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  • 16 gennaio 2008
  • Casale Monferrato

Un "Gattopardo" a Casale - La figura di Chevalley

Rileggendo in questi giorni il bel volume «Monferrato lo scenario del Novecento» a cura di Valerio Castronovo con la collaborazione di Enrico Lusso (edito dalla Cassa di Risparmio Alessandria spa e Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria) ho riflettuto su alcuni studi, capaci di stimolare successivi interventi e approfondimenti. È il caso dell'ampio saggio a cura di Elio Gioanola e Dionigi Roggero, "Antologia Monferrina" L'immagine di Casale e del Monferrato negli scrittori del Novecento. Tra i grandi nomi di scrittori che raccontano il Monferrato, come Pavese e Fenoglio, Gioanola e Roggero scrivono anche di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, citando «Il Gattopardo». Sono le pagine dell'incontro tra Chevalley e Don Fabrizio: dopo l'impresa di Garibaldi, Don Fabrizio era stato avvisato dell'arrivo a Donnafugata del cavaliere Aimone Chevalley di Monterzuolo, segretario della prefettura che avrebbe dovuto intrattenerlo su un argomento che stava molto a cuore al Governo piemontese. Scrive Giuseppe Tomasi di Lampedusa: «La corriera giunse sul far della notte con la sua guardia armata a cassetta e con lo scarso carico di volti chiusi. Da essa discese anche Chevalley di Monterzuolo, riconoscibile subito dall'aspetto esterrefatto e dal sorrisetto guardingo; egli si trovava da un mese in Sicilia, nella parte più strenuamente indigena dell'isola per di più, e vi era stato sbalzato dritto dritto dalla propria terricciuola del Monferrato». Ma c'è un aspetto nella biografia di Giuseppe Tomasi di Lampedusa che non è sviscerato, anche perché è poco conosciuto: lo scrittore siciliano compì dal gennaio 1919 più di un anno di servizio militare a Casale Monferrato, al Deposito del 2° Artiglieria pesante campale. David Gilmour in «L'ultimo Gattopardo» (la biografia di Tomasi di Lampedusa edita da Feltrinelli) non fa cenno a quest'intero anno in Monferrato. Una notizia si scorge nella cronologia edita nelle Opere di Giuseppe Tomasi di Lampedusa nella collana de I Meridiani Mondadori: un volume che raduna Il Gattopardo, i racconti e i saggi, e ha un'introduzione e premesse di Gioacchino Lanza Tomasi, il figlio adottivo dello scrittore. Si legge: «1919. 14 gennaio: rientra in servizio a Casale Monferrato». Fin qui i biografi dello scrittore siciliano. Negli anni il sottoscritto ha operato un'indagine sul periodo dello scrittore negli anni della Grande Guerra e in quelli successivi. Ho condiviso questa passione con due studiosi, che in modi diversi collego indissolubilmente alla corrispondenza tra il Monferrato e Giuseppe Tomasi duca di Palma e principe di Lampedusa. Uno è il professore Giorgio Rumi. Scomparso il 30 marzo 2006, era professore di storia contemporanea all'Università Statale di Milano, uomo di gran discrezione ed eleganza, soprattutto un grande storico, cresciuto alla scuola di Rosario Romeo e di Ettore Passerin d'Entrèves. Rumi aveva la passione per il Risorgimento e per la storia del Monferrato. Dell'opera «Il Gattopardo» ammirava la figura di Tancredi; l'episodio di Chevalley lo divertiva moltissimo. Me lo ricordo ancora come fosse ieri, nella sua casa milanese in via De Amicis, a discutere di Risorgimento: dell'impero asburgico come cuscinetto tra Italia e Russia nell'Ottocento e delle strategie degli uomini politici piemontesi come Balbo, Cavour e Gioberti (al quale aveva dedicato il suo