Un'accurata ricostruzione delle travagliate vicende storiche seicentesche, resa possibile dalla consultazione dell'archivio storico comunale recentemente riordinato, è stata inserita nella nuova edizione del volume di Domenico Anselmo intitolato "Storia di Murisengo dalle origini fino alla fine del Ducato di Mantova e Monferrato (1708) e del feudalesimo".
L'opera è stata appena pubblicata dalla Società Cooperativa Artigiana San Giuseppe Lavoratore (Vercelli, maggio 2008) nella collana diretta dal concittadino Teresio Malpassuto, che firma una lusinghiera presentazione. E' stata un'occasione ghiotta per mettere le mani su carte inedite che hanno consentito all'instancabile ricercatore di licenziare, come ricorda Malpassuto, questa seconda edizione della storia del borgo monferrino ricchissima di "aggiunte, puntualizzazioni, scoperte, curiosità, novità".
Tra queste spicca un lungo documento conservato all'Archivio di Stato di Torino (Monferrato Ducato, mazzo 37), redatto nel febbraio 1628 da don Gonzalo de Cordoba, Governatore di Milano per conto del re di SpagnaFilippo IV, e relativo alla successione del Monferrato dopo la morte senza eredi del duca di Mantova e Monferrato, Vincenzo II Gonzaga, avvenuta la vigilia di Natale dell'anno precedente.
Ma ben più importante per la comunità murisenghese è il giuramento di fedeltà pronunciato nel luglio 1628, conservato sempre nello stesso mazzo dell'archivio subalpino, che ha consentito allo studioso di individuare con certezza i nomi degli esponenti delle famiglie salvate dalla peste che fecero costruire la chiesetta di Santa Maria delle Grazie, più nota in paese come Madonna della Neve o semplicemente la Madonnina.
Scrive Domenico Anselmo: "Ora è risaputo in paese che la chiesa della Madonna della Neve è un ex voto di un Ossola e di un Mola scampati con le relative famiglie alla peste del 1630. Il rogito del giuramento ci permette di identificarli: si tratta di Domenico Mola e Giovanbattista Ossola, alfiere della milizia (letteralmente porta insegne in pratica vicecomandante)".
E poco dopo aggiunge: "Infatti Orsola Caccia figlia del Moncalvo ha immortalato le immagini dei loro santi protettori nel polittico dell'altare, con San Domenico che indossa la tonaca domenicana e porta l'effige della chiesetta sottobraccio a destra della Madonna col Bambino e Giovanni il Battista con il lungo bastone pastorale con la croce in culmine a sinistra. Dall'effigie si nota che la chiesetta era nata come costruzione a capanna con il tetto rialzato sulla navata centrale ed un piccolo campanile barocco. Durante la ristrutturazione eseguita nel 1831 secondo i modelli prevalenti al tempo, è stata trasformata nel tempietto neoclassico attuale".
Dionigi Roggero
UN TOUR PER MURISENGO ALTA - LA VECCHIA TORINO
-L'invito è accattivante: «Invio due copie del mio libro su Murisengo... Con l'aggiunta di tre capitoli dedicati alla storia del '600, ne ho approfittato anche per chiarire il quesito postomi da voi due anni (in un Viaggio d'autore, ndr.) a proposito del tema pittorico di Orsola Caccia nel polittico della Madonna della Neve...».
Così ci scrive Domenico Anselmo a proposito della sua fatica storica. E venerdì mattina siamo all'appuntamento con l'autore dell'opera (e signora) davanti alla chiesa sul piazzale murisenghese. Entriamo, ci raggiungono per un saluto il collega Mario Giunipero che «regna» giornalisticamente sul «feudo» di Murisengo e le insegnanti Edi Trentin di Gabiano e Stefania Timillero di Madonnina.
Uno sguardo al Polittico, prima scoperta di un nostre vecchio Viaggio d'autore, e con Anselmo che si trasforma in perfetta guida via verso la parte alta del paese partendo da piazza Lavazza., di fronte alla cascina dei Natta, del '500 (e i suoi anni li dimostra tutti).
Saliamo, a destra in via Rolfo, anticamente detta via Pasquaro (zona di pascoli).
La strada prosegue in salita sull'anticinta, l'antico fossale, siamo a Largo Allovio poi in via Umberto I. Ecco la la scuola materna e di fronte «casa Cormanno», citata dal Niccolini, come quella del farmacista Griva, vicino alla «porta», poi demolita.
Entriamo in via Saracco, antica «strada di montengo», oggi detto «il monte». In alto incomincia a incombere S Michele, rinascimentale, di proprietà del comune, con campanile del 300, una chiesa signorile, purtroppo in pessime condizioni.
A destra palazzo Crova, presidente Senato casalese , una nobiltà nera.
In queste vie strette il tempo si è fermato. Anche il panorama è notevole: l'anfiteatro, la torre diSan Pietro fino a Montiglio.
Saliamo ancora in via Cavour, ci sono i resti della «porta dell'uscetto». Siamo sotto alla chiesa parrocchiale, in piazza Anselmo, dove troviamo l'edificio quattrocentesco del vecchio comune,a costo di ripeterci meritevole di restauro o almeno di una pulizia del prospiciente terreno incorniciato da un lato da interessanti marne mioceniche. Sopra ecco la canonica con «belvedere».
Proseguiamo in vicolo Firenze.
A sinistra quella che era la «casetta del romito» (un tempo non mancavano i preti) ed eccoci alfine al piazzale del parrocchiale (chiusa). Siamo ripagati dalla visione del grande castello appena restaurato, come «nuovo», un gioiello, un poco in controtendenza con questa parte alta del paese che meriterebbe senz'altro maggior valorizzazione a fini turistici. Del resto era appellata «Turin vecc», come a Torino, dentro la cinta.
Luigi Angelino
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