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Intervista
“Verità nascoste da Piazza Fontana al Moby Prince", il nuovo libro di Monica Triglia
Insieme a Luigi Ferro
Esce, per le edizioni Zolfo, il nuovo libro di Monica Triglia, scritto con Luigi Ferro: “Verità nascoste,” da piazza Fontana a Moby Prince: la giustizia negata e I familiari delle vittime.Abbiamo intervistato l’autrice, che cominciò la sua attività professionale a “Il Monferrato” e per anni è stata vice direttrice di Donna Moderna.
Da cosa è nata l’idea del libro?
Da un articolo che Luigi ha scritto per Allonsanfàn.it .Terminava con queste parole: “Andrebbe raccontata la storia dei familiari delle vittime di stragi e altro, della loro lotta contro i mulini a vento, del loro essere cittadini consapevoli che rivendicano il diritto alla verità,, mentre lo Stato ti combatte in nome a volte della Ragion di Stato e più spesso per biechi fini politici”.
Di stragi in Italia ne sono avvenute parecchie, di tipo diverso: l’areo a Ustica, la bomba alla banca dell’Agricoltura, Piazza della Loggia, giusto 50 anni fa. Voi le avete unificate, per così dire, mettendovi dalla parte dei familiari?
Ci siamo concentrati sull’impegno dei familiari delle vittime. Persone che sono andate a sbattere contro qualcosa di enorme e terribile che ha stravolto per sempre le loro vite. E che, partendo da un dramma individuale, hanno costituito movimenti collettivi e cercato l’appoggio della società civile, della cultura, dell’opinione pubblica, della stampa. Persone che hanno unito le forze con l’obiettivo di ottenere verità, alla ricerca dei veri colpevoli, alla ricerca non di vendetta ma di giustizia.
Un racconto doloroso
Abbiamo voluto raccontare il lavoro di persone che diventano protagoniste sollecitando le indagini, supportando l’azione dei magistrati, invocando la politica affinché non lasci solo chi indaga. Lo fanno con un impegno difficile, superando ostacoli come il trascorrere del tempo, che sbiadisce particolari, testimonianze, contesti. Chissà, mi sono chiesta più volte, se chi ha dato il via a tanto impegno, avrebbe mai immaginato all’inizio di dovere intraprendere percorsi interminabili.
Non si tratta però soltanto di storie individuali, ma legate all’associazionismo
L’associazionismo dà la forza per superare i propri limiti. Aiuta a non rinchiudersi in un comprensibile dolore e a trovare la forza e la determinazione per andare avanti. Quello che colpisce delle storie che raccontiamo è proprio la determinazione delle persone capaci di sostenere anni di impegno con indagini che vanno a rilento, assoluzioni in tribunali: senza mollare mai.
La loro tragica esperienza li ha inevitabilmente trasformati
Sì, hanno un’immagine pubblica, devono confrontarsi con giudici, avvocati,, ministri fino al presidente della Repubblica. Devono costruirsi una competenza Si improvvisano investigatori, studiano atti processuali, diventano esperti di terrorismo e imparano a districarsi fra leggi e regolamenti.
Il protagonismo li fa diventare personaggi pubblici
Nessuno è preparato a vivere questa sovraesposizione e nessuno immagina che per molti il compito del familiare della vittima sia vivere in modo silenzioso il proprio dolore. Perché è una persona che piace tanto più tace. Le si permette il dolore, una generica richiesta di verità e giustizia. Per molti non è concepibile che partendo da un fatto privato la protesta sfoci in una richiesta che va oltre il dolore del singolo e diventa domanda collettiva di giustizia.
È difficile essere familiare delle vittime
Il familiare della vittima che non accetta la sua parte deve mettere in conto che non appena lascerà il suo ruolo silenzioso molta della solidarietà raccolta se ne andrà. C’è chi li accusa di voler fare politica, di cercare tornaconto personale. Non ci sono ideali da difendere, non c’è la memoria da onorare. Ma avidità, sete di notorietà, potere, guadagno.
Non c’è spazio per il perdono?
Il perdono è un processo individuale da affrontare caso per caso e, se arriva, lo fa dopo che sono state accertate le responsabilità.. Come fai a perdonare se non hai avuto giustizia? Tutti hanno ripetuto di non essere in cerca di vendetta, ma di voler dare un senso al loro dolore nella ricerca dei responsabili.
In apertura del libro citate una frase di Sciascia: “Il nostro è un Paese senza memoria e verità, e per questo cerco di non dimenticare”.
Il libro vuole essere un piccolo strumento di memoria. In un momento in cui qualcuno cerca di raccontare il passato in modo diverso e falso, vogliamo rendere omaggio al lavoro di persone che hanno dato senso pieno alla parola cittadinanza. Ma non solo non vogliamo dimenticare, Vogliamo anche far conoscere. Noi, ragazzi degli anni Sessanta, le storie che raccontiamo le ricordiamo. Ma sono tanti i giovani di oggi che non ne hanno mai sentito parlare. Ci piacerebbe che Verità nascoste li aiutasse a conoscerle.
Giovedì 6 giugno alle 18 alla Accademia Filarmonica (Palazzo Treville, via Mameli) a Casale presentazione di “Verità nascoste da Piazza Fontana al Moby Prince: la giustizia negata e i famigliari delle vittime”. Gli autori, i giornalisti Luigi Ferro e Monica Triglia, dialogano con Alberto Angelino.
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