ultimo libro). Rumi diventava una figura eroica del Risorgimento quando discutevamo di storia. Il professore mi chiedeva: «Come fermare gli austriaci e i russi? Con quattro pifferi d'italiani? Mica tutti sono di Casale Monferrato, che come diceva Romeo non scappano». La sua finezza nell'indagine storica era quasi fatta come un vezzo, un passatempo ozioso di un amatore del passato, interessato a rileggere i secoli indietro, fuori della mischia, au dessus de la mêlée, aristocraticamente. Ora questa mia tardiva indagine su Giuseppe Tomasi di Lampedusa è a lui dedicata. L'altro amico con il quale ho condiviso lo studio della vita e dell'opera di Giuseppe Tomasi di Lampedusa è Sergio Jaramillo Caro. Studioso colombiano, filologo, Sergio è ora impegnato nella politica del suo paese, dopo anni di noviziato intellettuale tra Heidelberg, Mosca e Parigi (i suoi viaggi in Italia erano soprattutto a Palermo e a Casale Monferrato). Giuseppe Tomasi duca di Palma e principe di Lampedusa nacque a Palermo il 23 dicembre 1896, unico figlio maschio di un'antica famiglia. Dei suoi primi anni ci narra l'autore stesso nei Luoghi della mia prima infanzia. Prima di compiere i 19 anni, Tomasi di Lampedusa è chiamato alle armi nel novembre 1915: «Volontario di un anno» a Messina. Giuseppe interruppe quindi gli studi per partecipare come tenente d'artiglieria alla prima guerra mondiale. A quest'esperienza nella sua opera si accenna di rado e sempre molto brevemente. La Grande Guerra è un conflitto che ha inghiottito milioni d'uomini, alcuni erano idealisti, sacrificati per quella che allora pareva una bella avventura, altri erano dei semplici poveracci, costretti a marciare sul fronte, altri ancora non avevano deciso nulla della propria vita, un po' perché troppo giovani, un po' perché troppo dandy e flâneur. Tra questi ultimi va annoverato Giuseppe Tomasi. Il 25 maggio 1916 è nominato caporale; in autunno è trasferito ad Augusta, in provincia di Siracusa, con la batteria di "Terre Vecchie" comandata dal tenente Enrico Cardile, siciliano pure lui e scrittore e poeta. Il 5 maggio 1917 è a Torino per frequentare il corso allievi ufficiali. Il 26 agosto è nominato aspirante sottotenente di complemento; a settembre è inviato al fronte sull'altopiano di Asiago. L'11 novembre è fatto prigioniero. Nel 1918 Giuseppe Tomasi è prigioniero nel campo di Szombathely in Ungheria, da dove cerca di fuggire. A novembre ci riesce e arriva a Trieste e fa ritorno a Palermo. Il 14 gennaio 1919, Giuseppe Tomasi rientra in servizio a Casale Monferrato. Un intero anno che precede i futuri spostamenti effettuati nel 1920 tra Roma, Genova, Palermo e Londra. NEL 1919 A CASALE- Che cosa abbia fatto Giuseppe Tomasi nel 1919 non ci è detto dai suoi biografi, ma noi proveremo a farlo, con l'ausilio di una ricerca personale. Il primo dato ritrovato è quello dell'appartenenza di Giuseppe Tomasi al Deposito del 2° Artiglieria pesante campale. Il 14 gennaio 1919, quando Giuseppe Tomasi è a Casale, "L'Avvenire. Gazzetta del Monferrato" riporta in prima pagina un lungo editoriale dal titolo "Giustizia" sulla Russia Bolscevica e sulle responsabilità di Guglielmo II nella guerra, che allora era per tutti "la guerra del Kaiser". Nel giornale si parla anche della lotta contro la tubercolosi, particolarmente importante in quegli anni. In quel periodo al "Politeama casalese"era messo in scena uno splendido Rossini con Il Barbiere di Siviglia diretto da Gino Puccetti. Giuseppe Tomasi avrà partecipato alla Festa del Genio che si