscimento reciproco, regole condivise, principi primi e valori che devono stare alla base di qualsiasi sana attività amministrativa. Abbiamo ancora tempo per pensarci (come scadenza naturale dovrebbe essere la primavera del 2019), ma, per favore, non stiamo a dormirci su, perché poi alla fine il tempo passa più in fretta di quanto non s’immagini.