Dopo il sollevamento del Monferrato, nella fase tardiva dell’orogenesi appenninica, il naturale scorrere delle acque meteoriche nella Valle Stura modellò le colline di Murisengo, scavando nei pressi di San Candido il cosiddetto “Varco del Rio”. Si tratta di una profonda spaccatura che fu oggetto di riflessione da parte dell’agostiniano Giovanni Agostino de Levis (Crescentino 1740 - Torino 1805), priore nel convento di Santa Croce di Casale, corrispondente della Reale Accademia delle Scienze di Torino e autore di diversi studi di carattere scientifico, tra cui “La Pirenta di Murisengo” (Stamperia di Pietro Barbié, Carmagnola 1793), opera dedicata al merito del parroco don Carlo Serra Madio.
L’autore del rarissimo libro, onde poter giustificare un suo presunto valore strategico in linea con un documento trovato nell’archivio parrocchiale, paragona il noto stretto dei Dardanelli, che fu nei secoli teatro di importanti scontri militari perché il suo controllo garantiva l’accesso al Mediterraneo, con il varco del Rio di Murisengo dove ci fu uno scontro nella fase italiana della Guerra di Successione Austriaca. “Quanto questa posizione (il varco del Rio) sia fatale agli Aggressori, il provarono i Gallispani i quali nel 1746 col loro sangue resero vermiglia questa valle, e perdettero il loro duce, che accompagnato da misericordiosi Murisenghini fu sepolto nella parrocchiale di Villadeati, come consta da una Lettera scritta alli 3. febbraio dell’anno suddetto dal Cappellano del Reggimento Parma [che faceva parte del corpo di spedizione spagnolo, ndr.] D. Martino Cama al vivente Preposto abbate Serra Madio”.
In realtà si tratta di un errore cronologico, come precisa lo studioso Domenico Anselmo sulla base della consultazione del libro dei convocati: «6 Febbraio 1746. Questo dovrebbe essere il giorno che Don Cama e l’abate de Levis indicano come quello dello scontro tra gli spagnoli di Villadeati e gli austro-piemontesi: cosa impossibile visto che questo lunghissimo consiglio si tiene nella casa comunale situata sul ciglio del roccione del Chiappo che domina la stretta del Rio e nessuno se ne accorge. Evidentemente lo “scontro” va spostato ad un mese dopo e quindi al sei Marzo giorno della ripresa delle ostilità».
Infatti il 3 marzo il generale Platz aveva passato il Po con 6 battaglioni austriaci sul ponte mobile di Crescentino diretti a Murisengo, dove stava arrivando anche il battaglione Mondovì della brigata Piemonte comandata dal principe di Baden.
“Un piccolo contributo, conclude Domenico Anselmo, lo portò probabilmente anche il reggimento Parma cercando di sbarrare il passaggio del Rio, infatti i battaglioni austriaci che avevano sostato a Murisengo nella notte del 4 Marzo per scendere all’alba sulla strada militare di San Candido e proseguire per Guazzolo dovettero travolgere i soldati del Parma arrivando magari in ritardo al punto convenuto”.
Purtroppo, a causa della mancanza nell’archivio storico di Villadeati dei Libri dei Convocati antecedenti il 1766, non si ancora trovata traccia della salma del comandante del reggimento Parma, scortata dagli abitanti di Murisengo per essere sepolta nella parrocchiale del comune viciniore, in quanto la chiesa di San Candido era inagibile e quella di Murisengo, voluta dal parroco don Carlo Serra Madio, fu riaperta solo nel 1750.
La tomba del comandante
C’era la neve a fianco delle strade all’appuntamento a Murisengo con Domenico Anselmo... Un Viaggio che poi si ferma causa frattura vertebrale moglie. Tutto è bene quel che finisce bene.
Anselmo, sindaco emerito di Murisengo, ha la passione per la storia (autore di diversi libri e saggi tra cui una ricerca sulla Guerra di Successione Austriaca).
Nel territorio comunale ci fu uno scontro al Varco del Rio (San Candido), una frattura tra il Montelungo e il Chiappo, paragonata “arditamente” dal De Levis ai Dardanelli. Vediamo bene questo canalone dall’inizio della strada per Villadeati. Lo contraddistingue un gruppo di pioppi. Sulla sinistra il paese dominato dalla torre merlata. “Il castello era vuoto - chiosa Anselmo - gli Austriaci arrivarono da Crescentino, l’imboscata degli avversari dalle colline di Villadeati, sulla destra”.
Nello scontro morì il comandante dei franco-spagnoli, di cui è ignota l’identità e la cui tomba non è ancora stata ritrovata. Ci dirigiamo a Villadeati, dove sarebbe stato sepolto. Anselmo ricorda anche l’assedio di Ferrante Gonzaga del 1550 circa, ai tempi del Cossè Brissac, quando furono cacciati i Deati. Ci attende in municipio il sindaco Francesco Azzalin, un maresciallo dell’aviazione dell’esercito, di stanza a Venaria (34º Gruppo Squadroni “Toro”). Con lui passeggiata nel paese fino alla parrocchiale con breve sosta al Vicolo Trieste, in quello che fu il ghetto. Poi raggiungiamo l’antica chiesa di San Remigio, dove c’era un cimitero, ma non c’è la tomba del comandante.