1859-Giuseppe Garibaldi e don Mandrino
osservano i nemici - Per vecchie scalette saliamo sulla cella campanaria
Giunse finalmente il cinquantanove, epoca memoranda per il nostro Piemonte e per l’Italia tutta. Temendo l’Austria che scoppiasse di nuovo in casa sua la rivoluzione, mentre le società Massoniche lavoravano indefessamente alla nazionalità dei popoli, passò il Ticino con duecento mila uomini, ed invase diverse provincie del nostro stato allo scopo di detronizzare Casa Savoia, ed impadronirsi del suo Regno. Essendo Balzola in vicinanza di Casale, dove l’esercito Austriaco aveva rivolto le sue mosse, frequenti scorrerie ebbe da esso a soffrire. Il che sicuramente incuteva timore, e spavento”. Così scrive don Giacomo Mandrino (Balzola, 1801-1883) nelle memorie pubblicate con il titolo “Un mio scritto su Balzola. Circondario di Casale” (Diffusioni Grafiche, Villanova Monferrato, 2007).
Ma il solerte parroco, dopo aver descritto la scaramuccia sulle sponde del Po tra gli austriaci e i piemontesi che presidiavano Casale, si sofferma sull’arrivo dell’Eroe dei due mondi nel paese monferrino.
“Giunto Garibaldi a Balzola, prima sua cura fu di portarsi sul campanile della chiesa Parrocchiale con una parte del suo Stato Maggiore, onde osservare i punti più elevati, che lo dominavano. Essendovi stato chiamato il Parroco, si fece additare la costa di Rive, la quale era stata omessa nel piano strategico, che gli era stato comunicato dal Ministero. Avute le opportune informazioni, Garibaldi col suo seguito discese dal campanile, ed andò alla casa del Parroco, dove si trattenne con lui per alcune ore, e dove fece una piccola refezione”.
E poco dopo aggiunge: “Ma che? Garibaldi era appena da Balzola uscito, ecco gli austriaci che comparvero, è vero in piccolo numero, ma fieri; mentre facevano glissare le loro spade sguainate ai muri delle case. Partiti gli austriaci al tramontare del sole, fummo per tutta la notte tranquilli, sebbene un po’ spaventati. All’indomani ecco uno squadrone di cavalleria nostrano. Dopo i nostri di nuovo gli austriaci. Sicché era un continuo andirivieni di pattuglie austriache e di pattuglie nostrane. Fortunatamente però non si sono mai incontrate. Arrivando gli austriaci dicevano: a Balzola comanda il nostro imperatore, il vostro re a Casale. Quando venivano i nostri, dicevano al contrario: qui comanda ancora Vittorio. Questo stato di perplessità e di incertezza durò una settimana intiera. All’indomani, che era giorno di domenica, arrivarono a Balzola mille e più austriaci. Il che mise in costernazione la popolazione. Una parte di essi si avviò verso Casale, e l’altra parte bivaccò sullo stradale, che da Balzola tende a Rive. I nostri soldati, che erano a Casale, informati del movimento degli austriaci, andarono loro incontro, ed essendosi nascosti in mezzo ai seminerii di grano, che vi erano tra Casale ed il Popolo, li presero tra due fuochi. Atterriti gli austriaci si diedero a precipitosa fuga, ripassando per Balzola a congiungersi cogli altri, dopo aver lasciato varii morti e feriti sul campo dell’azione”.
Ma ben presto, conclude don Mandrino, i timori svanirono, e si mutarono in gioia per le vittorie degli alleati.
Dionigi Roggero
434-Continua
SU SCALETTE D'EPOCA SALIAMO SULLA CELLA CAMPANARIA
Alle 15 partiamo per Balzola sulle tracce di Garibaldi.
Abbiamo ‘‘prenotato’’ la visita con il parroco don Giuseppe Unia che ci attende e ci saluta davanti alla chiesa parrocchiale e ci affida al viceparroco don Mikula Pavoll.
E’ lui che ci apre la porta del campanile e ci accompagna alla cella campanaria.
Saliamo, impolverandoci, scale ripide di legno (probabilmente sono ancora quelle di Garibaldi...); salita difficile, anche per qualche lampadina bruciata, ma si arriva in cima (col fiatone, nonostante una pausa a metà dove si ammira, da un passaggio, l’interno del tempio).
La fatica è ripagata da una vista a 360 gradi; sotto il paese con in primo piano il castello Grignolio (è un rifacimento di inizio novecento, un falso gotico, e ovviamente, Garibaldi non l’ha visto), poi la campagna verso la pianura vercellese, dove se torniamo indietro nel tempo, bisogna immaginare la presenza delle bianche divise austriache. All’improvviso un suono assordante, non sono i cannoni del nemico ma i rintocchi delle campane delle ore 16.
Altro sferragliare: è un treno da lato collina che taglia veloce le risaie.
Discesa non troppo agevole. Poi il viceparroco ci accompagna al vicino pensionato San Giovanni di Dio per la fotografia (è nel salone di ingresso) del quadro raffigurante il celebre incontro di don Mandrino con Garibaldi, opera di Idro Grignolio (un balzolese illustre, sempre attivo, autore in questo libro di un lungo excursus sui monumenti risorgimentali).
Ultimo salto al cimitero, ritroviamo la tomba di don Mandrino, a fianco di altri parroci illustri come don Carlo Bonelli di Cereseto) e il canonico don Luigi Rutto “sacerdote di squisita bontà” (di Ottiglio).
Luigi Angelino
FOTO. Il campanile della parrocchiale di Balzola; arrivo alla cella campanaria; panorama verso la pianura (il castello Grignolio è sorto dopo la salita di Garibaldi)