Lotta al mesotelioma: una banca biologica a Casale?
di Fabrizio Bonelli
A seguito degli ultimi articoli comparsi di recente su Il Monferrato sul problema mesotelioma, vorrei sottoporre un paio di osservazioni.
La prima si riferisce ad un articolo pubblicato il 2 dicembre, in cui ci si chiede se non valga la pena sperimentare un inibitore dell’interleuchina-1, già impiegato per trattare gotta o artrite reumatoide, sulla base di evidenze riportate su una pubblicazione scientifica a cura di un ricercatore di Losanna. In realtà, la novità della pubblicazione risiede nell’ identificazione del meccanismo attraverso cui la polvere di asbesto viene captata dalle cellule umane, innescando un’infiammazione cronica che può a sua volta portare all’insorgenza del tumore. Questo modello tende a spiegare la genesi della patologia da amianto (che può sfociare o non nel mesotelioma) ma, a mio parere, ha poca rilevanza nel caso in cui un soggetto esposto all’ asbesto, asintomatico, all’improvviso si ammala di mesotelioma. Nei pazienti con patologia da amianto può avere senso un trattamento profilattico con l’inibitore, ma non altrettanto dicasi per i non malati. Inoltre, attualmente non vi sono chiari segni premonitori della malattia nei soggetti normali: certamente non è praticabile il dosaggio dell’ interleuchina-1, perché la sua concentrazione può aumentare anche per altre ragioni (ad esempio per un’infezione batterica) e tutti gli altri marcatori finora esaminati non si sono rivelati sufficientemente predittivi, vale a dire che quando il test con uno dei questi marcatori è positivo il paziente può non avere nulla ed, ancor più grave, quando il test è negativo, non è detto che il paziente non si stia ammalando. In conclusione, l’inibitore non è probabilmente di aiuto per i soggetti esposti all’amianto non malati. Ma il motivo più profondo che rende questa proposta inaccettabile è il concetto di “provare” : l’inibitore dell’interleuchina appartiene alla categoria dei farmaci biologici; questi farmaci sono inseriti in una rete di interazioni molecolari molto complesse e non possono essere somministrati in assenza di una profonda analisi dei rischi condotta sul singolo paziente.
E vengo alla seconda osservazione del mio intervento, che si riferisce al nuovo centro di ricerca sul mesotelioma. Se in passato si è stati portati a considerare gli effetti collaterali dei farmaci come sottoprodotti della terapia, ora nuove tecnologie permettono di superare questo concetto di inevitabilità. Le nuove scoperte relative all’analisi del genoma umano, in aggiunta al progresso delle biotecnologie, aprono interessanti prospettive di personalizzazione della medicina. La medicina personalizzata è la nuova frontiera, in quanto consente di avere una visione olistica del paziente, a 360 gradi, permettendo la costruzione di percorsi di diagnosi e terapia quanto più possibile ritagliati sul singolo individuo.
Ritengo che sarebbe un errore ignorare l’ esistenza di queste tecnologie nella fondazione del centro di ricerca sul mesotelioma e allo stesso tempo spererei che il centro non diventasse semplicemente un luogo in cui gli ammalati si recano per assumere dei farmaci e “vedere l’effetto che fa”. Ma in concreto, cosa vuol dire occuparsi di medicina personalizzata per il mesotelioma in un centro di ricerca che verosimilmente sarà dotato di risorse limitate e nasce in un momento di grave crisi economico-finanziaria?
Le potenzialità delle tecnologie che stanno alla base della medicina personalizzata sono molteplici; ad esempio, recentemente un azienda biotecnologica olandese è arrivata a sviluppare un dispositivo diagnostico destinato alla valutazione prognostica del tumore al seno. Con l’utilizzo del dispositivo diventa ora possibile analizzare il rischio di ricorrenza di metastasi, avere una chiara visione della biologia del paziente e assistere l’oncologo nella preparazione del piano di trattamento terapeutico.
Lo sviluppo di questi dispositivi passa attraverso un processo di selezione dei geni utili che richiede la generazione, l’ analisi e l’ elaborazione di un’ enorme quantità di informazioni. Il dispositivo sarà tanto più efficace quanto più sistematico e completo sarà stato il processo di selezione. Nel caso del mesotelioma pleurico, si potrebbero immaginare due tipi di dispositivi: il primo indirizzato alla diagnosi precoce di soggetti asintomatici; il secondo indirizzato al monitoraggio dei malati per stabilire la prognosi e predire la risposta alla chemioterapia.
Il denominatore comune per la realizzazione di ciascun di questi dispositivi consiste nella raccolta prospettica di campioni biologici. Per gli asintomatici, nell’assunzione che il modello di patogenesi più verosimile sia quello immunologico, è sufficiente prelevare qualche millilitro di sangue; per i pazienti, nel corso delle indagini diagnostiche invasive, si tratterebbe di conservare accuratamente le biopsie. Casale, in questo senso, può recitare un ruolo fondamentale, per almeno 3 ragioni.
La prima è data dalla prevalenza; nella nostra città il mesotelioma è di fatto, situazione tra le poche al mondo, un tumore non raro, il che rende possibile la raccolta di una casistica sufficiente per l’analisi statistica in un arco tempo relativamente breve. In pratica si tratta di eseguire il prelievo di sangue un paio di volte l’anno per tutta la fascia di persone a rischio, (es. nati prima degli anni 70) e, per ogni campione, estrarre ed archiviare il materiale genetico relativo. In questa popolazione, si troverà, con una determinata probabilità, qualche soggetto che si ammala. Tradotto in numeri, se la popolazione di interesse è per esempio di 5000 persone, che si sottopone al prelievo 2 volte all’anno, si tratterebbe di raccogliere circa 40 campioni al giorno, da cui ci si può immaginare di isolare 10-20 casi all’anno.
Secondo, la sensibilità della cittadinanza sul tema è molto alta, per cui non appare particolarmente complicato ottenere adesione all’iniziativa.
Terzo, siamo una piccola comunità con un solo ospedale presso il quale ci rechiamo per le analisi di routine, per cui l’organizzazione della raccolta dei campioni non sembra gravosa.
In conclusione, esistono le condizioni per creare nella nostra città una “Banca Biologica per lo studio del Mesotelioma Pleurico”, che potrebbe essere messa a disposizione di Centri di Eccellenza capaci di condurre il lavoro di screening dei geni rilevanti e di produrre i dispositivi diagnostici finali.
I costi di allestimento e di funzionamento di un Laboratorio in grado di creare e gestire la Banca non sono particolarmente onerosi; inoltre se la banca fosse gestita in modo credibile, si potrebbero creare le condizioni per partecipare ai progetti di ricerca dell’UE, così da accedere a selettive e significative fonti di finanziamento.
In conclusione, sarebbe auspicabile che tutte le forze che oggi si occupano del tema lavorassero in concerto e trovassero il modo di canalizzare tutte le risorse economiche sulle attività del Centro. Credo che con il concorso della Fondazione dei familiari delle vittime del Mesotelioma che svolge un ruolo fondamentale nell’ attività di assistenza e di sensibilizzazione al problema, della Fondazione Buzzi, che può facilitare l’accesso ai Centri di Eccellenza in virtù della sua presenza e della sua credibilità nazionale ed internazionale e della Sanità locale, che rappresenterà il cuore dell’attività, grazie alle proprie competenze e strutture, sarà possibile realizzare qualcosa di importante a Casale, per onorare la memoria delle vittime e per assicurarci un’assistenza medica migliore.