tenne a Casale Monferrato giovedì 13 febbraio 1919 in Piazza Castello? Si legge in una cronaca dell'epoca: «Era animata da una folla varia, convenuta per assistere alla cerimonia della distribuzione delle medaglie al valor militare. Il generale Squillace, comandante il Presidio, consegnò, fra manifestazioni di plauso, le onorificenze ai decorati, i tenenti colonnelli Dardano e Parmoli, i tenenti Sargian, Capurro, Ferraro, caporale Barecchia e soldati Menozzi, Matteucci, Rossi, Fenocchio e Bernasconi. Finito il discorso, la truppa sfilò davanti alle autorità, fra suoni gioiosi della musica di reggimento, e si restituì alla Caserma Carlo Alberto, dove fra selve di bandiere e trofei erano state preparate le tavole per un pranzetto che i soldati gustarono assai. Ecco il menu: salame - pasta asciutta - piatto di carne - un arancio e mezza bottiglia di vino. Alla sera, alla sede del Circolo Ufficiali in via Cavour, vi fu un banchetto di circa 200 ufficiali». Le onoranze a Natale Palli (protagonista dei voli strategici pericolosissimi sull’Adriatico, al momento della riscossa sul Piave, “Superbo pilota da battaglia, con cuore fermo, con invitta fede, con insuperabile ardimento guidò su Vienna il volo magnifico delle ali d’Italia”) e a suo fratello Silvio si svolsero a Casale domenica 2 marzo 1919. Avrebbe dovuto esserci anche Gabriele D’Annunzio; la sua assenza deluse molti ma s’improvvisò vate Leonardo Bistolfi con un vero e proprio inno alla forza. Natale Palli morirà due settimane dopo -assiderato sulle Alpi- in una delle imprese aeree dell'epoca: il raid in un solo giorno tra Padova-Parigi-Roma: atroce destino di un eroe scampato alla Grande Guerra. Giuseppe Tomasi di Lampedusa esplicò a Casale Monferrato alcune operazioni per il mantenimento dell'ordine pubblico, allora minacciato da un'ondata di scioperi: possedeva già il grado di sottotenente di complemento, per nomina del 10 febbraio 1918 ma con anzianità 30 settembre 1917. Soltanto il 26 febbraio 1920 fu collocato in congedo; il 7 maggio di quell'anno verrà promosso tenente, con anzianità 20 marzo 1919. Le esperienze e i ricordi della Grande Guerra, però, non lo abbandoneranno mai. Perfino negli ultimi anni ne parlerà alla consorte, manifestando anche il proposito di scrivere una raccolta di memorie. Dell'anno monferrino si sono trovate poche tracce fino ad ora. Si sa che terminata la guerra, Giuseppe Tomasi riprese a frequentare l'Università, prima a Genova e in seguito a Torino. Si servì poi di quest'esperienza per il suo ultimo racconto, Lighea, in cui descrive la città e gli ambienti frequentati. L'esperienza di Casale fu dura: dopo gli anni di prigionia nella guerra, fu traumatico affrontare i tumulti che si susseguirono in Italia nel biennio 1919-1920, il cosiddetto biennio rosso. Epperò abbiamo la sensazione che i personaggi conosciuti dallo scrittore nella caserma di Casale lo ispirarono per tratteggiare l'indimenticabile figura del monferrino Chevalley. Roberto Coaloa PS. Ulteriori ricerche sono in corso negli archivi militari a Casale (andremo dove sono stati depositati i ruolini del caermone) Roma e a Palermo, in più abbiamo contattato in Sicilia gli eredi di Tommasi di Lampedusa e i responsabili del Prco letterario. FOTO. Giuseppe Tomasi di Lampedusa in divisa militare, 15 marzo 1920. e Giuseppe Tomasi di Lampedusa, caporale, nella batteria del tenente Enrico Cardile (nella fila centrale, seduti, rispettivamente il secondo e il terzo da sinistra).

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