Sessant’anni al Palli, poi un “forzato” riposo e domenica "Forza Neri"
di Gianni Turino
Sono tornato dopo tanti anni. Dal 2006 – per via di qualche accidente che mi aveva costretto ad una profonda laboriosa revisione e a diversi tagliandi - avevo smesso la frequenza al Natal Palli iniziata da gagnottino, all’inizio del 1946... mano nella mano di mio papà appena tornato, magro come un picco, dalla guerra. Se si fa una semplice sottrazione (2006 -1946) sono sessant’anni… con la stella sul cuore e di questa stella ho avuto la fortuna di esserne, per tanto tempo, il… prego non si sorrida ma me lo disse l’indimenticabile Pierino Dusio… il cantore che a questa stella ha anche creato, dovendone scrivere nel 1968 sull’Enciclopedia universale del calcio diretta da Vladimiro Caminiti, un suo epos diventato ormai, come sempre per le leggende, parte del suo Dna.
Entrai la prima volta mano nella mano di mio papà, poi la mia mano condusse i miei figli che oggi hanno condotto me: il Natal Palli come metafora della vita. Allora ti imbattevi subito nella casa di legno a ridosso del muretto che dà su via Buozzi; quella casa serviva da spogliatoio e da abitazione del Marcelin, il mitico custode, che fra il sudore delle maglie e l’urlo della folla passò la sua vita tenendo il campo e quel poco di strutture come un bon bon.
Fra la casa spogliatoio e il terreno di gioco, c’era un corridoio in robusta rete metallica che veniva sprangato quando le squadre entravano ed uscivano dal campo. Se la partita era stata particolarmente infuocata e il comportamento dell’arbitro molto discusso, da una parte e dall’altra di quel corridoio si schieravano a cordone carabinieri e poliziotti per cercare di salvare il salvabile. Un giorno - il terreno di gioco, fradicio dal disgelo, era coperto di segatura - durante il primo tempo di una Casale-Provercelli, qualcuno dal pubblico lanciò verso l’arbitro un secco “cornuto” che allora era il massimo dell’insulto e della degradazione; addirittura della dabbenaggine. Nell’intervallo l’arbitro fece leggere dall’altoparlante il seguente comunicato: “L’arbitro, signor… di Abbiategrasso comunica allo spettabile pubblico che non è sposato, che non è fidanzato e che non ha nemmeno uno straccio serva… Per cui l’epiteto “cornuto” è del tutto gratuito…”.
L’annuncio fu seguito in assordante silenzio…, ma quando l’arbitro rientrò in campo per il secondo tempo, dalle tribune di legno si alzò stentoreo un urlo: “Ma vai a cagare… E P I T E T O!”; seguì un lungo fragoroso applauso; e l’arbitro quell’epiteto, subito adottato da tutti come stradinome, se lo portò sul gobbo per tutta la vita; e anche un po’ i figli.
Confesso che in questi ultimi anni mi sono sentito distante dal Casale; sentivo che non rappresentava più l’anima della città per quale la squadra nerostellata è sempre stata qualcosa di molto più importante che non una squadra di fulbal; la stella sul cuore andava ben oltre l’evento sportivo. Poi questo afflato non l’ho più sentito perché avvertivo che chi era al vertice della società non era al suo servizio, ma se ne serviva.
Oggi sono tornato perché il presidente Coppo - a cui, forte dell’esperienza prossima alle nozze d’oro, va tutta la mia comprensione e solidarietà - ha ricreato il miracolo; ha ridato luce - da profondo innamorato - alla stella che sta tornando in simbiosi con i Cuori - quelli con la C maiuscola non quelli formali - casalesi. Spero che questo suo gesto, che va ben al di là del fatto sportivo, sia compreso da tutti, e, la dove si puote, non gli si neghi solidarietà.
Coppo è il presidente che ha ridato - nel ‘98 o nel ‘99, cito a memoria, il secondo titolo nazionale, dopo quello del ‘14: la Coppa Italia dilettanti. Oggi riprende il Casale nella situazione più bassa della sua storia, e questo è un gesto di grande coraggio che nasce dalla consapevolezza che , toccato il fondo, non si può che risalire… Forza neri!… Grazie presidente… Rientrare oggi al Natal Palli è stato come quel prima volta del 1946. Le gambe tradivano l’emozione; sul campo, verde striato e luccicante per la pioggerellina, saltellano i giocatori; su in alto gracchia, chissà che cosa, l’altoparlante; fra poco dirà le formazioni... Guardo fisso e vedo la fornace di Gabba che si disegna sullo sfondo dietro ai popolari ed a filo della collina; ma è una visione perché è da decenni che è stata abbattuta; un tempo, quando le sue ciminiere ancora fumavano, i ballatoi erano sempre affollati di operai che, tenendo occhio al forno, seguivano dall’alto la partita, e sulla collina qualcuno approfittava del pranzo al sacco per gridare, non udito, Forza neri!
Come ogni primo giorno, ti guardi attorno; il rito è sempre lo stesso… e si sente palpitare l’ansia degli sportivi che avvertono la novità antica “c’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi di antico...” scriveva il poeta. E quando, trotterellando, le squadre entrano ufficialmente in campo, l’applauso tradisce l’antico amore.
È stata una bella partita quella di domenica col Volpiano; il pareggio è sostanzialmente giusto anche se lascia, a pochi secondi dal finish, l’amaro in bocca. Ma quello che conta, ben di più del risultato, è che oggi Casale ha riscoperto il Casale… quello della stella sul cuore! Grazie presidente.