"Che l'aborto sia medico o chirurgico, l'esito è sempre lo stesso"
di Servizio di Pastorale Familiare della Diocesi
Desideriamo intervenire in seguito alla pubblicazione sul “Monferrato” di Martedì 5 Aprile di un articolo-intervista col nuovo primario del reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale cittadino, dottor Roberto Chiapponi che, in sintesi, si dichiara “obiettore di coscienza” ma promuove il ricorso all’aborto medico con la RU 486 in quanto ritiene che questo metodo abortivo sia “ a vantaggio della paziente, degli operatori e dell’ospedale”. (...)
Ma quali vantaggi?
“Non è da escludere che l’isolamento e la privatizzazione dell’aborto medico possa incrementare ulteriormente l’angoscia che questa decisione può causare, non alleviando – ma semmai intensificando – il trauma morale ed emotivo della paziente che abortisce, legato anche al fatto che la donna non solo sceglie di abortire, ma deve anche scegliere la modalità con cui farlo. “(Lauzon et Al., 2000)
“L’ipotesi che l’aborto farmacologico sia meno traumatico e rischioso, pur sembrando a prima vista ragionevole, contrasta con i dati scientifici oggi disponibili “(Campagnoli, TO)
“ L’aborto medico non costituisce il metodo di scelta se paragonato all’aborto chirurgico a causa di controindicazioni, frequenti reazioni avverse al farmaco, costi aumentati a causa dell’inefficienza del trattamento e delle sue complicanze, richiedenti spesso interventi chirurgici risolutivi.
E’ inoltre legato a trauma psicoemotivo maggiore rispetto a quello chirurgico ” Annals of Pharmacotherapy (2005)
Questi e teanti altri dati medici ci sono stati gentilmente lasciati dal dottor Mario Campanella medico-ginecologo presidente del CEPIMB (Centro Piemontese Metodo Billings)e sua moglie Lorella, infermiera, Coordinatrice regionale di tutte le insegnanti del CEPIMB in un incontro-dibattito sull’educazione alla Vita tenutosi a Casale l’anno scorso proprio in Aprile.
Ma come persone e come cristiani ci sembra di dover dire chiaramente tre cose:
1. Che l’aborto sia medico, o che sia chirurgico l’esito è sempre lo stesso: la distruzione di un bambino, di una vita proprio nel momento in cui questa è più debole e fragile, più indifesa, quando ancora non è neanche in grado di far sentire la sua voce;
2. Se l’intento della legge 194 era quello di tutelare le madri e non lasciarle sole di fronte al dramma dell’interruzione di una gravidanza, con l’aborto medico si contraddice questo intento abbandonando le donne sole di fronte ad una decisione gravissima e traumatica;
3. Nel concepimento di una vita è coinvolta anche la figura paterna che sembra qui totalmente esclusa e non coinvolta minimamente nel decidere che fare della vita del proprio figlio.
Facciamo nostre le parole del Pontefice di qualche anno fa:
“ L’aver permesso di ricorrere all’interruzione volontaria della gravidanza, non solo non ha risolto i problemi che affliggono molte donne e non pochi nuclei familiari, ma ha aperto un’ulteriore ferita nelle nostre società, già purtroppo gravate da profonde sofferenze ” (Benedetto XVI, Incontro con il MPV – 12 maggio 2008)