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I tesori nascosti nelle chiese di Valenza

Il nostro viaggio d’autore (per la cronaca il numero 565) inizia con qualche difficoltà per raggiungere la piazza XXXI Martiri, nel cuore di Valenza, occupata nella giornata di sabato dalle bancarelle del mercato. Ci attende a palazzo Valentino Carlo Dabene, curatore della mostra di Fortunato Andreose, che visitiamo poco prima della chiusura. E’ la prima personale di un progetto che vuole riscoprire e far conoscere i pittori valenzani. L’artista, nato ad Este nel 1931 e trasferitosi a Valenza per motivi di lavoro, ha esposto nel Centro di Cultura una sessantina di quadri ad olio tra paesaggi e nature morte che testimoniano la lunga passione per la pittura. Una di queste opere, “Donne del Sud” del 1977, ha ottenuto il 1° premio “Viaggio a Mosca” per le Olimpiadi del 1980. Lo stile figurativo classico ha avuto una breve pausa negli anni Settanta, per lasciare spazio ad una pittura informale, diversa, di sensazioni. Passando tra un banchetto e l’altro raggiungiamo il Duomo dedicato a Santa Maria Maggiore, la cui struttura architettonica risale alla ricostruzione seicentesca affidata all’architetto Paolo Falcone di Lugano, mentre la facciata è stata restaurata nel 1890 dal Moriggi. Casualmente troviamo all’ingresso il preposto, mons. Massimo Marasini, parroco dal mese di gennaio. Esperto di arte genovese, ci accompagna nella visita della chiesa. All’interno ci sono molte curiosità. Una prima tappa, con le note storiche di Carlo Dabene, davanti all’antica palla di cannone incassata nel muro a destra del presbiterio. Ricorda l’assedio spagnolo del 1635 quando un proiettile entrato da una finestra cadde vicino all’altare maggiore, con grande spavento degli oltre trecento fedeli miracolosamente salvi. Poi ammiriamo nella cappella laterale a sinistra del transetto il pregevole quadro della Madonna del Rosario (in attesa di restauro), dipinto da Guglielmo Caccia nel 1620. Infine nell’ultima cappella di destra il parroco ci illustra la bella tela di Santo Stefano, attribuita al pittore milanese Stefano Maria Legnani, detto il Legnanino (1661-1713). Lasciato il Duomo, attraversiamo la via Cavour per raggiungere la bella chiesa della SS. Annunziata, più nota come la chiesa della confraternita di San Rocco o della “Buona Morte”. E’ uno degli edifici religiosi più eleganti della città, un bell’esempio di barocco piemontese. Ma la porta è chiusa. Dopo diverse telefonate della nostra guida, si materializza davanti alla bella facciata di mattoni Bruno Trombin, uno dei confratelli. In breve apre la porta e toglie l’allarme. La costruzione ha avuto inizio tre anni dopo le distruzioni dell’assedio del 1696, per iniziativa delle suore agostiniane di clausura, che condividevano il culto di Maria Annunziata. Dietro a due piccole aperture protette da una inferriata, che dividono la chiesa dal coro, partecipavano alle funzioni religiose. Nel piccolo spazio un tempo riservato alla clausura, possiamo ammirare un bel paliotto realizzato dai Solari nel 1740, danneggiato da un maldestro tentativo di asportazione dopo la soppressione napoleonica. Nella sottostante cripta il sepolcreto delle suore di clausura. Dal 1988 la chiesa è la sede spirituale del Corpo dei Vigili Urbani, che ogni anno il 20 gennaio festeggia il patrono San Sebastiano.

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Michele Castagnone

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