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Emergenza sanitaria

Azienda di Cerrina si è riconvertita per produrre mascherine

Il Pantalonificio di Cristina Durio ne ha donate 700 al Comune di Cerrina

Settecento mascherine idrorepellenti, lavabili e riutilizzabili filtranti ad uso generico sono state donate dal Pantalonificio Cristina Durio di Cerrina Monferrato al Comune, per la distribuzione gratuita alle famiglie del paese. Si tratta di mascherine facciali igieniche a doppio strato, antigoccia e traspiranti, dotate di elastici Latex free e stecca stringinaso, nonché arricchite da un tocco di creatività, ovvero dalla catenella di tessuto loggato da appendere al collo, per rispondere ad un bisogno di praticità e moda.

Realizzate in Tessuto Non Tessuto 100% polipropilene certificato Reach, le mascherine sono lavabili in acqua a 40° con programma delicato (no centrifuga). Per la disinfezione è sufficiente utilizzare un prodotto cloro-derivato come, per esempio, l’ipoclorito a bassa concentrazione. Tessuto e manifattura sono 100% italiani. In queste settimane di fermo e/o di rallentamento delle attività, Cristina ha così deciso di convertire una parte delle lavorazioni destinandole alla produzione di un lotto di 5000 mascherine, di cui 2500 in omaggio ai clienti del pantalonificio e a quelli dello spaccio aziendale, 700 al Comune di Cerrina Monferrato e le restanti, in vendita al prezzo di costo. Già all’inizio della pandemia, quando il fabbisogno di mascherine non trovava soddisfazione nell’offerta, Cristina aveva pensato di realizzarle, ma era risultato pressoché impossibile ottenere la certificazione necessaria per produrle.

Dopo il via libera da parte dell’Istituto Superiore della Sanità alle mascherine fai da te, «ci eravamo attivati per produrle con una nostra autocertificazione, ma è stato un iter lungo e complesso» ci precisa. Cosa ti ha spinta ad affrontare questa sfida? «Oltre ai 7 dipendenti interni, abbiamo anche tre lavoranti al domicilio. Per loro non sono previsti ammortizzatori sociali così, con le produzioni del pantalonificio ferme, ho pensato di impegnare il loro tempo e la loro professionalità, per soddisfare una prima richiesta di 5000 mascherine commissionata da un cliente astigiano. Da lì la volontà di produrne ulteriori 5000 per noi».

Pensi di convertire in modo permanente una parte della linea produttiva? «Preferirei riprendere appieno e presto con il pantalonificio tuttavia, se ci fossero richieste sostanziali, potrei anche considerarla». Qual è attualmente la situazione? «Come pantalonificio abbiamo un mercato al 20% estero (Giappone, Korea, Russia e Taiwan) che non ha sofferto della pandemia, mentre il restante 80%, che interessa negozi in tutt’Italia, è indubbiamente in sofferenza. Ci siamo ritrovati con un magazzino pieno e clienti che chiedono il conto vendita e/o dilazioni di consegna. Stiamo cercando di andare incontro a tutti, ma non è semplice. Lo spaccio aziendale, invece, riprenderà martedì 19 maggio».

Hai potuto contare sul sostegno dello Stato? «Ottenere il finanziamento di 25 mila euro che, per altro, non sarà la risoluzione dei problemi, è stato burocraticamente impossibile e sconfortante». Cosa prevedi? «Ho già messo in previsione una riduzione di due terzi del fatturato; certo, il governo dovrebbe correggere il tiro:  occorrono misure snelle e concrete, che arrivino a tutti e in tempi rapidi». Cristina è fiduciosa per se stessa, ma anche consapevole che chi, in passato, non ha potuto mettere fieno in cascina, oggi, da solo, non ce la può fare.


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Enea Morotti

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